Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27197 del 06/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27197 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
ALFANO FRANCESCO N. IL 01.01.1962
Nei confronti di :
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
Avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO in data 27 giugno 2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona della dott. ssa Immacolata Zeno che ha chiesto il rigetto del
ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

3.

Con l’impugnata ordinanza resa in data 27 giugno 2014 la Corte d’Appello di Palermo
ha respinto la richiesta di Alfano Francesco, volta ad ottenere un’equa riparazione
per l’ingiusta detenzione subita dal 25 novembre 2010 al 7 maggio 2013 in regime
di custodia cautelare in carcere, nell’ambito di un procedimento che lo vedeva
indagato per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e per quello di
estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 DL n. 152 del 1992, imputazioni da cui era
stato definitivamente assolto con sentenza della Corte d’Appello di Palermo divenuta
irrevocabile il 18 novembre 2013.
Avverso tale decisione ricorre l’Alfano lamentando erronea applicazione della legge
penale nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in
ordine alla ritenuta sussistenza della causa ostativa all’accoglimento dell’istanza di
riparazione.
Il Ministero, costituitosi, ha chiesto il rigetto del ricorso

Data Udienza: 06/03/2015

5.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nel senso tracciato dalle
Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 34559 del 15.10.2002, secondo la
quale “in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per
valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa
grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori
disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino
eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti,
fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è
incensurabile in sede di legittimità”.
E’ quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo
congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dalla istante ad
ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il
convincimento di un probabile coinvolgimento dell’odierno ricorrente nei fatti oggetto
della originaria imputazione.
Nella specie, non vi è dubbio che la Corte territoriale, con motivazione logica, ha
spiegato che le condotte ascritte sono state idonee a determinare l’applicazione della
misura cautelare.
In particolare, il giudice della riparazione ha valorizzato le circostanze relative
all’accertata frequentazione con Salvaggio Daniele, riconosciuto partecipe al sodalizio
criminoso operante a Partinico ed ai colloqui telefonici intercorsi con quest’ulltimo in
cui l’Alfano manifestava la volontà di rispettare il capo mafia Vitale Leonardo e di
essere a disposizione di quest’ultimo per quanto nelle sue possibilità.
Pertanto, correttamente il giudice di merito, senza effettuare alcuna illegittima
rivalutazione della sentenza penale di assoluzione (cfr. SS.UU. 13 dicembre 1995,
Sarnataro), ma rilevando solo la sussistenza di elementi che hanno dato causa
all’emissione della misura cautelare, e configuranti la colpa grave a norma del primo
comma dell’art. 314 c.p.p., ha escluso il diritto della istante alla riparazione, essendo
indubbiamente le circostanze succitate idonee a far ritenere – anche se limitatamente
all’emissione di una misura cautelare – il coinvolgimento dell’Alfano nella fattispecie
criminosa contestatagli.
Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione in favore del Ministero delle
Finanze delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi C 1.000,00

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla
rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi C
1.000,00.
Così deciso nella camera di consiglio del 6 marzo 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

4.

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