Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27174 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27174 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLEGRA ALEX N. IL 21/11/1989
avverso la sentenza n. 209/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 22/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FA 12_9p /4.; LI221;
che ha concluso per

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Data Udienza: 26/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Allegra Alex ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Caltanissetta in data 22.05.2014, con la quale, in parziale
riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Caltanissetta in data
11.10.2012, in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), cod. strada
(capo A), ed all’ulteriore contravvenzione ex art. 116, comma 13, cod. strada (capo
B), è stato concesso il beneficio della non menzione, con conferma nel resto.

alla affermazione di responsabilità penale, rispetto all’art. 186, cod. strada.
L’esponente reitera la doglianza relativa alla prova dello stato di ebbrezza. La parte
si sofferma sulle modalità del fatto e considera che non vi è prova che lo strumento
utilizzato per il testo fosse regolarmente omologato.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole del trattamento sanzionatorio e
della mancata sostituzione della pena detentiva ex art. 53, legge n. 68)71981.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è destituito di fondamento.
2.

Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, deve osservarsi che le

doglianze si pongono ai limiti della inammissibilità, in quanto concernenti la
ricostruzione e la valutazione del fatto, come pure l’apprezzamento del materiale
probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di
merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
incongruenze di ordine logico. Come è noto la giurisprudenza della Suprema Corte
di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che “l’illogicità della
motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è
quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte
circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per
espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle
acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite
Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che
“esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero,
in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass.
2

La parte, con il primo motivo, deduce il vizio motivazionale, in riferimento

23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data
8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la Corte di Appello si è
espressamente soffermata sulla questione relativa all’esame strumentale
effettuato, chiarendo che gli esiti del test, pari a 1,35 g/I e 1,38 g/I, erano
pienamente attendibili; e che in tali termini risultava pure riscontata la
dichiarazione resa dal verbalizzante, sulla sintomatologia presentata dal prevenuto
al momento del controllo.

tempo chiarito che, in tema di guida in stato di ebbrezza, il cosiddetto alcoltest,
eseguito con le procedure e gli strumenti di cui all’art. 186 del codice della strada e
all’art. 379 del relativo regolamento – come nel caso di specie – costituisce prova
della sussistenza dello stato di ebbrezza e che è onere dell’imputato fornire
eventualmente la prova contraria a tale accertamento, dimostrando vizi od errori di
strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’espirazione, non essendo
sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata
omologazione dell’apparecchio (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del
24/03/2011, dep. 05/05/2011, Rv. 250324). E si è pure affermato che in tema di
guida in stato di ebbrezza, allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere
della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale,
ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una
errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non potendo la parte limitarsi a
richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro
(Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
3. Il secondo motivo di ricorso non ha pregio.
Si osserva che la sentenza impugnata risulta immune dalle dedotte censure,
anche in riferimento al trattamento sanzionatorio. La Corte territoriale, infatti,
soddisfacendo lo specifico obbligo motivazionale, ha osservato che non poteva darsi
luogo alla sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria della specie
corrispondente, richiamando le ragioni già espresse dal primo giudice, sul punto di
interesse, afferenti alle specifiche modalità della condotta. Del resto, la
giurisprudenza di legittimità risulta consolidata nel rilevare che, qualora le
argomentazioni del giudici di primo e secondo grado concordano nell’analisi e
nell’apprezzamento degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive
decisioni, le stesse motivazioni si saldano in un unico complessivo corpo
motivazionale, al quale è dato fare riferimento (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n.
44418 del 16/07/2013, dep. 04/11/2013, Rv. 257595). Non di meno, la Corte
distrettuale ha ritenuto sussistenti le condizioni per concedere il beneficio della non
menzione della condanna, ex art. 175 cod. pen.

E’ poi appena il caso di osservare che la giurisprudenza di legittimità ha da

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 26 maggio 2015
Il Presidente

Il Consigliere est.

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