Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27173 del 26/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 27173 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARDELLA ELIO N. M 14/08/1965
avverso la sentenza n. 2232/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
23/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
01 0 k
che ha concluso per

6’1 Vit

k W/01

e

i-L

i

Udito, per la parte civile, l’Avv Co
C ‘1,Z. LOIÌ$,A

Udii i dif sor Avv.

ez.

kap__

O 44-14.P. fit.(-Le_ .e-c( ru\i, c.;

a

6LL

k

D

Data Udienza: 26/05/2015

Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 23.01.2014, ha confermato
la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Lucera, sezione distaccata di Rodi
Garganico, in data 2.02.2012, nei confronti di Nardella Elio, in riferimento al reato
di cui all’art. 589, cod. pen.
Al Nardella si contesta, nella sua qualità di dirigente dell’azienda agricola San
Michele, di avere cagionato la morte del dipendente Douiou Rachid, per aver

sicurezza. Ciò in quanto il dipendente, utilizzando un trattore, con annesso
avvolgitore meccanico, per liberare il terreno da tubicini in gomma utilizzati per
l’irrigazione, si avvicinava agli elementi mobili, privi di idonea protezione, e
rimaneva incastrato, con il proprio abbigliamento nel punto di attacco del giunto
cardanico. Nell’occorso, il lavoratore veniva lacerato in più parti del corpo, tanto da
perdere la vita in breve tempo, sul posto di lavoro.
La Corte territoriale, dopo aver integralmente riportato la motivazione posta
a fondamento della sentenza di condanna resa dal primo giudice, nel censire le
specifiche ragioni di doglianza dedotte dalla parte appellante, ha in primo luogo
rilevato che doveva essere respinta la richiesta di rinnovo della istruttoria
dibattimentale, volta alla escussione del teste Di Sipio. Medesime considerazioni il
Collegio ha espresso rispetto agli ulteriori incombenti istruttori, richiesti dalla difesa,
ritenuti privi di rilevanza.
Ciò posto, la Corte di Appello considerava che non poteva trovare
accoglimento la richiesta di assoluzione, in quanto il comportamento della parte
offesa non poteva qualificarsi come imprevedibile. Osservava, inoltre, che Nardella,
responsabile della attività produttiva agricola e titolare di poteri di spesa, doveva
essere considerato quale datore di lavoro, del dipendente deceduto. Il Collegio
evidenziava infine che il trattamento sanzionatorio non era ulteriormente mitigabile.
2. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo l’esponente deduce il vizio motivazionale, in riferimento
al rigetto della richiesta di rinnovo della istruttoria dibattimentale.
La parte ripropone gli argomenti posti a fondamento della richiesta,
richiamando stralci della deposizione resa in dibattimento dal teste Di Sipio;
confuta la motivazione espressa dalla Corte di Appello, sul punto, osservando che il
richiamato teste avrebbe dovuto deporre sulle modalità di custodia del mezzo
utilizzato dal lavoratore, secondo le direttive aziendali; e rileva che l’indagine
istruttoria, nel caso di specie, risulta incompleta ed inadeguata.
Con il secondo motivo viene denunciato il travisamento della prova.

2

omesso di mettere a disposizione del lavoratore attrezzature idonee ai fini della

L’esponente considera che il dipendente non avrebbe dovuto utilizzare il
trattore di cui si tratta; richiama, poi, le dichiarazioni rese dal teste Pizzarelli,
collega del Douiou, laddove il dichiarante ha riferito circa le modalità di utilizzo
dell’avvolgi tubo collegato al giunto cardanico del trattore; e cita arresti
giurisprudenziali in tema di comportamento abnorme del lavoratore.
Con il terzo motivo viene denunciata la violazione di legge in riferimento
all’art. 589 cod. pen. ed all’art. 2, d.lgs. n. 626/1994 ed il vizio motivazionale.

laddove il Nardella viene indicato come datore di lavoro della parte offesa. Rileva
che Nardella non aveva in realtà poteri di spesa; e sottolinea che altri riveste la
carica di presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda agricola San
Michele.
Con il quarto motivo viene denunciata la violazione dell’art. 63 cod. proc.
pen. L’esponente considera che il documento richiamato dalla Corte di Appello, ove
viene indicato il Nardella come Direttore di Produzione Campagna, era stato
acquisito all’esito delle sommarie informazioni rese dal Nardella, in corso di
indagini; e considera che, una volta che Nardella aveva assunto la veste di
indagato, tale scritto doveva ritenersi inutilizzabile.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 133 cod.
pen. e la mancanza di motivazione, in riferimento alla entità della pena, tenuto
conto dello stato di incensuratezza dell’imputato e della incerta dinamica del
sinistro.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è destituito di fondamento.
2. Le doglianze affidate al primo motivo non hanno pregio.
Giova rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito: che il
vigente codice di rito penale pone una presunzione di completezza dell’istruttoria
dibattimentale svolta in primo grado; che la rinnovazione, anche parziale, del
dibattimento, in sede di appello, ha carattere eccezionale e può essere disposta
unicamente nel caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli
atti; e che solo la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente
motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla
acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 6379 del 17/03/1999, dep. 21/05/1999, Rv. 213403).
Nell’alveo dell’orientamento interpretativo ora richiamato, la Suprema Corte
ha poi affermato che l’esercizio del potere di rinnovazione istruttoria si sottrae, per
la sua natura discrezionale, allo scrutinio di legittimità, nei limiti in cui la decisione
del giudice di appello, tenuto ad offrire specifica giustificazione soltanto
dell’ammessa rinnovazione, presenti una struttura argomentativa che evidenzi – per
3

L’esponente contesta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata,

il caso di mancata rinnovazione – l’esistenza di fonti sufficienti per una compiuta e
logica valutazione in punto di responsabilità (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 40496
del 21/05/2009, dep. 19/10/2009, Rv. 245009).
Orbene, nel caso di specie, la Corte di Appello, nel rigettare l’istanza di
rinnovo della istruttoria dibattimentale, ha espressamente rilevato che la richiesta
di nuova escussione del teste Di Sipio non poteva trovare accoglimento, giacché il
dichiarante aveva assunto il ruolo di responsabile della prevenzione nell’azienda

osservato Di Sipio aveva comunque conoscenze generiche, rispetto alle modalità di
conservazione dei mezzi obsoleti, come il trattore utilizzato da Douiou, di talché non
avrebbe potuto offrire indicazioni certe, rispetto a quanto accaduto il giorno del
sinistro. Conclusivamente sul punto, la Corte di Appello ha pure sottolineato che
risultava accertato che il dipendente avesse utilizzato un trattore obsoleto e non
rispondente ai parametri di sicurezza; e che non era rilevante acquisire informazioni
sul luogo dove venivano custoditi i mezzi in disuso, in assenza di direttive aziendali
tese ad impedire l’utilizzo di strumenti non a norma.
Come si vede, la Corte di Appello di Bari ha giustificato il rigetto della
richiesta di rinnovo della istruttoria dibattimentale sviluppando plurime e specifiche
argomentazioni che, in applicazione dell’orientamento interpretativo sopra
richiamato, non risultano sindacabili in questa sede di legittimità.
3. Venendo ad esaminare il secondo motivo di ricorso, si osserva che
l’esponente invoca, in realtà, una inammissibile valutazione alternativa, in sede di
legittimità, rispetto all’apprezzamento effettuato dai giudici di merito, nell’escludere
che il comportamento del lavoratore deceduto potesse qualificarsi come
imprevedibile e quindi ritenersi tale da escludere il nesso causale, rispetto alla
condotta dell’odierno imputato.
Giova, allora, rilevare che secondo il consolidato orientamento della Suprema
Corte, invero, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve
risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie
proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al
controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di
legittimità “deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico
apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali” (in tal senso, “ex
plurimis”, Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato
altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai
poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti
4

agricola solo in epoca successiva ai fatti di causa. Oltre a ciò, la Corte territoriale ha

a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997,
dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la
modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio
2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può
esercitare sui vizi della motivazione, essendo comunque preclusa, per il giudice di

della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o
valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006,
dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite
le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle
circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n.
1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n.
22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
E’ poi appena il caso di considerare che la Corte di Appello, dopo aver
osservato che Douiou era un lavoratore esperto, che aveva partecipato ai corsi di
aggiornamento, ha evidenziato: che detti corsi non erano specifici, rispetto ai rischi
derivanti dal trattore con avvolgitore; e che l’avvolgitubo utilizzato non rispondeva
ai richiesti parametri di sicurezza. Sulla scorta di tali rilievi, immuni da aporie di
ordine logico e saldamente ancorati agli acquisiti elementi di prova, il Collegio ha
quindi rilevato che non poteva sostenersi che l’infortunio fosse derivato da una
improvvida ed eccentrica manovra posta in essere dalla vittima; ciò in quanto
l’eventualità che il lavoratore potesse trovarsi nella condizione di intervenire
direttamente nei pressi del giunto cardanico, ben poteva determinarsi, nel corso
della lavorazione di avvolgimento dei tubi, di cui si tratta.
E’ poi appena il caso di rilevare, a questo punto della trattazione, che la
Suprema Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che le norme
antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro,
anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori
effettuano le prestazioni. Segnatamente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito
che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul
datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si
dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi
l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata
l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio
questa abnormità abbia dato causa all’evento; che, nella materia che occupa, deve
considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità,
5

legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento

si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte
all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che
l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia
esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi
responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass.,
sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686). E preme
altresì evidenziare che la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che
abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore – come certamente è

pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli
(Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
In conclusione, la valutazione espressa dalla Corte territoriale, laddove si è
osservato che la condotta del lavoratore non valeva ad escludere l’operatività degli
obblighi protettivi in capo al datore di lavoro, si colloca del tutto coerentemente
nell’alveo del richiamato orientamento interpretativo.
4. Il terzo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
La Corte di Appello, nel confermare la valutazione espressa dal Tribunale, ha
in primo luogo rilevato che in tema di prevenzione degli infortuni di lavoro, la
posizione di garanzia può insorgere a prescindere da un atto formale di investitura,
qualora risulti accertata la collocazione verticistica del soggetto, nell’ambito della
organizzazione aziendale. Muovendo da tali rilievi, il Collegio ha quindi evidenziato
che dagli atti acquisiti emergeva che Nardella Elio ricopriva la carica di Direttore di
Produzione Campagna, quale responsabile dell’attività produttiva agricola; oltre a
ciò, la Corte di merito ha considerato che i testi escussi avevano chiarito che
Nardella aveva poteri di spesa; e che al Nardella i dipendenti si rivolgevano per
avere istruzioni sulla attività da svolgere.
Deve poi osservarsi che la Corte territoriale ha pure espressamente
richiamato le ragioni già espresse dal primo giudice, anche sul punto di interesse,
afferenti al ruolo assunto in concreto da Nardella all’interno della azienda agricola
San Michele. E la giurisprudenza di legittimità risulta consolidata nel rilevare che,
qualora le argomentazioni dei giudici di primo e secondo grado concordano
nell’analisi e nell’apprezzamento degli elementi di prova posti a fondamento delle
rispettive decisioni, le stesse motivazioni si saldano in un unico complessivo corpo
motivazionale, al quale è dato fare riferimento (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n.
44418 del 16/07/2013, dep. 04/11/2013, Rv. 257595).
Orbene, la valutazione ora richiamata si colloca del tutto coerentemente
nell’ambito della cornice legale dettata dall’art. 2, comma 1, lett. b), d), d. lgs.
9.04.2008, n. 81, già vigente alla data del fatto per il quale si procede, come
interpretata dal diritto vivente. La Corte regolatrice ha, infatti, ripetutamente
6

avvenuto nel caso di specie – che abbia compiuto un’operazione rientrante

affermato che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il direttore generale
di una struttura aziendale è destinatario “iure proprio”, al pari del datore di lavoro,
dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di
funzioni, in quanto, in virtù della posizione apicale ricoperta, assume una posizione
di garanzia in materia antinfortunistica a tutela della incolumità e della salute dei
lavoratori dipendenti (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 22249 del 14/03/2014,
dep. 29/05/2014, Rv. 259228; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41981 del 07/02/2012,

5. Il quarto motivo non ha pregio.
Occorre evidenziare che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che anche
le dichiarazioni confessorie o le ammissioni, se contenute in un documento
proveniente dall’imputato, non incontrano il limite alla loro utilizzabilità, stabilito
dall’art. 63, comma primo, cod. proc. pen., in quanto la norma si riferisce solo alle
dichiarazioni rese, dinanzi all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria,
nell’ambito delle indagini, anche se queste ultime non riguardano la persona del
dichiarante (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 46767 del 23/11/2011, dep. 19/12/2011,
Rv. 251633).
Pertanto, del tutto legittimamente, la Corte territoriale, dopo aver rilevato
che l’organigramma aziendale acquisito agli atti, se pure privo di firma, non poteva
ritenersi di genesi incerta, proveniendo direttamente dalla Azienda agricola San
Michele, ha osservato che detto documento risultava utilizzabile ai fini del giudizio.
Come si vede, nel caso in esame, deve escludersi la sussistenza della dedotta
violazione dell’art. 63 cod. proc. pen., proprio alla luce dei chiarimenti offerti dai
giudici di merito, in ordine alla natura del documento di cui si tratta.
6. Il quinto motivo è destituito di fondamento.
Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie. La
Corte di Appello ha infatti osservato che le specifiche modalità del fatto non
consentivano di modificare, in termini più favorevoli, il giudizio di bilanciamento

7

dep. 25/10/2012, Rv. 255001).

[

effettuato dal primo giudice, rispetto alle già concesse attenuanti generiche; ed ha
quindi rilevato che la pena inflitta non poteva essere mitigata.
7. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione
delle spese in favore della parte civile costituita, liquidate come a dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre

complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, in data 26 maggio 2015.

alla rifusione delle spese in favore della parte civile DOUIOU HASSAN, che liquida in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA