Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27172 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27172 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PEDRAZZINI CARLO N. IL 10/05/1972
avverso la sentenza n. 4658/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 26/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 27.04.2009 dichiarava
Pedrazzini Carlo e Kaceli Oshan responsabili del delitto di lesioni colpose, loro
ascritto, in danno del dipendente della Cooperativa Zeus, Cochitasviti Giorgi,
condannando gli imputati alle pene di giustizia ed al risarcimento del danno in
favore della costituita parte civile, con il riconoscimento di una provvisionale
immediatamente esecutiva pari ad C 40.000,00. Ai predetti imputati, nella
rispettive qualità di titolare della ditta Pedrazzini e di titolare della Cooperativa

prefabbricati in legno, tutte le misure organizzative idonee ad evitare la presenza di
lavoratori a piedi in prossimità delle zone operative dei mezzi semoventi; e di non
aver garantito un corso di formazione ed informazione idoneo rispetto alla attività
lavorativa da svolgersi. In particolare, mentre Cochitasvili si trovava in prossimità
del sollevatore, il Pedrazzini saliva in cabina guida e, avviato il motore, comandava
la discesa del braccio elevatore, operazione che determinava la schiacciamento
della parte offesa, tra il solaio del sollevatore ed il braccio elevatore, che riportava
frattura mielica, con prognosi superiore a 40 giorni.
2. La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 14.05.2014, in riforma
della richiamata sentenza di condanna, dichiarava non doversi procedere per essere
il reato ascritto estinto per prescrizione; e confermava le statuizioni civili.
Il Collegio rilevava che nelle more tra la pronuncia della sentenza di primo
grado e la fissazione dell’udienza del giudizio di appello, era spirato il termine
prescrizionale massimo, relativo al reato in addebito; considerava che non
sussistevano ragioni per mandare assolti gli imputati, risultando evidente la loro
colpevolezza; e confermava le richiamate statuizioni civili.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso
per cassazione l’imputato Carlo Pedrazzini, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo l’esponente denuncia la nullità della sentenza,
osservando che la stessa risulta sottoscritta da giudice diverso da quelli che hanno
composto il Collegio giudicante. Ritiene che detta situazione equivalga alla omessa
sottoscrizione.
Con il secondo motivo, in via subordinata rispetto al carattere assorbente del
vizio denunciato con il primo motivo, viene dedotto il vizio motivazionale. La parte
osserva che la Corte di Appello, contraddittoriamente, dopo aver ritenuto provata la
responsabilità degli imputati, ha affermato che l’eventuale concorso causale di terzi
soggetti, potrà avere effetti unicamente in sede di regolazione delle statuizioni civili.
Sul punto, il ricorrente sottolinea che il giudice di primo grado ha disposto la
trasmissione degli atti al pubblico ministero, per ogni ulteriore valutazione nei
confronti del responsabile della sicurezza nel cantiere e del direttore dei lavori.
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Zeus, si addebita di non aver adottato, nell’esecuzione di opere di montaggio di

L’esponente evidenzia che le indagini non hanno, inopinatamente, neppure
interessato la posizione del committente delle opere; e rileva che le disposizioni
antinfortunistiche oggetto dì contestazione non risultano riferibili al subappaltatore
Ped razzi ni .
Il ricorrente rileva che non spettava al Pedrazzini l’adozione di misure
organizzative atte ad impedire la presenza di lavoratori a piedi, nel raggio di azione
del mezzo semovente, da lui utilizzato.

essere una condotta imprudente ed anomala, ponendo il Pedrazzini nella condizione
di non potere prevedere che il lavoratore si posizionasse sul carrello elevatore per
evitare il fango. Ciò posto, l’esponente ribadisce di aver agito agli ordini della
direzione dei lavori ed utilizzando un carrello elevatore messo a disposizione dalla
parte committente.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza, rilevando
che ingiustamente il processo non è stato celebrato a carico di altri soggetti, gravati
da obblighi di sicurezza, i quali sono stati invece escussi come testimoni, pure in
violazione dell’art. 63 cod. proc. pen. E considera che, del pari ingiustamente, gli
obblighi risarcitori sono stati posti a carico del solo Pedrazzini.
Con il quinto motivo l’esponente osserva che, se del caso, Pedrazzini può
essere incorso nella violazione delle regole sulla circolazione stradale, applicabili
anche nell’area di cantiere, in considerazione della specifica dinamica del sinistro. E
ritiene che ciò implichi la responsabilità della società assicuratrice del veicolo
cagionante i danni.
La parte ha spiegato istanza di sospensione delle statuizioni civili, ex art. 612
cod. proc. pen.

Considerato in diritto
1. Il vaglio del ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
2. Il primo motivo di ricorso non ha pregio.
Come noto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che
la regola dell’immutabilità del giudice, statuita dall’art. 525, comma 2, cod. proc.
pen., con riferimento al dibattimento ed alla sentenza, è espressione di un principio
generale estensibile anche ai provvedimenti adottati all’esito della procedura
camerale; e che, conseguentemente, è affetto da nullità di ordine generale,
assoluta ed insanabile, il provvedimento pronunziato da un collegio non composto
dalle medesime persone fisiche che hanno partecipato alla trattazione in udienza
camerale, a meno che, variata la composizione, la procedura non sia stata
riprodotta “ex novo” dinanzi al collegio decidente (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n.
25806 del 12/06/2007, dep. 04/07/2007, Rv. 237369).

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Con il terzo motivo il deducente evidenzia che la parte offesa ebbe a porre in

E bene, proprio l’applicazione, al procedimento in esame, del condiviso
principio di diritto ora richiamato, evidenzia l’insussistenza delle condizioni per
decretare la nullità della sentenza impugnata. Invero, dall’esame degli atti (esame
svolto direttamente dal giudice di legittimità, a fronte di eccezione di natura
processuale) emerge che il collegio dinanzi al quale si celebrò in data 14.05.2014
l’udienza era composto dai medesimi magistrati indicati nella intestazione della
sentenza oggi gravata. E preme considerare che neppure sussiste incertezza in

dott.ssa Fontana, anche rispetto alle indicazioni riportare in calce alla sentenza
documento. A fronte di tali rilievi, di ordine dirimente, l’apposizione della firma da
parte del Presidente Bocelli, che effettivamente non figura nella terna giudicante,
deve ritenersi come inutilmente apposta, trattandosi di evenienza che non vulnera il
principio della immodificabilità del collegio giudicante, per le spiegate ragioni.
3. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso, che si esaminano
congiuntamente, sono destituiti di fondamento.
Come noto, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono
rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in
quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere
immediatamente alla declaratoria della causa estintiva. Occorre, peraltro,
considerare che le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione hanno chiarito
che il disposto di cui all’art. 129 cod. proc. pen., laddove impone di dichiarare la
causa estintiva quando non risulti evidente che il fatto non sussiste, che l’imputato
non lo ha commesso, ecc., deve coordinarsi con la presenza della parte civile e di
una condanna in primo grado che impone ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. di
pronunciarsi sulla azione civile; e che in tali ipotesi, la valutazione della
regiudicanda non deve avvenire secondo i canoni di economia processuale che
impongono la declaratoria della causa di proscioglimento quando la prova della
innocenza non risulti ictu °culi. La pronuncia ex art. 578 cod. proc. pen. impone,
cioè, pur in presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto il
compendio probatorio, ai fini della responsabilità civile (Cass. Sez. U, sentenza n.
35490 del 28.5.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273).
E bene, pure in applicazione dei principi di diritto ora richiamati, deve
osservarsi che la motivazione espressa dalla Corte di Appello, laddove ha
considerato che la responsabilità del Pedrazzini, nella causazione del sinistro, non
può essere esclusa dalla eventuale compartecipazione di ulteriori terzi garanti,
risulta immune dalle dedotte censure.
Invero, la Corte di Appello ha osservato che Pedrazzini, nell’occasione, si
stava avvalendo della collaborazione della parte lesa; e che il medesimo imputato
azionò il macchinario, comandando la discesa del braccio elevatore, senza
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riferimento alla individuazione del magistrato estensore, da individuarsi nella

accertarsi della presenza *dell’infortunato. Ed è appena il caso di rilevare che la
giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di interessarsi della questione attinente
al contenuto degli obblighi impeditivi, in caso di pluralità di posizioni di garanzia; ed
ha da tempo chiarito che se più sono i titolari della posizione di garanzia, ciascuno
è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento (cfr. Cass. Sez.
IV, sentenza n. 4793 del 06/12/1990, Bonetti, Rv. 191802).
4. Con il terzo motivo, che si viene ad esaminare, l’esponente introduce il
tema della possibile rilevanza della condotta colposa posta in essere dalla parte

Al riguardo, deve rilevarsi che la Suprema Corte di Cassazione ha
ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire
la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione
con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Segnatamente, la
giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro,
gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche
rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la
propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità
unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore
infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento;
che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che,
per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di
controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di
prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l’eventuale colpa concorrente del
lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo
di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni
in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999,
dep. il 20.03.2000, Rv. 215686). E preme altresì evidenziare che la Suprema Corte
ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il
comportamento del lavoratore – come certamente è avvenuto nel caso di specie che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue
attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121
del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
E bene, la valutazione espressa dalla Corte territoriale si colloca del tutto
coerentemente nell’alveo del richiamato orientamento interpretativo. Il Collegio,
infatti, dopo aver rilevato che il Predazzini aveva sottolineato, nell’atto di
impugnazione, che la condotta dell’infortunato doveva qualificarsi come
assolutamente anomala ed imprudente, ha confermato le statuizioni civili. Deve
allora richiamarsi il consolidato principio di diritto, in base al quale si è chiarito che
qualora le argomentazioni espresse dai giudici di primo e secondo grado risultino
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offesa.

concordanti nell’analisi e nell’apprezzamento degli elementi di prova posti a
fondamento delle rispettive decisioni, le stesse valgono a saldarsi in un unico
complesso corpo motivazionale, al quale è dato fare riferimento (cfr. Cass., Sez. 1,
sentenza n. 8868 del 26.06.2000, Rv. 216906). Ed il Tribunale di Milano, in
riferimento alla posizione del dipendente infortunato, ha rilevato che Cochitasvili
non conosceva la lingua italiana, trattandosi di cittadino straniero arrivato in Italia
da pochi mesi; era del tutto sprovvisto del necessario bagaglio di conoscenze sulla

del cantiere teatro del sinistro; con la precisazione che Pedrazzini era perfettamente
a conoscenza della precaria situazione in cui versava il richiamato dipendente.
5. Il quinto motivo di ricorso è privo del requisito della decisività.
Richiamate in questa sede le considerazioni sopra svolte analizzando il
secondo ed il quarto motivo di ricorso, rispetto alla eventuale compartecipazione di
ulteriori terzi garanti si osserva altresì che l’esponente si limita a riprodurre le
censure già dedotte con l’atto di appello, circa la ipotizzata mera violazione delle
norme sulla disciplina della circolazione stradale, senza sviluppare una critica
argomentata avverso il provvedimento impugnato e senza indicare le ragioni della
decisività di tali censure rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito.
Pertanto, il motivo in esame risulta inammissibile, secondo il consolidato
insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per difetto di decisività
(Cass. Sez. 6, Sentenza n. 8700 del 21/01/2013, dep. 21/02/2013, Rv. 254584).
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L’istanza di sospensione, ex art. 612 cod., proc. pen. spiegata dal

ricorrente, risulta assorbita dall’esito del giudizio.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 26 maggio 2015.

sicurezza nel luogo di lavoro, con specifico riguardo alle mansioni svolte all’interno

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