Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27190 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27190 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE FILIPPIS ANTONIETTA N. IL 14/03/1978
avverso la sentenza n. 168/2013 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 06/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. a&OZAJ\-, Cse,c&.240 ■AloeP
che ha concluso per .C.,‘
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Data Udienza: 11/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli, con sentenza del 1 aprile 2013,
dichiarava De Filippis Antonietta colpevole del reato di cui agli articoli 624 e 625 n. 2 cod. pen.
per essersi impossessata di energia elettrica sottraendola al Comune di Termoli mediante
abusivo allacciamento alla rete elettrica in servizio alla galleria civica del comune; del reato di
cui agli articoli 633 e 639 bis cod. pen. per aver, senza autorizzazione, occupato una porzione

reato di cui all’articolo 44 d.p.r. 380/01 per aver realizzato, in assenza di permesso di
costruire, il suddetto nuovo intervento edilizio. I fatti erano stati commessi in Termoli fino al 7
agosto 2009. Il tribunale condannava l’imputata alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 133
di multa, disponeva la confisca e la distruzione del manufatto in sequestro e concedeva la
sospensione condizionale della pena. La corte d’appello di Campobasso, con sentenza del
6.3.2014, decidendo sull’appello proposto dall’imputata, riqualificava il reato di furto aggravato
in tentato furto aggravato, assolveva l’imputata dal reato di cui all’articolo 44 d.p.r. 380/01,
rideterminava la pena in mesi tre di reclusione ed euro 50,00 di multa, revocava il
provvedimento di confisca e distruzione di quanto in sequestro e confermava nel resto la
sentenza impugnata.
2. Avverso la sentenza della corte d’appello proponeva ricorso per cassazione De Filippis
Antonietta svolgendo quattro motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva vizio di motivazione nella parte in cui la corte d’appello
aveva ritenuto sussistessero gli elementi del reato di furto tentato benché non vi fosse prova
che il cavo allacciato al contatore della galleria fosse idoneo ad alimentare la roulotte.
2.2. Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione per non aver la corte d’appello
adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625
numero 2 cod. pen., non avendo specificato quali manomissioni dell’impianto elettrico avesse
effettuato l’imputata per l’allaccio dei cavi all’impianto della vicina galleria civica comunale.
2.3. Con il terzo motivo deduceva vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in
cui erano stati ritenuti sussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di cui agli articoli
633 e 639 bis cod. pen., posto che non era stato esplicitato se l’occupazione del suolo pubblico
a mezzo della roulotte fosse avvenuta per un tempo apprezzabile sicché, mancando la prova
della durata dell’occupazione, il reato era da ritenere insussistente. Inoltre non vi era stato un
apprezzabile depauperamento della facoltà di godimento della pubblica piazza in quanto
l’attività commerciale esercitata nella roulotte occupava un piccolo spazio della piazza posto
dietro la galleria civica e non impediva alle persone il transito o l’utilizzo della piazza stessa.
2.4. Con il quarto motivo si doleva del fatto che la corte d’appello, in violazione del divieto
della reformatio in peius, aveva assunto in motivazione che l’esistenza di precedenti penali a
carico dell’imputata ostava al beneficio della sospensione condizionale della pena e,

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di suolo pubblico posizionandovi una roulotte, quattro calciobalilla ed un gioco per bambini; del

contraddittoriamente, in sentenza aveva confermato nel resto la sentenza impugnata, con ciò
confermando anche il capo relativo alla sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.0sserva la corte che il ricorso è inammissibile.
Invero i primi tre motivi attengono ad una diversa valutazione del fatto ed introducono

di motivazione in relazione ai punti indicati, avendo i giudici di merito dato atto degli elementi
fattuali, consistiti nell’allacciamento elettrico e nell’occupazione del suolo pubblico, a sostegno
dei reati ascritti.
2. Il quarto motivo è manifestamente infondato giacché il dispositivo della sentenza d’appello,
che prevale sulla motivazione secondo il criterio generale, laddove si conferma nel resto la
sentenza impugnata, si riferisce alla conferma del capo della sentenza con cui era stata
concessa la sospensione condizionale della pena mentre il richiamo in motivazione alla norma
di cui all’art. 163 cod. pen., oltre a non produrre effetto in quanto non conforme al dispositivo,
appare essere frutto di un mero refuso.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13
giugno 2000, n. 186), consegue la condanna della ricorrente medesima al pagamento delle
spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore
della cassa delle ammende.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 11.6.2015.

questioni dì merito improponibili nel giudizio di legittimità. E non è ravvisabile il dedotto vizio

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