Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27189 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27189 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
5 VERie
GALLERIA4M=RD N. IL 27/09/1967
avverso la sentenza n. 2967/2006 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
18/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
chirtruenzincepen
Massimo Galli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Francesca Bargelloni, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

tUriDwiltEdlne J31.9

Data Udienza: 09/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 18/09/2014, ha

parzialmente riformato la pronuncia emessa il 14/11/2005 dal Giudice
dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Vicenza, assolvendo Galleria
Saverio dai reati di detenzione e trasporto illeciti di ingenti quantitativi di
cocaina, commessi tra l’agosto ed il dicembre 1998, e di minaccia aggravata
(capi 1 e 3) per insussistenza del fatto ed, esclusa la recidiva, rideterminando la

commesso 1’11 ed il 12 novembre 1999, in anni due e mesi otto di reclusione ed
euro 12.000,00 di multa.

2. Secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, l’imputato era stato
sorpreso in possesso di gr.114 di cocaina con principio attivo pari a gr.57,35 e
nell’atto di appello, non contestando la materialità della condotta, aveva chiesto
che fosse riconosciuta la lieve entità del fatto e che fosse irrogata una pena
adeguata alla sua incensuratezza.

3. Saverio Galleria propone ricorso per cassazione censurando la sentenza
impugnata per erronea applicazione della legge penale nonché insufficienza ed
illogicità della motivazione in relazione all’individuazione degli elementi costitutivi
del reato ascrittogli, non essendo sufficiente il dato quantitativo del superamento
del limite indicato con decreto ministeriale per ritenere dimostrato lo spaccio di
droga. Il ricorrente deduce che la circostanza attenuante del fatto di lieve entità
non possa essere esclusa sulla base del mero presupposto che l’imputato abbia
posto in essere una pluralità di condotte reiterate nel tempo, prescindendo da
tutti i parametri indicati dalla norma. La Corte di Appello, si assume, avrebbe
violato le disposizioni in tema di onere della prova, senza offrire adeguata
motivazione circa l’effettiva sussistenza del reato ed in merito alle ragioni per le
quali non dovesse ritenersi la destinazione della sostanza ad uso personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2.

Secondo quanto, anche recentemente, affermato dalla Corte di

Cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606, comma 3,
e 609, comma 2, cod. proc. pen., secondo la quale non possono essere dedotte .
in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti

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pena per il reato di cui agli artt.110 cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309,

di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che
non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, trova il suo fondamento
nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di
motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del
ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello, in quanto non devoluto
con l’impugnazione (Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 2013, Bonaffini,
Rv.256631).
2.1. Dalla lettura di tali disposizioni in combinato disposto con l’art.609,

motivi di ricorso consentiti, si evince l’inammissibilità delle censure che non siano
state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia
sarà inevitabilmente carente con riguardo a tali censure (Sez. 5, n.28514 del
23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577; Sez.2, n.40240 del 22/11/2006,
Roccetti, Rv.235504; Sez.1, n.2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi,
Rv.196414).
2.2. Esclusa, per tale ragione, l’ammissibilità di quelle doglianze che
attengono all’elemento materiale del reato in quanto proposte per la prima volta
in sede di legittimità, giova in ogni caso ricordare, quanto all’individuazione
dell’oggetto della prova in materia di detenzione cosiddetta a fini di spaccio, che
esistono sul punto relativo al quantitativo minimo decisioni contrastanti della
Corte di Cassazione che, a partire dalla decisione delle Sezioni Unite n.9973 del
1998 (in forza della quale la circostanza che il principio attivo contenuto nella
singola sostanza oggetto di spaccio possa non superare la cosiddetta soglia
drogante, in mancanza di ogni riferimento parametrico previsto per legge o per
decreto, non ha rilevanza ai fini della punibilità del fatto, Sez. U n.9973 del
21/11/1998, Kremi, Rv.211073), ha visto svilupparsi due orientamenti, il primo
delle quali si pone nel solco della sentenza delle Sezioni Unite (Sez. 5, n.3354 del
26/10/2010, dep. 2011, Andolina, Rv. 249748; Sez. 4, n.32317 del 03/07/2009,
Di Settimio, Rv. 245201; Sez. 5, n.5130 del 4/11/2010, Moltoni, Rv. 249702),
mentre il secondo sostiene che il reato di cui all’art.73 T.U. stup. può dirsi
integrato solo qualora venga dimostrato, con assoluta certezza, che il principio
attivo contenuto nella dose destinata allo spaccio o comunque ceduta è di entità
tale da poter produrre un concreto effetto drogante ovvero la modificazione
dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore (Sez. 6, n.16154 del 02/02/2011,
Montrone, Rv.249880; Sez. 4, n.21814 del 12/05/2010, Renna, Rv. 247478 ;
Sez. 4, n.6207 del 19/11/2008, Stefanelli).
2.3. Tale seconda interpretazione risulta, peraltro, in linea con la successiva
pronuncia delle Sezioni Unite (Sez. U, n.28605 del 24/04/2008, Di Salvia,
Rv. 239921) che, in materia di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali

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comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione della Corte di legittimità ai

sono estraibili sostanze stupefacenti, ha stabilito che il giudice deve comunque
verificare in concreto l’offensività della condotta, cioè l’idoneità della sostanza
ricavata a produrre un effetto drogante, sul presupposto per cui il principio di
offensività, nell’applicazione giurisprudenziale, rappresenta un criterio
interpretativo-applicativo affidato al giudice, che è tenuto a verificare in concreto
se il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l’interesse
tutelato. Con la precisazione, tuttavia, che la pronuncia delle Sezioni Unite del
1998 non trascurava tale profilo, ma perveniva alle conclusioni sopra indicate sul

salute pubblica, della sicurezza e dell’ordine pubblico nonchè della salvaguardia
della giovani generazioni).
2.4. Sempre in materia di stupefacenti, ai fini che qui interessano, una
recente pronuncia delle Sezioni Unite (Sez. U n.36258 del 24/05/2012, Biondi,
Rv.253150), risolvendo un contrasto giurisprudenziale in relazione ai presupposti
da accertare per ritenere sussistente l’aggravante di cui all’art.80 T.U. Stup., ha
sottolineato come la gravità del fatto, desunta dalla elevata quantità della
sostanza stupefacente, sia ancorata in tal caso al solo dato quantitativo mentre,
nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art.73, comma 5, T.U. Stup., il giudice sia
tenuto a prendere in esame, oltre alla quantità dello stupefacente trattato, altri
parametri quali i mezzi adoperati, le modalità della condotta, le circostanze che
l’hanno accompagnata, la qualità dello stupefacente, evidenziando come nel
sistema previsto dal Testo Unico in materia di stupefacenti le sostanze siano
iscritte in tabelle che indicano tra l’altro limiti , cioè limiti quantitativi
oltre i quali le condotte descritte nell’art. 73, comma

1-bis, T.U. Stup. sono

considerate di regola penalmente rilevanti e costituiscono . La pronuncia delle Sezioni Unite ha, quindi,
evidenziato come l’introduzione del sistema tabellare abbia dato primario risalto
proprio al dato quantitativo della sostanza con effetto drogante, che diventa
determinante sia per stabilire la soglia al di sotto della quale si presume l’uso
personale, sia per la individuazione dell’ipotesi lieve di cui all’art.73, comma 5,
sia per la configurabilità dell’ipotesi aggravata; dato quantitativo che è
comunque stato interpretato con riferimento al principio attivo e dunque alle dosi
utilmente realizzabili (Sez.6 n.48434 del 20/11/2008, Puleo, Rv.242139).
2.5. Sul presupposto del risalto attribuito dal sistema tabellare al dato
quantitativo della sostanza con effetto drogante, tale dato deve essere correlato
al bene giuridico che il legislatore ha inteso tutelare in materia di stupefacenti,
concretato dalla lesione o dalla messa in pericolo del bene della salute, senza
tuttavia escludere che analoga correlazione debba farsi con riguardo agli altri

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presupposto che il reato di spaccio si connotasse come reato plurioffensivo (della

beni della sicurezza, dell’ordine pubblico e della salvaguardia delle giovani
generazioni. In tale prospettiva, se ne può desumere il principio per cui, solo ove
sia accertato che la condotta concreta sottoposta a giudizio sia assolutamente
inidonea a porre in pericolo il bene giuridico tutelato perché correlata ad un
quantitativo di principio attivo di sostanza stupefacente privo di effetto drogante
o comunque di effetti sull’assetto neuropsichico dell’assuntore, ovvero non vi sia
la prova che tale condotta si sia estrinsecata con riferimento ad una sostanza
stupefacente in quantità tale da produrre simili effetti, la condotta stessa non

incriminatrice, in quanto priva dell’indispensabile connotazione di offensività.
2.6. In presenza di quantitativi superiori ai limiti massimi indicati con
decreto del Ministro della salute, è peraltro lo stesso testo normativo che
impone di attribuire rilievo al dato ponderale al fine di accertare se la detenzione
sia finalizzata allo spaccio, ancorchè l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza
di legittimità della norma in esame imponga al giudice di valutare globalmente
sulla base di ulteriori parametri normativi tra loro non autonomi se, insieme al
dato quantitativo, che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del
numero delle dosi ricavabili, le modalità di presentazione e le altre circostanze
dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della
detenzione (Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, Salaman, Rv. 260991; Sez. 6, n.
39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256611; Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009,
Delugan, Rv. 242923; Sez.6, n. 40575 del 01/10/2008, Marsili, Rv. 241522).

3. Esaminando la sentenza impugnata alla luce dei principi sopra richiamati,
il Collegio ritiene che si tratti di pronuncia esente da vizi. La censura mossa dal
ricorrente parte dal presupposto che la Corte territoriale abbia negato il giudizio
di lieve entità del fatto sul mero presupposto che l’imputato avrebbe posto in
essere una pluralità di condotte di cessione di droga reiterate nel tempo, ma si
tratta di deduzione che contrasta frontalmente con il testo del provvedimento
impugnato. La Corte di Appello ha, infatti, posto in evidenza che l’imputato era
stato sorpreso in flagranza di reato e che la difesa non aveva contestato il fatto
materiale, negando la sussunzione del fatto nell’ipotesi di cui all’art.73, comma
5, T.U. Stup. in considerazione del notevole quantitativo di dosi ricavabili dalla
sostanza stupefacente detenuta dall’imputato e del consistente valore economico
della cocaina detenuta, da commisurare nell’ordine di , in ragione della buona qualità della droga (principio attivo del 50% circa).
3.1. A ciò si aggiunga, in via di principio, che il giudizio di lieve entità della
condotta di spaccio può essere ancorato ad ulteriori parametri, quali i mezzi
adoperati, le modalità della condotta, le circostanze che l’hanno accompagnata,

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potrà essere ricondotta all’ipotesi astrattamente prevista dalla norma

la qualità dello stupefacente, a condizione che non assuma rilievo centrale il dato
quantitativo, qualora di per sé indicativo della particolare idoneità offensiva del
fatto. Nel caso in cui sia superato anche uno solo dei parametri dettati dalla
norma, ossia mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle
sostanze, la lieve entità del fatto può, comunque, essere esclusa (Sez.U,
n.35737 del 24/06/2010, Rico, Rv.247911).
3.2. Non può, in ogni caso, ignorarsi il testo normativo, laddove congiunge
la valutazione della quantità della sostanza a quella della sua qualità, dovendosi

secondo il quale anche lo scostamento da uno solo dei vari parametri comporta
l’esclusione dell’ipotesi del piccolo spaccio. Si è, infatti, più volte affermato come
una quantità considerevole di sostanza stupefacente si debba considerare
sintomo sicuro di una notevole offensività del fatto per la potenzialità diffusiva
della condotta di spaccio (Sez.1, n.4875 del 19/12/2012, dep. 2013, Abate,
Rv.254194; Sez.4, n.22643 del 21/05/2008, Frazzitta, Rv.240854; Sez.6,
n.39931 del 16/10/2008, Zagnoli, Rv.242247), non potendosi far rientrare
nell’ipotesi lieve una detenzione di droga in quantità superiore ad una soglia
ragionevole, anche nel caso in cui non si evidenzino particolari mezzi e modalità
dell’azione, in quanto altro è ammettere la compatibilità tra piccolo spaccio e una
provvista finalizzata ad una piccola attività di vendita di droga al dettaglio, altro
è affermare che la disponibilità di un quantitativo di dosi nell’ordine delle
centinaia possa rappresentare la provvista del piccolo spacciatore.
3.3. Così, ad esempio, è stata esclusa la lieve entità nell’ipotesi, analoga al
caso in esame, di illecita detenzione di circa 100 grammi di cocaina con principio
attivo pari ad oltre il 47% ovvero nell’ipotesi di detenzione di 50 grammi di
cocaina, ritenendosi che il dato ponderale e qualitativo della sostanza superasse
una soglia ragionevole di valore economico o costituisse, comunque, indice di
accumulo della sostanza (Sez.4, n.31663 del 27/05/2010, Ahmetaj, Rv.248112;
Sez.6, n.39931 del 16/10/2008, Zagnoli, Rv.242247), mentre nell’ipotesi di
detenzione di 90 grammi di hashish con principio attivo pari a gr.4,3 si è ritenuto
che un dato ponderale non rilevante dovesse accompagnarsi, per escludere la
lieve entità del fatto, all’esame dei parametri sussidiari previsti dalla norma,
relativi ai mezzi, alle modalità ed alle circostanze dell’azione (Sez.6, n.21962 del
2/04/2003, Armenti, Rv.225414).
3.4. Risulta, pertanto, consolidato nella giurisprudenza della Corte il
principio da tempo affermato secondo il quale, pur prevedendo l’art. 73, comma
5, TU Stup. una valutazione complessiva del fatto contestato sulla base di una
serie di parametri di riferimento, il dato ponderale acquisisca rilievo assorbente
nell’ipotesi in cui sia di valore considerevole, in quanto costituisce di per sé

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leggere in tale ottica il principio più volte affermato dalla Corte di legittimità,

sintomo di notevole potenzialità diffusiva dell’attività di spaccio (Sez.U, n.17 del
21/06/2000, Primavera, Rv.216668; Sez.4, n.34331 del 03/06/2009, Garau,
Rv. 245199; Sez.6, n.6394 del 5/01/1999, Zema, Rv.213455).
3.5. I criteri interpretativi sopra esposti conducono, dunque, a ritenere
infondata la censura mossa dal ricorrente. Non avendo inteso il legislatore, come
detto, individuare con l’art. 73, comma 5, T.U. Stup. un fatto caratterizzato da
specifici e rigidi parametri quantitativi, la natura assorbente del dato ponderale
costituisce, in ogni caso, valutazione di fatto riservata al giudice di merito,

4. In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 9/06/2015

insindacabile in sede di legittimità ove non sia evidentemente illogica.

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