Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27158 del 10/04/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27158 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
su( ricorsA pro post, da :

1. ERRICHIELLO SABATINO N. IL 24.09.1976
2. PESOLE ANTONIO

N. IL 01.10.1966

3. RICCIO MONICA

N. IL 27.06.1974

Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI in data 15 maggio 2012

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, lette le
conclusioni del PG in persona della dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni che ha chiesto
l’annullamento con rinvio imputazione sostanze stupefacenti e conseguente trattamento
sanzionatorio per tutti i ricorrenti. Rigetto nel resto dei ricorsi. E’ presente l’avvocato
Ercolino Carlo del foro di Napoli per la ricorrente Riccio Monica che chiede l’accoglimento
del ricorso

Data Udienza: 10/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

Pesole Antonio, Errichiello Sabatino e Riccio Monica, tratti a giudizio unitamente ad altri
soggetti giudicati separatamente, ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che,
pur parzialmente riformando in melius, quella di primo grado, ne ha affermato la penale
responsabilità in relazione a plurime violazioni del d.P.R.

n. 309/1990.

In particolare, Pesole Antonio, che peraltro risulta avere rinunziato in appello a tutti i
motivi di gravame, ad eccezione di quello afferente la determinazione e la misura della

lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, argomentata
espungendo totalmente l’oggetto materiale della condotta di spaccio, ossia la quantità e
la qualità della sostanza ceduta.
2.

Errichiello Sabatino, che parimenti risulta avere rinunziato in appello a tutti i motivi di
gravame, ad eccezione di quello afferente il mancato giudizio di prevalenza delle
attenuanti generiche sulle aggravanti e la conseguente riduzione della pena, censura il
diniego dell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e il
mancato riconoscimento del giudizio di prevalenza delle attenuanti.

3.

Riccio Monica, condannata per reiterati acquisti di droga da Aprea Leopoldo a fini di
vendita e/o cessione, contesta invece l’affermazione di responsabilità, sostenendo una
diversa lettura delle intercettazioni da cui – diversamente da quanto sostenuto ai fini di
condanna – dovrebbe desumersi che si trattasse di acquisti per uso personale. Sul
punto, deduce, in fatto, che la stessa svolge attività di escort e che la sostanza
stupefacente acquistata era destinata ad essere utilizzata durante gli incontri con i
clienti. Sotto tale profilo si sostiene inoltre l’irrilevanza penale del fatto trattandosi di
“uso di gruppo”. Si censura poi la sentenza anche nella parte in cui aveva fatto
riferimento alla omessa condanna per il reato sub C)17, mai contestato.
Si censura poi la sentenza laddove aveva affermato che i quantitativi “presumibilmente
non modici” inducevano ad escludere l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990,
art. 73, comma 5.

4.

È stata depositata, nell’interesse della Riccio, una memoria difensiva a sostegno dei
motivi di ricorso e con cui in particolare si richiama l’intervento in materia di
stupefacenti della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 32 del 2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5. La impugnata sentenza va annullata nei confronti di tutti gli imputati sulla base delle
assorbenti considerazioni di cui in appresso.

pena, si duole in questa sede della mancata concessione dell’attenuante del fatto di

Secondo la legge in vigore sia nel momento in cui i reati contestati agli imputati sono
stati commessi sia nel momento in cui la sentenza impugnata è stata emessa, la
detenzione di droghe c.d. “pesanti” e di droghe c.d. “leggere” integrava gli estremi di
un unico reato, indipendentemente dalla tipologia della droga detenuta.
Sono infatti note le scelte del legislatore del 2006 che aveva escluso qualsiasi
distinzione di trattamento giuridico tra le sostanze classificate come stupefacenti
nell’unica tabella I contenuta nel cit. D.P.R., art. 14, sulla base della considerazione che

efficacia lesiva dei beni protetti dalla normativa, come reso evidente anche dalla
unificazione del trattamento sanzionatorio ormai indifferenziato. Restava pertanto
indifferente stabilire con certezza la tipologia della sostanza. Successivamente però la
Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 77
Cost., comma 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, artt. 4 bis e 4 vicies ter, conv. con
modif. dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, art. 1, così rimuovendo le modifiche apportate
al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e determinando il ripristino della normativa abrogata,
in forza della quale le condotte inerenti alle sostanze stupefacenti di cui alla tabelle I e
III e quelle relative alle sostanze di cui alla tabella II e IV configurano reati distinti,
eventualmente in continuazione o in concorso formale fra loro (C. Cost. 12-2-14 n 32).
In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che le norme impugnate, introdotte in sede di
conversione del decreto legge, difettassero manifestamente di ogni connessione logicofunzionale con le originarie disposizioni del decreto

legge,

e dovessero per tale

assorbente ragione ritenersi adottate in carenza dei presupposti per il legittimo esercizio
del potere legislativo di conversione ai sensi dell’art. 77 Cost., comma 2.
Rileva, in particolare, che l’art. 4 bis aveva riscritto il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73,
eliminando la distinzione sul piano sanzionatorio, prevista dalla disciplina previgente,
tra le sostanze stupefacenti incluse in differenti tabelle; ed introducendo un trattamento
punitivo unitario che si è risolto nella diminuzione delle sanzioni previste per le
cosiddette droghe “pesanti” e nell’incremento di quelle previste per le cosiddette droghe
“leggere”. La caducazione della norma in questione comporta che, come espressamente
enunciato dalla Corte costituzionale, tornino a ricevere applicazione il D.P.R. n. 309 del
1990, art. 73, e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella
formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni caducate. La
conseguenza è, per quel che qui interessa, che rivive l’apparato sanzionatorio
precedentemente previsto per le droghe leggere, certamente più lieve di quello in
vigore all’epoca del fatto. La questione attiene alla legalità della pena; e coinvolge
l’applicazione dell’art. 2 cod. pen.

Nella specie le contestazioni mosse a tutti gli imputati non fanno riferimento ad una
particolare tipologia di droga in quanto è stato loro indistintamente contestata la illecita

la detenzione a fini di commercio di qualsiasi sostanza drogante avesse la medesima

detenzione di sostanza stupefacente di tipo e quantità imprecisati. Del resto perverSID
sopra detto/ l’accertamento del tipo della droga restava indifferente in considerazione
del luadro normativo in vigore, accertamento che oggi, alla luce del richiamato
pronunciamento del giudice delle leggi, diventa invece essenziale.

6. La sentenza va quindi sotto tale riguardo annullata con rinvio alla Corte d’appello di
Napoli ai fini dell’accertamento della tipologia dello stupefacente rinvenuto in possesso

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Errichiello Sabatino, Pesole Antonio e Riccio
Monica e rinvia per nuovo esame in proposito al altra sezione della Corte d’Appello di Napoli._

Così deciso nella camera di consiglio del 10 aprile 2015

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDENTE

degli imputati e della eventuale rideterminazione della pena.

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