Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27194 del 12/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27194 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZAMPERLA ALBERTO N. IL 03/02/1951
avverso la sentenza n. 1830/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
21/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. jz.,(2..e. ,\Ac>al t.
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che ha concluso per ‘ve -V*e.,Szt

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensor Avv. \n1 A (.0b,c),-,0
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Data Udienza: 12/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La corte d’appello di Brescia, con sentenza in data 21 maggio 2014, riformando la sentenza
assolutoria del tribunale di Bergamo del 15 gennaio 2013, condannava Zamperla Alberto alla
pena di mesi 1 di reclusione, sostituita con quella di euro 3.000,00 di multa, ed al risarcimento
dei danni nei confronti della parte civile con una provvisionale di euro 15.000, per il reato di cui
all’articolo 590, commi 1, 2 e 3 cod. pen. perché per colpa, consistita in negligenza,

aveva cagionato al dipendente Bracchi Simone lesioni personali consistite in trauma cranico
con guarigione in 79 giorni. In particolare, lo Zamperla, in qualità di datore di lavoro del
Bracchi, non aveva messo a disposizione del lavoratore attrezzature idonee ai fini della salute e
della sicurezza, non aveva disposto che le operazioni di manutenzione della gru cui era addetto
il dipendente fossero effettuate in modo conforme alle istruzioni dettate dal fabbricante, non
aveva impartito una formazione adeguata al lavoratore e non aveva valutato i rischi per la
sicurezza e la salute durante l’attività di manutenzione che il lavoratore stava svolgendo al
momento dell’infortunio cosicché, mentre il Bracchi stava eseguendo una manovra di
allungamento del braccio della gru ed aveva tolto una spina di sicurezza ed una vite con
bullone dai due sfili manuali del peso di circa 150 kg, questi, essendo in posizione inclinata
verso il basso, fuoriuscivano dalla sede del braccio idraulico della gru e colpivano alla testa il
Bracchi. Il fatto era stato commesso in Capriate San Gervasio il 2 marzo 2009.
Il tribunale era pervenuto all’assoluzione dell’imputato in quanto l’accaduto era ascrivibile ad
un errore commesso dall’infortunato il quale, pur non avendo avuto formazione specifica, nel
corso della propria attività di manutentore, per come da lui dichiarato e per come confermato
dal teste Serafino Limonta, aveva effettuato la manovra più volte sotto la guida del compagno
di lavoro

l’evento era addebitabile esclusivamente alla condotta imprevista ed

imprevedibile della persona offesa che, nel corso dell’appoggio del braccio della gru, aveva
posto in essere una azione radicalmente ed ontologicamente lontana dalle ipotizzabili e
prevedibili scelte nell’esecuzione del lavoro, fuori da ogni possibilità di controllo da parte delle
persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.
La corte territoriale, decidendo sugli appelli proposti dal pubblico ministero e dalla parte civile,
perveniva alla condanna dell’imputato sulla base della documentazione acquisita e delle
deposizioni della parte offesa, del teste Limonta e dell’ufficiale di polizia giudiziaria Marassi.
Osservava la corte di merito che l’imputato, quale presidente del consiglio di amministrazione
della S.p.A. Leolandia, datore di lavoro dell’infortunato, era da ritenersi responsabile
dell’occorso benché avesse nominato un responsabile del servizio di prevenzione e protezione
aziendale, dato che questi aveva un ruolo di mero consulente e non già di assuntore in proprio
ed in via esclusiva degli obblighi di garanzia posti a tutela della sicurezza dei lavoratori. Inoltre
l’imputato non aveva compiuto alcuna valutazione specifica del rischio inerente l’operazione
posta in essere. Nello specifico, il teste Marassi aveva dichiarato che l’operazione posta in
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imprudenza, imperizia e violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro,

essere dal dipendente avrebbe dovuto avvenire in modo completamente diverso, ovvero non
già ponendo il braccio della gru in posizione verticale, come invece incontestabilmente fatto
dall’imputato, ma in posizione orizzontale, in modo da evitare fuoriuscite delle prolunghe
meccaniche che avrebbero potuto comportare pericolo di incidenti anche mortali per
l’operatore ed altre persone. Il Bracchi, poi, non era mai stato istruito sulla corretta esecuzione
della manovra di allungamento del braccio della gru né tramite documentazione né tramite
specifica formazione ma aveva solo seguito per imitazione ciò che veniva fatto da tempo dal

Leolandia s.p.a., posto che veniva usata dai dipendenti della stessa da più di un anno senza
che essi avessero ricevuto debita formazione, come risultava dalle testimonianze della parte
offesa e del suo collega di lavoro. Posto che non era contestata la modalità di accadimento
dell’infortunio, l’imputato era tenuto, nella specifica sulla qualità, a far operare i dipendenti in
condizioni di sicurezza, informandoli dei rischi specifici cui erano esposti e che avrebbero
dovuto essere specificatamente valutati nell’apposito documento prescritto per legge. Neppure
poteva considerarsi imprevedibile od eccezionale la condotta dell’infortunato poiché essa era
ripetitiva ed in tal guisa svolta da più di un anno; e la condotta non era abnorme perché
rientrava negli ordinari compiti dell’infortunato. Un tanto era chiaramente evincibile dalla
deposizione del teste Marassi, il quale aveva effettuato accertamenti immediatamente
successivi al sinistro ed aveva confermato il giudizio su tutta una serie di elementi che
provavano incontestabilmente che questo era avvenuto non per fatto esclusivo del Bracchi ma
per responsabilità omissiva dell’imputato.
2. Avverso la sentenza della corte d’appello proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del suo difensore, svolgendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduceva contraddittorietà della motivazione per travisamento delle
risultanze probatorie in ordine alla ricostruzione degli elementi del fatto, con particolare
riguardo alla condotta tenuta dal lavoratore ed all’attribuzione di responsabilità del datore di
lavoro. Invero il teste Marassi aveva semplicemente riferito che, nel momento in cui era giunto
sul posto ed aveva fotografato la gru, questa si trovava con il braccio in posizione verticale ma
ciò non provava che si trovasse in tale posizione anche al momento dell’accadimento del fatto,
dato che il teste Limonta aveva dichiarato che la causa dell’occorso era consistita nel fatto che
il gancio non era posizionato in maniera corretta e ciò non aveva permesso al braccio di
posarsi a terra. Si trattava di una manovra effettuata imprevedibilmente e per colpa del
dipendente che già altre volte, peraltro, aveva compiuto la manovra stessa in modo corretto.
Quindi, quand’anche il lavoratore avesse avuto conoscenza delle istruzioni da seguire per
evitare l’infortunio, l’incidente sarebbe accaduto ugualmente perché egli aveva compiuto un
errore nell’esecuzione di una manovra che ben conosceva in quanto lavorava da anni come
manutentore ed aveva eseguito la manovra come spiegategli dal Limonta.
2.2. Con il secondo motivo deduceva contraddittorietà della motivazione per travisamento delle
risultanze probatorie quanto al mancato rispetto della contestata normativa antinfortunistica
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collega Limonta. Inoltre non rilevava il fatto che la macchina non fosse di proprietà della

da parte dell’imputato. Invero la procedura eseguita dal Bracchi in occasione dell’infortunio era
stata corretta ed il documento di valutazione del rischio, che era stato adottato solo dopo il
verificarsi dell’infortunio, aveva recepito una procedura che era identica a quella seguita dallo
stesso Bracchi il giorno dell’infortunio sicché, quand’anche l’imputato avesse tempestivamente
valutato il rischio connesso alla manovra ed avesse inserito nel documento di valutazione dei
rischi la procedura specifica per evitare il rischio concreto, tale precauzione antinfortunistica
sarebbe stata inidonea ad evitare l’evento poiché non era stata la procedura sbagliata a

rientrava tra i beni concessi alla Leolandia S.p.A. per la gestione del parco divertimenti e,
dunque, non avrebbe potuto essere redatto alcun documento di valutazione dei rischi con
riguardo ad un bene che non faceva parte dell’azienda bensì apparteneva ad altra società
concedente e proprietaria del parco ove erano in corso di esecuzione i lavori. Ed anche a voler
ritenere che comunque i lavoratori utilizzavano mezzi che non appartenevano all’azienda,
sarebbe stato obbligo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione segnalare al
datore di lavoro l’esistenza di tale situazione di utilizzo della gru essendo tenuto ad individuare
i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, informare il datore di lavoro di tali rischi ed
elaborare le adeguate procedure di sicurezza. Ne derivava che la responsabilità esclusiva
dell’occorso andava individuata in capo al responsabile ridetto, unico che poteva essere a
conoscenza del fatto che veniva utilizzata la gru di altra società da parte dei dipendenti di
Leolandia S.p.A..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.In ordine al primo motivo di ricorso, osserva la corte che il giudice della legittimità deve
limitarsi a verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso
per giustificare il suo convincimento e la mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni
processuali può essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il travisamento della
prova, consistente nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della
valutazione di una prova purché il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della
decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica.
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Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.
intenda far valere il vizio di travisamento della prova deve, a pena di inammissibilità (Cass.
pen., Sez. I, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n. 234115; Sez. VI, sentenza
n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n. 249035): (a) identificare specificamente l’atto
processuale sul quale fonda la doglianza; (b) individuare l’elemento fattuale o il dato
probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza impugnata; (c) dare la prova della verità dell’elemento
fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale su
cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del
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causare l’evento ma il posizionamento sbagliato del gancio della gru. Inoltre la gru non

dibattimento; (d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione,
introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del
provvedimento impugnato.
Il ricorrente ha indicato, quale dato probatorio che la corte d’appello avrebbe travisato, la
dichiarazione del teste Limonta, secondo cui la causa dell’occorso era consistita solamente nel
fatto che il gancio non era posizionato in maniera corretta e ciò non aveva permesso al braccio

che non era la manovra di allungamento del braccio della gru in se ad essere stata eseguita in
maniera scorretta ma solamente il fatto che il gancio cui era fissato il braccio era stato
appoggiato in verticale in modo che, sfilando la spina, il braccio aveva perso forza e si era
sfilato anche dall’altro pezzo, che era caduto addosso al Bracchi.
Ora, il dedotto motivo di ricorso, seppur ammissibile perché individua l’atto su cui si fonda e
consente di apprezzare la veridicità dell’elemento fattuale, è infondato in quanto non inficia la
logicità e la coerenza della motivazione. Invero il fatto che il sinistro si sia verificato perché,
come sostenuto dal ricorrente, il gancio della gru non era stato posizionato in modo corretto e
non già in quanto il braccio della gru era stato posto in pozione verticale e non orizzontale non
appare decisivo al fine di scardinare il procedimento logico seguito dalla corte territoriale, la
quale ha individuato la causa dell’occorso nella omessa formazione specifica del lavoratore in
ordine alla manovra di allungamento dell’estensione del braccio della gru. Quanto
all’asserzione secondo cui, quand’anche il lavoratore avesse avuto conoscenza delle istruzioni
da seguire per evitare l’infortunio, l’incidente sarebbe accaduto ugualmente, si tratta di un
giudizio predittivo che non appare connotato da elevata probabilità logica, tenuto conto che
una adeguata formazione avrebbe, questa si con elevata probabilità logica, consentito al
lavoratore di posizionare correttamente il gancio della gru prima di effettuare la manovra di
allungamento. Né vale ad escludere la responsabilità dell’imputato il fatto che il Bracchi avesse
eseguito altre volte la manovra con la supervisione del Limonta, posto che non vi è prova che
gli fossero state impartite istruzioni complete ed il fatto che il sinistro non si fosse verificato
prima può essere dipeso dalla mera casualità.
Per mera completezza va rilevato come non si imponga nel caso di specie, qualora se ne
ammetta il rilievo officioso, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, ai fini della
rinnovazione dell’escussione dei testi, per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei
diritti dell’uomo, così come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia, dato che l’affermazione di responsabilità, effettuata
dalla corte d’appello in riforma della sentenza assolutoria del tribunale, non è dipesa da una
diversa valutazione di attendibilità di prove orali ritenute decisive ma dal dedotto travisamento
della prova dipeso dalla interpretazione di deposizioni testimoniali, quelle del Limonta e del
Marassi, ritenute entrambe credibili.

di posarsi a terra; dunque, sconfessando quando dichiarato dal Marassi, il teste aveva riferito

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato per le medesime ragioni esposte con riguardo al
primo motivo, essendosi considerato come il giudizio controfattuale svolto dalla corte
territoriale sia basato su un alto grado di probabilità logica.
Privo di pregio, poi, è l’assunto secondo cui, poiché la gru non rientrava tra i beni formalmente
facenti parte dell’azienda della Leolandia S.p.A. di cui lo Zamperla era legale rappresentante,
questi non avrebbe avuto l’obbligo di inserirlo tra quelli oggetto del documento di valutazione
dei rischi in quanto l’utilizzazione della gru, che era di proprietà di altra società, avveniva da

dal titolo che ne legittimava l’utilizzo da parte di Leolandia s.p.a..
E proprio l’uso prolungato nel tempo vale ad escludere che il datore di lavoro non fosse a
conoscenza dell’utilizzazione della gru.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 giugno 2015.

tempo, come riferito dai testi, sicché essa faceva parte dei beni aziendali indipendentemente

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