Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27157 del 17/03/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27157 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRADASCHIA GIANCARLO N. IL 05/07/1963
avverso la sentenza n. 257/2014 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
23/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. P. g4J24-.
che ha concluso per fetit.~…A4,■’n,tvg.-..e.

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Data Udienza: 17/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha
confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Udine nei confronti
di Bradaschia Giancarlo, giudicato responsabile del reato di guida in stato di
ebbrezza [articolo 186, commi 1 e 2 lett. c) e 2bis Cod. str., commesso il 7 aprile
2010] e condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 3.000 di ammenda,
condizionalmente sospesa, con la sospensione della patente di guida per la
durata di anni due.

Zanaboni giunsero intorno alle ore 15:30 in via Trieste di Cervignano del Friuli
ove era stato segnalato un incidente stradale. Sul posto presero contatto con
Roppa Paolo, il quale riferiva di aver avuto verso le 15 una discussione con una
persona che si era impadronita delle chiavi della sua vettura e si era allontanato
a bordo di altro veicolo. Grazie alle informazioni date da Cristofoli Nadia,
commercialista con studio nella via Trieste e presente a parte dei fatti, il Maggio
poté contattare attraverso il telefono fisso dello studio della professionista la
persona con la quale aveva discusso il Roppa, avendo conoscenza del fatto che
questa si trovava nel Piazzale Lancieri d’Aosta, a circa 2 km dalla via Trieste. I
due militari si portarono quindi nel predetto piazzale dove, essendo venuti a
contatto diretto con la persona in questione, l’odierno imputato, colsero i sintomi
di una possibile ebbrezza alcolica e quindi eseguirono il test alcolimetrico che
diede quale il sito 1,56 e 1,51 g/l.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Francesco Sorrentino.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt.
192 e 194 cod. proc. pen. e vizio motivazionale. Per l’esponente la sentenza
impugnata è frutto di un’errata valutazione della prova testimoniale degli agenti
di polizia giudiziaria, le cui testimonianze non possono essere ritenute attendibili
quanto alla circostanza dell’aver visto l’imputato guidare l’autovettura, perché
tale ricostruzione è incompatibile sia con quanto dichiarato dal teste Scarsel, sia
con quanto da loro stessi affermato nel processo.
3.2. Con un secondo motivo si deduce vizio motivazionale ravvisandosi
illogicità e contraddittorietà della sentenza impugnata, che non avrebbe tenuto
conto delle affermazioni dei militari quanto al ritrovamento degli chiavi del
veicolo del Roppa sul cancello del Palazzetto dello sport nei pressi del quale
venne trovato l’imputato. In particolare la Corte di appello non avrebbe replicato
alla deduzione difensiva secondo la quale la presenza delle chiavi stava a

Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito i carabinieri Maggio e

segnalare che l’imputato era arrivato sul posto ben prima dell’arrivo dei
Carabinieri, i quali quindi non avevano potuto vederlo guidare.
3.3. Con un terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione alla
norma incriminatrice che si è ritenuto di applicare. Per l’esponente, essendo
inattendibile la deposizione dei Carabinieri secondo la quale essi avrebbero visto
l’imputato nell’atto di guidare, manca la prova della guida in stato di ebbrezza. Ai
fini della configurazione del reato di cui trattasi deve essere fornita la prova certa
che il conducente abbia guidato in stato di ebbrezza; certezza che nella specie

3.4. Violazione dell’articolo 192, comma 2 cod. proc. pen. nonché vizio
motivazionale in relazione alla valutazione di talune circostanze dalle quali la
Corte di appello ha ricavato la prova della guida in stato di ebbrezza: il fatto che
non fosse emerso che l’imputato avesse ingerito sostanze alcoliche poco prima
del contatto con i Carabinieri; che avesse potuto assumere in breve tempo una
quantità di alcol tale da raggiungere i valori riscontrati con l’accertamento
strumentale; che egli non aveva mostrato agli agenti intervenuti bottiglie o
lattine contenenti bevande alcoliche; che l’intera vicenda, comprensiva
dell’alterco con il Roppa, evidenziava una condotta del tutto compatibile con una
condizione psico-fisica alterata.
3.5. Violazione dell’articolo 495, comma 2 cod. proc. pen. per non avere la
Corte di Appello ammesso la prova richiesta dalla difesa costituita dalla
documentazione relativa ai tabulati telefonici dell’utenza fissa nella disponibilità
di Cristofoli Nadia.
3.6. Violazione degli articoli 192 e 194 cod. proc. pen. in relazione alla
sussistenza della circostanza aggravante dell’esser stato provocato un incidente
stradale. Ad avviso dell’esponente tale circostanza è stata affermata sulla base
dell’annotazione di servizio redatta dai militari, che però risale a quattro ore
dopo il verificarsi dei fatti e peraltro sulla base della dichiarazione del Roppa;
dichiarazione che, non essendo stato il Roppa escusso come testimone nel
processo di cui trattasi, non può essere oggetto di testimonianza indiretta.
3.7. Travisamento della prova in relazione alla circostanza aggravante
dell’aver provocato un incidente in quanto dall’annotazione di servizio redatta dai
militari emerge che l’autovettura del Roppa presentava lievi graffi sul paraurti
posteriore. Ebbene, osserva l’esponente, la presenza di lievi graffi e non di segni
di urto induce a ritenere che non si sia verificato quel tipo di incidente al quale fa
riferimento la norma citata.
3.8. Violazione dell’articolo 186, c. 9bis Cod. str. perché anche a ritenere
che l’autovettura del Bradaschia si era più volte appoggiata con la parte
anteriore sulla parte posteriore di quella del Roppa, tale accadimento non può

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non sussiste.

essere considerato incidente stradale nella nozione intesa come motivo ostativo
alla concessione dei lavori di pubblica utilità per la ricorrenza della menzionata
aggravante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. Per evitare faticose ripetizioni é utile accorpare i motivi. Da un canto si
danno quelli che censurano la valutazione della prova, dall’altro quelli che
contestano la nozione di incidente stradale assunta dal Collegio distrettuale.

degli artt. 192 e 194 cod. proc. pen., vale rammentare che in linea di principio la
mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto
sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come
espressamente disposto dall’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen.,
sicché non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art.
192 cod. proc. pen., con riferimento all’attendibilità dei testimoni dell’accusa,
atteso che la sua inosservanza non è in tal modo sanzionata, ed il vizio di
motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione o
errore che concerna l’analisi di determinati e specifici elementi probatori (cfr.
Sez. 3, Sentenza n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567). È quindi
inammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod.
proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma primo, lett. e),
cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione di ogni elemento
di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed
indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in
quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati
specificamente dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., non possono
essere superati ricorrendo al motivo di cui all’art. 606, comma primo, lett. c),
cod. proc. pen., nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle
norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. 6, Sentenza n. 45249 del
08/11/2012, Cimini e altri, Rv. 254274).
La prospettiva dalla quale, in sede di giudizio di legittimità, può quindi
guardarsi all’art. 192 cod. proc. pen. è quella del vizio motivazionale. Ciò
significa che va eseguito il controllo sul rispetto, da parte del giudice di merito,
dei criteri dettati in materia di valutazione delle prove dall’art. 192 cod. proc.
pen.; controllo seguito con il ricorso ai consueti parametri della completezza,
della correttezza e della logicità del discorso motivazionale (Sez. 6, Sentenza n.
20474 del 15/11/2002, Caracciolo, Rv. 225245).
In questa sede risulta opportuno però anche rammentare che la mera
indicazione, nel ricorso, di atti che si assumono trascurati o mal interpretati dal

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Orbene, quanto al primo profilo, a fronte dell’evocazione della violazione

giudice di merito non vale a soddisfare l’esigenza di specificità dei motivi di
gravame, dovendo questi comunque rappresentare le ragioni per le quali tali atti,
se correttamente valutati, avrebbero dovuto necessariamente o, quantomeno,
presumibilmente, dar luogo ad una diversa pronuncia decisoria (Sez. 5, n. 8096
del 11/01/2007 – dep. 27/02/2007, Lussana e altri, Rv. 235734).
4.2. Calando tali premesse nel caso che occupa, risulta l’inammissibilità del
primo e del secondo motivo, con i quali si ravvisa una manifesta illogicità nella
motivazione perché afferma la compatibilità delle dichiarazioni degli operanti con

ritrovamento delle chiavi del Roppa sul cancello del palazzetto dello Sport. Ma
poiché tanto la sentenza di primo grado che quella qui impugnata fondano il
giudizio di condanna sul fatto che il Bradaschia era stato colto in prossimità della
propria autovettura in un luogo dove non gli sarebbe stato possibile rifornirsi di
alcol, manifestando segni di probabile assunzione di bevande alcoliche, e quindi
risultando portatore di un tasso alcolico superiore a 1,50 g/I; nonché sulla
dinamica della vicenda che aveva coinvolto il Roppa, con il diverbio e l’inusuale
sottrazione delle chiavi al medesimo, il ricorrente avrebbe dovuto indicare come,
ricostruendo il segmento di accadimento svoltosi presso il Palazzetto dello Sport
secondo le indicazioni provenienti dallo Scarel, il nucleo della doppia pronuncia
si sarebbe sciolto dando luogo ad una sentenza assolutoria. L’accenno fatto al
riguardo alla possibilità che il Bradaschia abbia bevuto dell’alcol dopo l’incidente
da una bottiglia che aveva con sé non è soltanto congetturale ma escluso dal
silenzio che su tale circostanza mantengono gli atti processuali. Come
puntualmente rilevato dai giudici territoriali.
Dal che discende anche la manifesta infondatezza del terzo motivo, che invero sub specie di vizio per violazione di legge invece che di vizio motivazionale
– contesta la sussistenza di una guida in stato di ebbrezza. Quel che si è appena
rilevato documenta il percorso logico tracciato dal Collegio distrettuale per
affermare che il Bradaschia era in stato di ebbrezza già al momento
dell’incidente stradale.
Con il quarto motivo, oltre alla prospettazione della irricevibile violazione
dell’art. 192 cod. proc. pen., si contesta proprio quell’impianto essenziale che si
è sopra evidenziato, ma lo si fa con un’argomentazione che, lungi dal riuscire a
rinvenire un’aporia logica nel giudizio della Corte di appello, si sostanzia di
asserzioni apodittiche funzionali a rendere indefettibile ciò che invece tale non è.
La inadeguata considerazione della rilevanza accordata dai giudici di merito
al complesso degli elementi probatori disponibili piuttosto che ad uno solo di essi
non permette al ricorrente di comprendere la legittimità del diniego opposto dalla
Corte di appello alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

quella del teste Scarel e non valuta correttamente la circostanza del

Giova rammentare che nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma primo, cod. proc. pen., è
subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale ed alla
conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti
senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione
del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente
motivata (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015 – dep. 27/02/2015, Leoni, Rv.
262620). E nella specie ricorre tale corretta motivazione, avendo la Corte di

deriva l’infondatezza del quinto motivo.
Il sesto motivato è parimenti infondato. Esso assume che mancherebbe la
prova della sussistenza dell’aggravante di aver cagionato un incidente stradale
perché tanto l’annotazione di servizio che le dichiarazioni degli operanti
sarebbero tributarie di quanto riferito dal Roppa. Orbene, se è vero che in
relazione alle dichiarazioni degli operanti aventi ad oggetto quanto appreso dal
Roppa ricorre il divieto di cui all’art. 195, co. 4 cod. proc. pen., è però altrettanto
vero che la Corte ha fatto riferimento anche al contenuto dell’annotazione di
servizio che, siccome allegata agli atti – come puntualizzato dal Collegio
distrettuale – è stata evidentemente acquisita e dichiarata utilizzabile. Su tale
aspetto nulla osserva il ricorrente.
Il settimo motivo deduce un travisamento della prova precluso per le ragioni
già esposte ed è quindi manifestamente infondato.
L’ottavo motivo, oltre a formulare l’asserzione di una mancanza di prova
dell’esser avvenuto l’incidente stradale attribuito al Bradaschia che non può
essere condivisa per le ragioni sin qui esposte, assume che non può ricondursi
alla nozione di incidente stradale valevole ai fini dell’aggravante di cui all’art.
186, co. 9bis Cod. str. il caso – come quello che occupa – dell’autovettura che
tocchi più volte – si sottintende lievemente – un veicolo che lo precede. Orbene,
la risposta non può essere che contraria, trattandosi comunque di perturbazione
del normale svolgimento della circolazione (cfr. Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012
– dep. 31/10/2012, Pititto, Rv. 253734).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17/3/2015.

appello fatto riferimento proprio alle complessive circostanze della vicenda. Ne

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