Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27169 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27169 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Alameddine Mazen n. il 28/2/1948
avverso la sentenza n. 217/2014 pronunciata dal Tribunale di Ancona il
25/3/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7/5/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in
relazione alle statuizioni penali, per intervenuta prescrizione; rigetto del
ricorso in relazione alle statuizioni civili;
udito, per la parte civile, l’avv.to N.G Madia del foro di Roma, che ha
concluso come da nota scritta depositata.

Data Udienza: 07/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza resa in data 25/3/2013, il tribunale di Ancona ha

integralmente confermato la sentenza in data 16/3/2011 con la quale il giudice
di pace di Fabriano, tra le restanti statuizioni, ha condannato Mazen Alameddine
alla pena di 800,00 euro di multa, in relazione al reato di lesioni personali
colpose commesso, ai danni di Donatella Soldani, in data 4/9/2005.
Nella specie, il tribunale marchigiano, sulla scia del conforme accertamento
del primo giudice, ha ritenuto pienamente comprovato il fatto ascritto

della persona offesa, nella specie caduta in una buca all’interno di un cantiere in
relazione al quale l’imputato era stato tratto a giudizio in qualità di proprietario,
progettista e direttore dei lavori.

2.

Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione

l’imputato sulla base di cinque motivi d’impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui
sarebbe incorso il tribunale di Ancona nel confermare la responsabilità
dell’imputato sulla base delle contraddittorie e infondate dichiarazioni rese dalla
persona offesa, a loro volta palesemente confutate dai restanti elementi di prova
acquisiti e dalle dichiarazioni rese dai testimoni indicati dalla difesa,
incomprensibilmente trascurati dai giudici del merito; dichiarazioni dalle quali era
emersa l’assoluta insussistenza di alcuna responsabilità dell’Alameddine nella
causazione delle lesioni sofferte dalla persona offesa.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole dell’omessa giustificazione,
da parte del tribunale, della reiezione delle istanze avanzate dall’imputato nel
corso del primo giudizio con riguardo all’ammissione di taluni testi e
alla sostituzione del proprio consulente di parte, impossibilitato a proseguire lo
svolgimento del proprio compito.

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per
aver erroneamente ritenuto corretta la quantificazione dei danni determinata dal
giudice di pace, sulla base di elementi di prova del tutto inidonei a tal fine.

2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole dell’omessa attestazione, da
parte del tribunale, della corresponsabilità della persona offesa nella causazione
delle lesioni dalla stessa sofferte, con il conseguente ridimensionamento
dell’entità del risarcimento dei danni dovuto dall’imputato.

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all’imputato, indicato quale responsabile del fatto dannoso verificatosi ai danni

2.5. Da ultimo, con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per aver ritenuto inoperante la garanzia assicurativa dedotta in
giudizio dell’imputato, sulla base di considerazioni del tutto prive di adeguato
riscontro, a loro volta contrastanti con i presupposti in fatto richiamati in ricorso,
di per sé idonei a giustificare il riconoscimento della persistente copertura
assicurativa dell’imputato in relazione al fatto dannoso dedotto in giudizio.

Luigi Cini, ha comunicato di non aver mai ricevuto alcuna notificazione della
sentenza impugnata, segnalando l’impossibilità di procedere alla discussione del
ricorso non avendo potuto proporre impugnazione, per tale motivo, nell’interesse
dell’imputato.

3. All’odierna udienza, la parte civile ha concluso come da nota scritta
contestualmente depositata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Dev’essere preliminarmente disatteso l’avviso formulato dal difensore del
ricorrente, avv.to Luigi Cini, con la nota pervenuta in data 6/5/2015, circa
l’impossibilità di procedere alla discussione dell’odierno ricorso non avendo, detto
difensore, potuto proporre alcuna impugnazione nell’interesse dell’imputato, in
ragione della mancata notificazione della sentenza d’appello nei relativi confronti.
Al riguardo, varrà rilevare come, secondo quanto risulta dagli atti del
procedimento, la Cancelleria di questa Corte di cassazione ha provveduto a
comunicare l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione del ricorso per
cassazione all’avv.to Cini in data 25/2/2015.
Ciò posto, pur volendo interpretare la nota pervenuta in data 6/5/2015 alla
stregua di una (sia pure implicita) richiesta di restituzione nel termine per
l’impugnazione della sentenza d’appello, la stessa deve ritenersi
irrimediabilmente tardiva, siccome proposta oltre i termini fissati, a pena di
inammissibilità, dall’art. 175 c.p.p..

5. Nel merito, tutti i motivi di ricorso proposti dall’Alameddine devono
ritenersi integralmente privi di pregio.
Osserva il collegio come le motivazioni dettate dal tribunale in relazione alle
occorrenze del fatto ascritto all’imputato debbano ritenersi pienamente corrette,
sul piano della coerenza logica, e integralmente lineari in termini argomentativi,

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2.6. Con nota pervenuta in data 6/5/2015, il difensore del ricorrente, avv.to

sì da destituire di alcuna plausibilità le mere censure in fatto sollevate dal
ricorrente con il primo e il quarto motivo di ricorso.
Al riguardo, vale evidenziare come il giudice di secondo grado, nel
richiamare le motivazioni sul punto dettate dal primo giudice (che, obbedendo a
criteri interpretativi sostanzialmente omogenei, valgono a saldarsi, con la
sentenza d’appello, in un unitario corpo argomentativo; cfr. Cass., Sez. 1, n.
8868/2000, Rv. 216906 e segg. conformi), abbia confermato la sicura
attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa in relazione all’infortunio

dagli altri testimoni indotti dalla pubblica accusa e dalla medesima parte civile
(Aldina Bernacchia e Silvano Gamboni), oltre che dalla documentazione
fotografica e dalla certificazione medica in atti.
In particolare, il tribunale (sulla scia delle motivazioni dettate dal giudice di
primo grado) ha sottolineato come la deposizione resa dalla persona offesa (che
ha raccontato l’accaduto senza esitazione e senza contraddizioni di sorta,
indicando il punto esatto in cui si è verificata la caduta, all’epoca dei fatti privo di
recinzione o di adeguata segnaletica, rappresentando di per sé un’indubbia
insidia) fosse risultata precisa, coerente, sufficientemente circostanziata e dotata
di piena coerenza logica. Tale deposizione, peraltro, non ha ricevuto alcuna
smentita da parte di eventuali altre emergenze istruttorie e, in particolare, delle
dichiarazioni rese dai testi indotti dalla difesa (Isabella Tempesti e Francesco
Sansica) i quali hanno fatto riferimento a un punto del cantiere del tutto diverso
da quello ove si sarebbe verificato l’infortunio, come reso evidente dal contenuto
della documentazione fotografica acquisita agli atti del giudizio, riproducente in
maniera completa lo stato dei luoghi.
E invero, osserva il collegio come attraverso le doglianze avanzate con
l’odierna impugnazione, l’imputato abbia circoscritto il proprio discorso critico
sulla sentenza impugnata a una discordante lettura delle risultanze istruttorie
acquisite nel corso del giudizio, in difformità rispetto alla complessiva
ricostruzione operata dai giudici di merito, limitandosi a dedurre i soli elementi
astrattamente idonei a supportare la propria alternativa rappresentazione del
fatto (peraltro, in modo solo parziale, selettivo e non decisivo), senza farsi carico
della complessiva riconfigurazione dell’intera vicenda sottoposta a giudizio, sulla
base di tutti gli elementi istruttori raccolti, che, viceversa, entrambi i giudici del
merito hanno ricostruito con adeguata coerenza logica e linearità argornentativa.
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la modificazione dell’art. 606 lett.
e) c.p.p., introdotta dalla legge n. 46/2006 consente la deduzione del vizio del
travisamento della prova là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di

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dedotto in giudizio, siccome adeguatamente confermate dalle deposizioni rese

un’informazione che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di
una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato della corte di cassazione
resta tuttavia quello di sola legittimità, sì che continua a esulare dai poteri della
stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più
adeguata valutazione delle risultanze processuali (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n.
23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente indicati nei

e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se
convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio,
avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata,
rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza
della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite,
da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652).
In termini analoghi, con riguardo alla valutazione e all’interpretazione delle
risultanze testimoniali e degli altri elementi di prova valorizzati dai giudici del
merito, osserva il collegio come, secondo il costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità, ai fini della correttezza e della logicità
della motivazione della sentenza, non occorre che il giudice di merito dia conto,
in essa, della valutazione di ogni deposizione assunta e di ogni prova, come di
altre possibili ricostruzioni dei fatti che possano condurre a eventuali soluzioni
diverse da quella adottata, egualmente fornite di coerenza logica, ma è
indispensabile che egli indichi le fonti di prova di cui ha tenuto conto ai fini del
suo convincimento, e quindi della decisione, ricostruendo il fatto in modo
plausibile con ragionamento logico e argomentato (cfr. Cass., Sez. 1, n.
1685/1998, Rv. 210560; Cass., Sez. 6, n. 11984/1997, Rv. 209490), sempre
che non emergano elementi obiettivi idonei a giustificare il ricorso di un
ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato, nella specie
adeguatamente e plausibilmente escluso.
Tale principio, in particolare, appare coerente con il circoscritto orizzonte
riservato all’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione,
dovendo il sindacato demandato alla corte di cassazione essere limitato – per
espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di
verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è
avvalso per sostanziare il suo convincimento. Esula, infatti, dai poteri della corte
di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento

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motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art. 606, comma primo, lett.

della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (v. Cass., Sez. Un., n. 6402/1997, Rv. 207944, e altre di conferma).
In altri termini, una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni
seguite dal giudice di merito, non è consentito alla corte di cassazione prendere
in considerazione, sub specie di vizio motivazionale, la diversa valutazione delle
risultanze processuali prospettata dal ricorrente sulla base del proprio differente

1, n. 1083/1998, Rv. 210019).
Deve pertanto concludersi che la motivazione compendiata nella sentenza
d’appello (in una con quella, richiamata, del primo giudice), nel dar conto
analiticamente delle occorrenze del fatto ascritto all’imputato, appare del tutto
esaustiva, immune da vizi d’indole logica o giuridica, come tale pienamente
idonea a sottrarsi alle censure in questa sede avanzate ricorrente.

6.

Parimenti priva di fondamento deve ritenersi la doglianza avanzata

dall’imputato con riguardo alla mancata ammissione di prove a discarico, pur
ritualmente dedotte dalla difesa, avendo il ricorrente del tutto trascurato in
questa sede di specificare la valenza decisiva delle prove non ammesse.
Al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, secondo cui deve riservarsi carattere di decisività,
ai fini del giudizio, a quella sola prova che, confrontata con le argomentazioni
contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita,
avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia (Cass., Sez. 2, n.
16354/2006, Rv. 234752; Cass., Sez. 6, n. 14916/2010, Rv. 246667), ovvero
quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la
struttura portante (Cass., Sez. 3, n. 27581/2010, Rv. 248105).
Nel caso di specie, la mancata identificazione, da parte del ricorrente, dei
contenuti della prova asseritamente trascurata dai giudici del merito impedisce a
questa corte di legittimità la verifica dell’eventuale carattere di decisività del
mezzo istruttorio, per tale via evidenziandosi la radicale infondatezza della
corrispondente doglianze del ricorrente.

7.

Da ultimo, devono essere integralmente disattesi i restanti motivi di

ricorso avanzati dall’imputato, avendo i giudici del merito provveduto, sulla base
di una motivazione dotata di piena coerenza logica e linearità argomentativa, alla
quantificazione dei danni sofferti dalla persona offesa, nella specie determinati
sulla base dei criteri indicati dal medico legale nell’elaborato tecnico all’uopo

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soggettivo punto di vista (Cass., Sez. 1, n. 6383/1997, Rv. 209787; Cass., Sez.

redatto, nel quale il perito, secondo quanto attestato dal giudice d’appello, ha
dato conto dell’entità delle lesioni riscontrate a carico della vittima e dei relativi
parametri di riferimento, nonché delle spese mediche sostenute, nella specie
ritenute globalmente necessarie.
Sotto altro profilo, del tutto immune da vizi d’indole logica o giuridica deve
ritenersi la motivazione dettata dal giudice d’appello in relazione all’accertata
inoperatività della polizza assicurativa vantata dall’imputato al momento del
fatto, sì come risultante dalla sospensione della copertura assicurativa ai termini

comunicazione ai sensi dell’art. 18, co. 4, delle condizioni generali di contratto, e
comunque essendosi il sinistro verificato in epoca antecedente il giorno indicato
(nella notifica preliminare ex art. 11 d.lgs. 494/1996 inviata all’autorità e agli
enti interessati) quale data presunta di inizio dei lavori (14.9.2005).

8. L’accertata infondatezza di tutti i motivi d’impugnazione in questa sede
avanzati dal ricorrente non esime peraltro il collegio dal rilievo dell’intervenuta
prescrizione del reato per il quale l’odierno imputato è stato tratto a giudizio,
trattandosi di un’ipotesi di lesioni personali colpose commesso alla data del
4/9/2005.
Al riguardo, occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento
ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa
estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato
per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori
dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale
all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa
valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una
‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con
qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n.
35490/2009, Rv. 244274).
E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129
c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e
obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la
correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv.
229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine
di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato occorre applicare il
principio di diritto secondo cui ‘positivamente’ deve emergere dagli atti
processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato

di contratto, avendo l’Alarneddine inottemperato all’obbligo di tempestiva

a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza
della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua
innocenza, non rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte
risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi certamente non riscontrabile nel caso di specie, avendo
questa Corte positivamente riscontrato l’infondatezza di tutte le doglianze
avanzate dall’odierno ricorrente avverso la sentenza di condanna pronunciata nei

Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza
impugnata va annullata senza rinvio agli effetti penali per essere il reato
contestato estinto per prescrizione.
La rilevata infondatezza dei motivi di ricorso avanzati dall’imputato – di là
dall’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla condanna penale
pronunciata a carico dell’Alameddine a causa dell’intervenuta prescrizione impone peraltro la conferma delle disposizioni e dei capi della sentenza che
concernono gli interessi civili, in conformità alle previsioni di cui all’art. 578
c.p.p., con la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese in favore della
parte civile, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio agli effetti penali la
sentenza impugnata perché estinto il reato per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente a rimborsare alla
parte civile Donatella Soldani le spese sostenute per questo giudizio che liquida
in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/5/2015.

propri confronti.

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