Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27164 del 28/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27164 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SARDONE DAVIDE N. IL 09/11/1971
avverso la sentenza n. 3108/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/09/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/04/201 a relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
Udito il Procuratore Generale in persona del I ott
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Data Udienza: 28/04/2015

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1. Con sentenza in data 26. 9.2 1013 la Corte di Appello di Milano confermava
la responsabilità già affermata dal gip di Milano di Sardone Daniele per il reato
di cui ali’ articolo 589, comma 1 e 3 numero 2, codice penale per aver
cagionato la morte del pedone Habib Ragab in seguito alle lesioni riportate
nell’ urto con l’ autovettura Audi condotta dall’imputato, che per colpa
consistita in negligenza imprudenza imperizia ed inosservanza delle norme
regolanti la circolazione stradale ed in particolare per avere tenuto una
velocità eccessiva ed avere guidato l’autovettura in stato di alterazione
conseguente all’ uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, investiva il
predetto Habib mentre stava attraversando la carreggiata; fatto commesso in
Milano il 18 aprile 2011. La Corte di Appello concedeva al Sardone le
attenuanti generiche e riduceva pertanto la pena inflitta.
Riteneva il giudice di appello, conformemente a quanto già apprezzato da
quello di primo grado, che non vi fosse dubbio circa la responsabilità
dell’imputato, essendosi accertato che il Sardone alla guida della propria
autovettura, aveva urtato il pedone nel mentre questi attraversava e che a
seguito del violento urto il medesimo pedone era stato caricato sul cofano,
aveva urtato violentemente il parabrezza con il capo infrangendo il vetro,
mentre l’auto dell’imputato continuava ad avanzare senza controllo invadendo
la corsia di marcia di senso contrario ed impattando con i veicoli in sosta a
pettine sul lato sinistro della strada e causando seri danni ad alcuni di essi.
Ritenevano altresì conformemente i giudici di merito che non potesse dubitarsi
della influenza sulla condotta di guida dell’imputato della situazione
psicofisica determinata dalla pregressa assunzione di stupefacenti in quanto
gli esami effettuati con il metodo della cromatografia avevano accertato che
nelle urine erano presenti i metaboliti della cocaina in misura 50 volte
superiore il valore soglia ovvero, anche a voler fare riferimento alla
concentrazione soglia di 150 ng/ml, secondo la classificazione frequentemente
proposta in ambito universitario, si tratterebbe comunque di un valore oltre
30 volte superiore alla concentrazione soglia.
2. Ha presentato ricorso per cassazione l’imputato che deduce erronea
applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza della
aggravante prevista dal comma 3 dell’articolo 589 cp. Secondo il ricorrente
la Corte di Appello nel ritenere di sicura attendibilità le analisi eseguite sulle
urine di Sardone Davide, dalle quali era risultato un quantitativo di metaboliti
della cocaina parecchio superiore al valore di soglia e nel considerare
l’assunzione di cocaina, dimostrata da tale analisi, come causa diretta dello
stato di alterazione psicofisica, sarebbe andata in palese contrasto con la
sentenza numero 16895 del 4 maggio 2012 della Corte di Cassazione; anche
la considerazione che i numerosi danni causati alle vetture in sosta siano
prova della condotta di guida dell’imputato conseguente alla situazione
psicofisica di alterazione contrasta con tale sentenza; viceversa non sono
state prese o nella dovuta considerazione, da un lato, le dichiarazioni res

RITENUTO IN FATTO

nell’immediatezza dei fatti dall’imputato in cui ammetteva di avere assunto
sostanza stupefacente ma ben due giorni prima dell’incidente e, dall’altro, il
contenuto della notizia di reato dalla quale risultava che l’imputato non era
affatto in stato confusionale; l’incidente si era verificato in ora notturna e così
come affermato dal Sardone, era stato conseguenza di un colpo di sonno
provocato dalla stanchezza fisica.

1. Il ricorso non merita accoglimento.
Viene contestata soltanto la sussistenza dell’aggravante di cui al terzo
comma, n.2, dell’art. 589 cod. pen., relativa al
fatto commesso da soggetto sotto l’influenza di sostanze stupefacenti,
sostenendosi in sostanza che non vi sarebbe la prova che l’imputato si trovava
in tale condizione al momento dell’investimento del pedone, richiamandosi alla
una sentenza di questa Corte n.16895/2012 che, si assume, non sarebbe
stata rispettata.
La doglianza non ha pregio.
Secondo la pacifica giurisprudenza di questa corte, risalente ad un precedente
del 2008 (sez. 4 n.33312 de/ 08/07/2008 Ud. Rv. 241901; cfr. sez. 4^
11.6.2009 n. 41796, 11.8.2008 n. 33312 Rv. 241901) la condotta tipica del
reato previsto dall’art. 187, commi primo e secondo, cod. strada non è quella
di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che
guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione.
Perché possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente
provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla
guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato
d’alterazione causato da tale assunzione, sicché ai fini del giudizio di
responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di
sostanze stupefacenti ma che l’agente abbia guidato in stato d’alterazione
causato da tale assunzione; ai fini dell’accertamento del reato è dunque
necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze
provino la situazione di alterazione psico-fisica. Tale complessità probatoria si
impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché
l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto
che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al
momento del fatto in stato di alterazione.
La stessa regola vale ovviamente per l’aggravante di cui si discute, come è
fatto palese dal tenore letterale della disposizione che richiede che il fatto sia
commesso da chi si trova sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Non è affatto in contrasto con tale orientamento la sentenza invocata dal
ricorrente che, nel ribadire tali principi, ha però precisato un diverso aspetto e
cioè quello che l’alterazione richiesta per l’integrazione del reato previsto
dall’art. 187 cod. strada esige l’accertamento di uno stato di coscienza
semplicemente modificato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, che non
coincide necessariamente con una condizione di intossicazione.
Tanto premesso, corretto e puntuale è l’accertamento della Corte di appello,
sopra riportato, éhe ha logicamente dedotto l’attualità dello stato di alterazione

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato
al pagamento della spese processuali.

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Cosi deciso in Roma il 28 aprile 2015.

e l’influenza di esso nella determinazione dell’incidente dall’altissima
percentuale di metaboliti rinvenuti a seguito degli esami effettuati e dalla
condotta di guida tenuto dallo stesso che con condotta del tutto sconsiderata,
procedendo a velocità elevata, investiva violentemente il pedone, senza
nemmeno accorgersene, lo travolgeva e proseguiva la corsa sulla corsia
opposta danneggiando i veicoli in sosta. Quanto alla giustificazione fornita
dall’imputato, secondo cui egli sarebbe stato vittima di un colpo di sonno, è
sufficiente ricordare che, come di recente affermato da questa Corte (sez. 5
n.18999 del 19.2.2014 Rv.260409) la regola dell’«al di là di ogni ragionevole
dubbio», secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è
possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità,
impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione
impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa
ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza,
di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al
processo, e non meramente ipotetici o congetturali.

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