Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27153 del 06/03/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 27153 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1.
2.

CONTINI GIUSEPPE N. IL 25.06.1983
CONTINI ROBERTO N. IL 13.04.1987

Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI in data 19 marzo 2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Mario Fraticelli che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.

2.

Con l’impugnata sentenza resa in data 19 marzo 2014 la Corte d’Appello di Cagliari
ha confermato la sentenza pronunciata in data 26 luglio 2011 dal Tribunale di
Oristano, appellata dagli imputati Contini Giuseppe e Contini Roberto.
Questi erano stati tratti a giudizio e condannati, a seguito di giudizio abbreviato, alla
pena ritenuta di giustizia per rispondere dei reati di furto aggravato e simulazione di
reato
Avverso tale decisione ricorrono a mezzo del difensore di fiducia gli imputati
deducendo violazione di legge e contraddittorietà della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge in relazione al diniego
opposto dalla Corte territoriale alla richiesta di rinvio formulata dal difensore degli
imputati che aveva tempestivamente provveduto a comunicare la propria adesione
alla astensione dalle udienze proclamata dagli ordini forensi locali. La Corte ha
rigettato la richiesta, motivando in ordine alla natura camerale del giudizio d’appello.
Il motivo è fondato è assorbente.
Osserva a riguardo la Corte : numerosi arresti di questa Corte, sulla scia della
pronuncia delle Sezioni Unite, n. 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210795,
intervenuta ancor prima della novella n. 479 del 1999, hanno concordemente escluso

Data Udienza: 06/03/2015

che l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze costituisca legittima ragione
di rinvio del processo che si svolga in camera di consiglio essenzialmente sul
presupposto che il legittimo impedimento del difensore, tale dovendosi qualificare la
adesione alla astensione, non rileva nei procedimenti camerali, per i quali è infatti
previsto che i difensori, il pubblico ministero e le altre parti interessate, siano sentiti
solo se compaiono (tra le altre, Sez. 1, n. 5722 del 20/12/2012, Morano, Rv.
254807; Sez. 5, n. 36623 del 16/07/2010, Borra e altri, Rv. 248435; Sez. 6, n.
14396 del 19/02/2009, p.o. in proc. Leoni ed altri, Rv. 243263; Sez. 5, n. 16555 del
06/04/2006, Verbi, Rv. 234450; Sez. 2, n. 44357 del 11/11/2005, Vara ed altri, Rv.
233166;
Sez. 1, n. 17312 del 06/04/2004, D’Anca, Rv. 228647; nel medesimo senso, ma con
riferimento a ragioni di impedimento diverse, tra le altre, Sez. 5, n. 23323 del
23/03/2004, Collini ed altro, Rv. 228867;
Sez. 4, n. 33283 del 12/12/2001, Adducci ed altri, Rv. 222497). Alcune tra dette
pronunce hanno anche posto in evidenza, la non influenza, rispetto a tale quadro,
destinato, quindi, secondo tale prospettiva, a restare immutato, della delibera del
13/12/2007 con cui la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo
sciopero nei servizi pubblici essenziali ha valutato idoneo, in attuazione della legge
sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, il Codice di autoregolamentazione delle
astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato dagli organismi di categoria il
04/04/2007; in particolare hanno ritenuto inidoneo a determinare diverse conclusioni
il contenuto dell’art. 3, che, affinché sia considerata come “legittimo impedimento” la
mancata comparizione dell’avvocato “all’udienza o all’atto di indagine preliminare o a
qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorché
non obbligatoria”, prevede determinate modalità di dichiarazione o comunicazione;
infatti, si è detto, tale previsione “impone semplicemente al difensore, che non
intenda aderire alla proclamata astensione, di darne comunicazione all’autorità
procedente e agli altri difensori, e ciò all’evidente fine di consentire all’una e agli altri
di organizzare in maniera ordinata la propria attività. Nulla invece essa dispone, ne’
potrebbe disporre, circa la rilevanza che assume la pura e semplice assenza del
difensore, in occasione di astensione collettiva, nei procedimenti camerali.. .in cui la
sua presenza non è obbligatoria” (Sez. 6, n. 14396 del 19/02/2009, p.o. in proc.
Leoni ed altri, Rv. 243263; v. anche Sez. 2, n. 24533 del 29/05/2009, Frediani, Rv.
244785).
Tali principi sono rimasti, sino a tempi assai recenti, come subito oltre si dirà, e pur
nel passaggio da un sistema ove l’adesione all’astensione proclamata dagli organismi
dell’avvocatura non era regolamentato ad un sistema in cui, invece, per effetto
dell’accennata delibera, si è provveduto ad una specifica regolamentazione anche
all’interno del processo penale, incontroversi; va registrato, tuttavia, che, con
specifico riferimento proprio al giudizio abbreviato svolto in grado di appello, Sez. 2,
n. 13033 del 11/10/2000, Matranga, Rv. 217507, era pervenuta, a suo tempo, alla
diversa conclusione della rilevanza dell’impedimento del difensore, in generale,
facendo leva sulla necessità di una interpretazione esente da irragionevolezze idonee
ad intaccarne la tenuta costituzionale: si era considerato infatti illogico, oltre che in
contrasto con il nuovo sistema del giusto processo sancito nel novellato art. 111
Cost., ritenere l’assoluto legittimo impedimento del difensore causa di rinvio in primo
grado nel giudizio abbreviato, e non ritenerlo, invece, tale in sede di appello per il
solo fatto dell’applicabilità dell’art. 127 c.p.p., richiamato dall’art. 599 c.p.p., che, in
relazione alla forma da osservarsi in tale procedimento, prevede, quale esclusiva
causa di rinvio dell’udienza, l’impedimento dell’imputato. In definitiva, si era detto, la
collocazione dell’art. 420 ter c.p.p., nel titolo del codice che disciplina l’udienza
preliminare e la correlativa abrogazione dell’art. 486 c.p.p., avrebbero dovuto
evidenziare la volontà del legislatore di garantire e tutelare con pari rigore e senza
distinzione di sorta, sia nel procedimento camerale che nella fase dibattimentale,
l’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa dell’imputato, dovendo, dunque,
addebitarsi ad una mera carenza di coordinamento il diverso tenore dell’art. 127
c.p.p.. Se si eccettua, dunque, tale ultima decisione, la cui struttura, come appena
visto, è tale, però, da coinvolgere in generale l’assoluto impedimento del difensore al

cui interno continua dunque, implicitamente, ad essere ricondotta anche l’adesione
all’astensione dalle udienze, è solo in tempi recentissimi che la impostazione
tradizionale della irrilevanza dello “sciopero” del difensore nelle udienze camerali è
stata messa in discussione.
(cfr. Sez. 6, Sentenza n. 18753 del 16/04/2014 Ud. (dep. 06/05/2014 ) Rv.
259199

che hanno, in maniera articolata, analizzato, in particolare, i rapporti tra la disciplina codicistica
e quella del codice di autoregolamentazione e messo in luce le contraddizioni interne alla
giurisprudenza, sono giunte, infatti, a ritenere operante anche con riferimento al giudizio
abbreviato di appello la adesione all’astensione dalle udienze, essenzialmente facendo leva
sulle caratteristiche peculiari della astensione stessa, del resto riconosciute pressoché
indistintamente dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla disciplina delle cause di
sospensione della prescrizione ex art. 159 c.p. (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 10621 del
29/01/2013, M., Rv. 256067; Sez. 6, n. 26079 del 13/05/2010, G.G., non massimata) Sez. 5,
n. 18071 del 08/02/2010, Piacentino e altri, Rv. 247142; Sez. 6, n. 27842 del 10/06/2009,
Non, non massimata), non riducibile ad un mero legittimo impedimento partecipativo, ma
equiparabile all’espressione del diritto costituzionale ex art. 18 Cost., di libertà di associazione.
Successivamente, anche Sez. 1, n. 14775 del 12/03/2014, Lapresa, Rv. 259438, facendo
principalmente leva sulla decisione delle Sez. U., n. 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv.
255346 (su cui più oltre) ha concluso, sempre in fattispecie di giudizio abbreviato in grado
d’appello, per la illegittimità del disposto rinvio pur a fronte della dichiarata astensione del
difensore, anch’essa, pertanto, discostandosi dal tradizionale orientamento giurisprudenziale
ricordato.
Ciò posto, come ricordato sopra, l’orientamento maggioritario della Corte si fonda,
essenzialmente, su due assunti, e segnatamente, un primo, di carattere generale, volto a
valorizzare la mancata previsione, all’interno dell’art. 127 c.p.p. (e, per quanto concernente il
giudizio camerale di appello, all’interno dell’art. 599 c.p.p.), del legittimo impedimento del
difensore quale causa di rinvio dell’udienza e a considerare “logicamente non compatibile”, la
pretesa di rinvio del processo dovuta ad impedimento (cui, come visto, viene assimilata
l’adesione all’astensione) con la natura solo facoltativa della presenza, al pari delle altre parti,
del Difensore, all’udienza camerale ex art. 127 c.p.p. e un secondo, peculiare alla specifica
ipotesi dell’adesione all’astensione, diretto ad escludere comunque rilievo (anche, cioè, ove
l’adesione non fosse rapportabile ad un mero impedimento) ai contenuti della delibera di
approvazione del codice di autoregolamentazione.
Entrambi tali postulati, tuttavia, si prestano a rilievi ed argomentazioni tali da dovere ritenere
che la impostazione tradizionalmente adottata dalla Corte non sia oggi più sostenibile. Una
prima, preliminare, considerazione, si impone, per la verità, su di un piano generale, con
riguardo alla interpretazione che dell’art. 127 c.p.p., è stata sino ad oggi data, con la sola
eccezione di Sez. 2, n. 13033 del 2000, Matranga, cit., dalla giurisprudenza.
Se, infatti, il dato testuale della norma, là dove prevede, unicamente per l’imputato o per il
condannato, che l’udienza possa essere rinviata a fronte di un legittimo impedimento del
difensore, appare difficilmente contestabile sul piano letterale, è tutt’altro che indiscutibile che
lo stesso, significhi, per converso, in maniera inequivocabile che un tale impedimento non
possa valere anche per il difensore.
Questa Corte ha infatti già affermato, sia pure in tempi non recenti, essere ben possibile
ritenere che il contenuto effettivo di una disposizione di legge, accertato correttamente
attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica, sia più ampio di quello che
appare dalle espressioni letterali che compongono la disposizione stessa, non incontrando, una
tale interpretazione limitazioni nell’art. 14 disp. gen., giacché non amplia il contenuto effettivo
della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina
per un ingiustificato rispetto di manchevoli espressioni letterali (Sez. 3, n. 1041 del
29/04/1974, Baracca, Rv. 129191). Deve dunque ritenersi che una siffatta interpretazione ben
possa essere ammessa anche con riguardo alle disposizioni processuali penali, tanto più ove gli
effetti di essa possano dirsi ampliativi di diritti e facoltà. Ora, come già sostenuto da Sez. 2, n.
13033 del 2000, Matranga, cit. appare difficilmente compatibile, con il principio di

Sez. 6, Sentenza n. 1826 del 24/10/2013 ,Rv. 258334)

ragionevolezza e di pari trattamento di situazioni tra loro eguali, una interpretazione che
conduca a trattare diversamente, in relazione alla rilevanza o meno del legittimo impedimento
del difensore, il giudizio abbreviato di primo grado (soggetto, in virtù dell’applicabilità ad esso
delle disposizioni previste per l’udienza preliminare, richiamate dall’art. 441 c.p.p., alla
disciplina di cui all’art. 420 ter c.p.p., comma 5), da una parte, da quello di secondo grado,
dall’altra. Nè, per giungere a conclusioni diverse, parrebbe appagante il riferimento al criterio,
dedotto dalla tradizionale impostazione a giustificazione della interpretazione restrittiva
dell’art. 127 c.p.p., della ragionevole durata del processo, non comprendendosi, ancor più con
riferimento al giudizio di appello, tanto più se instaurato a seguito di processo definito in primo
grado con il rito “a prova contratta”, quale dovrebbe essere l’incidenza dello stesso tale da
condurre ad una legittima discriminazione tra le due situazioni. Va aggiunto inoltre proprio a
fronte del fatto che entrambe le situazioni, pur regolate diversamente, appaiono attenere,
quantunque in relazione a grado diverso di giudizio, al medesimo tipo di procedimento speciale
caratterizzato, per di più, sempre dalla trattazione in camera di consiglio, non parrebbe
neppure utilmente invocabile, a giustificazione del diverso trattamento, la discrezionalità
legislativa che ben può operare sì una diversa modulazione del diritto di difesa, ma a seconda,
però, delle caratteristiche tipiche dei singoli procedimenti (sì che una tale discrezionalità è
stata non a caso appropriatamente evocata dalle Sezioni Unite a giustificazione del diverso
trattamento riservato ad udienza camerale da un lato e ad udienza pubblica dall’altro : cfr.
Sez. U., n. 7551 del 08/04/1998, Cerroni, cit.); ed anzi, non potrebbe non considerarsi che, su
di un piano generale, è proprio nel grado di appello che la presenza del Difensore può
assumere una rilevanza superiore rispetto a quella rivestita dalla presenza dello stesso
imputato (cfr. Corte edu, Hermi c. Italia del 18/10/2006, p.49; Kamasinski c. Austria del
19/12/1989, p.106). 11.1. Anche l’ulteriore profilo valorizzato dalla tradizionale impostazione
secondo cui il legittimo impedimento non potrebbe operare nei procedimenti in cui, come
quello camerale, la presenza delle parti sarebbe facoltativa, si presta a valutazioni critiche; la
natura solo facoltativa della presenza, lungi dal comportare, quale approdo cui giunge in
definitiva l’indirizzo in oggetto, la neutralizzazione “tout court” degli impedimenti in cui incorra
il difensore, significa unicamente, da punto di vista logico, che lo stesso può anche, ove lo
ritenga, non comparire senza che, una volta che egli, però, decida di intervenire, non possa
non far valere le cause che un tale intervento rendano assolutamente non possibile. 12. Ciò
posto, appare comunque dirimente, anche laddove non vi fosse spazio per interpretare
diversamente l’art. 127 c.p.p., nel senso di ritenere non condivisibile l’opzione interpretativa
della irrilevanza, nel procedimento camerale, della adesione alla astensione dalle udienze,
l’insostenibilità, oggi, dell’assunto che, sino a tempi recenti, ha ricondotto la predetta adesione
ad una ipotesi di legittimo impedimento, in tal modo superandosi l’ostacolo della mancata
previsione di una specifica ipotesi con riferimento al difensore. Paradossalmente, anzi, è
proprio la conclusione, sempre di questa Corte, formatasi sul tema della sospensione delle
prescrizione, là dove si è avuto cura di precisare l’estraneità dell’adesione all’astensione
rispetto alla nozione di legittimo impedimento, ad imporre che una simile soluzione debba
operare anche con riguardo al rinvio dell’udienza.
Sotto tale profilo appaiono del tutto condivisibili le cadenze argomentative che hanno da ultimo
condotto Sez. 6 n. 1826/14 del 24/10/2013, cit. a discostarsi dalla tradizionale impostazione in
forza della ineluttabile necessità di prendere atto della incidenza, sul sistema processuale, della
regolamentazione, attuata con la deliberazione già ricordata del 13/12/2007 della
Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici
essenziali, del diritto di astensione degli avvocati. 12.1. Il primo punto da porre in evidenza è
appunto dato dall’interpretazione ormai consolidata della Corte secondo cui il limite massimo di
sessanta giorni di sospensione del corso della prescrizione non può trovare applicazione
nell’ipotesi di astensione del difensore, restando il termine prescrizionale sospeso per l’intero
periodo di differimento; e ciò, significativamente, perché l’adesione alla predetta astensione
non costituisce impedimento in senso tecnico bensì un vero e proprio “diritto al rinvio” quale
diretta conseguenza dell’esercizio del diritto costituzionale di libertà di associazione del
difensore: si è così sostenuto che la richiesta di rinvio dell’udienza per aderire ad una
astensione collettiva “deve essere considerata una richiesta tutelata dall’ordinamento col diritto
ad ottenere un differimento, ma non costituisce un impedimento in senso tecnico, visto che
non discende da una assoluta impossibilità a partecipare all’attività difensiva”, chiarendosi che
la richiesta di differimento dell’udienza per aderire ad una astensione collettiva si inquadra

Ritiene allora questo Collegio che la opzione da privilegiare non possa essere se non quella
volta, appunto, ad inquadrare l’adesione all’astensione collettiva all’interno dell’esercizio di un
diritto : da un lato è lo stesso concetto dello “impedimento a comparire” a chiarire la non
compatibilità con esso di una condotta (quella, appunto, di non intervenire all’udienza in forza
dell’adesione allo “sciopero”) non imposta da eventi o cause esterne ma dettata dalla libera
volontà di scelta della persona, e, dall’altro, non può non ritenersi significativa la riconducibilità
dell’adesione in oggetto all’interno del diritto di associazione costituzionalmente tutelato
dall’art. 18 affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 171 del 1996. È in
particolare meritevole di nota, sul punto, che la Corte abbia qualificato l’astensione degli
avvocati come “manifestazione incisiva della dinamica associativa volta alla tutela di questa
forma di lavoro autonomo”, sì da escludere che l’astensione possa “essere ricondotta a mera
facoltà di rilievo costituzionale”, rientrando piuttosto nel perimetro dei diritti “di libertà dei
singoli e dei gruppi che ispira l’intera prima parte della Costituzione”.
È, poi, addirittura determinante che, da ultimo, a tale opzione abbiano aderito le Sezioni Unite
di questa Corte con la sentenza n. 26711 del 30/05/2013, Ucciero, non massimata sul punto,
laddove le stesse hanno ritenuto, testualmente, l’adesione all’astensione di categoria “un
diritto, e non semplicemente un legittimo impedimento partecipativo”.
Ed allora, se di diritto si tratta, oltre ad essere definitivamente ultroneo, come già chiarito,
qualunque riferimento alla interpretazione del contenuto dell’art. 127 c.p.p., risulta incongruo,
una volta che sia assicurato dalla legge il contemperamento di tale diritto con i diritti
fondamentali degli altri soggetti interessati dalla funzione giudiziaria e con altri principi
costituzionali di pari valore, che lo stesso, pacificamente riconosciuto dalla stessa
giurisprudenza con riferimento ai procedimenti caratterizzati dalla pubblica udienza, non possa
trovare esplicazione nel procedimenti camerali, se non in forza di obiettive esigenze che diano
conto motivatamente di una soluzione differenziata. Ora, non solo è difficile rinvenire,
all’interno del sistema processuale penale, i riscontri della necessità di una tale soluzione
differenziata, ma è addirittura possibile cogliere un preciso riferimento normativo che
consente, in una direzione del tutto opposta, di assoggettare ad un medesimo trattamento
l’adesione del difensore che intervenga nella pubblica udienza e l’adesione che intervenga,
invece, nella udienza camerale; e tale riscontro appare dato, a ben vedere, dall’art. 3 del
codice di autoregolamentazione la cui valenza è, per affermazione delle Sezioni Unite, quella di
“fonte normativa secondaria” (Sez. U., n. 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv. 255346). Pur
occupatesi incidentalmente della problematica dell’astensione degli avvocati dalle udienze,
giacché la questione di diritto loro devoluta concerneva la portata applicativa della presunzione
di adeguatezza della sola custodia in carcere, di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, con tale
decisione le Sezioni Unite, prendendo le mosse dalla già ricordata sentenza n. 171 del 1996
della Corte costituzionale, hanno ricordato che, “allo scopo di soddisfare le esigenze di
bilanciamento tra le istanze contrapposte additate dalla richiamata pronuncia della Corte
costituzionale, la L. n. 146 del 1990, è stata appositamente novellata ad opera della L. n. 83
del 2000, con l’introduzione dell’art. 2 bis, che ha appunto previsto, per l’astensione collettiva
da parte di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, l’adozione di appositi
codici di autoregolamentazione destinati a realizzare il contemperamento con i diritti della
persona costituzionalmente tutelati di cui all’art. 1, della stessa legge, previa verifica di
idoneità da parte della apposita Commissione di garanzia”. Le Sezioni unite hanno poi
richiamato l’avvenuta adozione, in base alle nuove disposizioni, del codice di
autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007

nella seconda ipotesi prevista dall’art. 159, comma 1, n. 3, c.p. (tra le tante, Sez. 4, n. 10621
del 29/01/2013, M., Rv. 256067; Sez. 6, n. 26079 del 13/05/2010, G.G., non massimata; Sez.
5, n. 18071 del 08/02/2010, Piacentino e altri, Rv. 247142; Sez. 6, n. 27842 del 10/06/2009,
Non, non massimata; Sez. 2, 29 ottobre 2008, n. 44391, Palumbo, non massimata; Sez. 1, n.
25714 del 17/06/2008, Arena, Rv. 240460; Sez. 5, n. 33335 del 23/04/2008, Inserra, Rv.
241387; Sez. 5, n. 44924 del 14/11/2007, Marras e altro, Rv. 237914). Ora, come sottolineato
anche dalla già citata decisione di Sez. 6, n. 1826/14 del 24/10/2013, cit., una tale
qualificazione dell’adesione all’astensione non può non entrare in conflitto con la diversa
interpretazione che di essa, e sia pure con riguardo alle udienze camerali, la stessa Corte ha
dato, ponendo l’interprete di fronte alla necessità di sciogliere la evidente contraddizione in un
senso oppure nell’altro.

Sì che, in conclusione, appare corretto affermare che ai fini di una compiuta ricostruzione del
sistema processuale della partecipazione del difensore alle udienze dettato dal codice di
procedura penale non può più prescindersi dalle disposizioni del codice di
autoregolamentazione, come avveniva in un recente passato. 13. In definitiva, il giudice, nella
valutazione del corretto esercizio dell’astensione, deve necessariamente prendere anche in
considerazione le disposizioni contenute in tale codice, sia valorizzando quelle che tale
astensione non appaiono consentire sia valorizzando, come nella specie, quelle che tale
astensione, invece, prevedono, pena, altrimenti, la chiara irrazionalità di una diversa
considerazione delle due ipotesi (restando peraltro fermo spettare comunque al giudice la
verifica del rispetto delle modalità formali di comunicazione della richiesta di adesione secondo
quanto previsto dall’art. 3 del codice di autoregolamentazione).
Ed allora, con riferimento alla fattispecie oggetto del presente processo, va evidenziato che
l’art. 3, comma 1, del codice di autoregolamentazione, laddove si riferisce “all’udienza o all’atto
di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua
presenza, ancorché non obbligatoria” non opera, evidentemente, alcuna distinzione tra udienze
a cui il difensore deve partecipare in via obbligatoria ovvero in via facoltativa.
Consegue a quanto sopra che l’ordinanza (richiamata in sentenza) con cui la Corte territoriale
ha disposto, pur in presenza della ritualmente dichiarata adesione del difensore di fiducia
all’astensione dalle udienze, la trattazione del processo, in assenza dello stesso e di alcun altro
difensore e degli imputati, non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti.
Si è così determinata la nullità a regime intermedio, non sanata e ritualmente eccepita con il
ricorso, della sentenza impugnata ex artt. 178 lett. c) e 180 c.p.p..
Ne consegue l’annullamento della sentenza stessa con rinvio per nuovo giudizio ad altra
sezione della Corte d’Appello di Cagliari.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’Appello di Cagliari per
la celebrazione del giudizio di appello
Così deciso nella camera di consiglio del 6 marzo 2015
IL CONSIGLIERE E

SORE

dagli organismi di categoria e “valutato idoneo dalla Commissione di garanzia dell’attuazione
della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con deliberazione del 13 dicembre
2007, la quale ha disposto la pubblicazione del codice stesso e della citata delibera sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito Internet della stessa Commissione”.
Hanno infine ritenuto, attese tali premesse, “che il codice di che trattasi assume valore di
normativa secondaria alla quale occorre conformarsi”, ed hanno fatto applicazione concreta di
tale principio rigettando l’istanza di rinvio del difensore sulla base dell’art. 4, lett. a) del
predetto codice, che vieta l’astensione, tra l’altro, nelle udienze “afferenti misure cautelari”. La
ricostruzione operata dalle Sezioni Unite ha trovato avallo in successive sentenze delle sezioni
semplici che, in osservanza del principio ivi affermato, hanno applicato, nelle proprie decisioni,
specifiche disposizioni del codice di autoregolamentazione. Così, Sez. 6, n. 39871 del
12/07/2013, Notarianni, Rv. 256444, in fattispecie relativa a ricorso avverso un’ordinanza
emessa dal tribunale del riesame in tema di sequestro preventivo, ha rigettato l’istanza di
rinvio per astensione del difensore stabilendo che il divieto di astenersi nelle udienze “afferenti
misure cautelari”, di cui al già citato dell’art. 4, lett. a), del codice di autoregolamentazione,
deve ritenersi comprensivo anche dei procedimenti relativi a misure cautelari reali; Sez. 6, n.
51524 del 12/07/2013, Cartia, Rv. 256336 e Sez. 3, n. 7620 del 28701/2010, Settecase, Rv.
246197, hanno escluso la legittimità della dichiarazione di adesione nel caso, sempre
contemplato dall’art. 4 del codice, di processo pendente destinato a prescriversi nei novanta
giorni successivi; Sez. 6, n. 39979 del 19/09/2013 C.R., Sez. 2, n. 47145, del 17/09/2013,
F.F., Sez. 2, n. 38684 del 17/09/2013 D.P.M., e Sez. 6, n. 17 del 18/09/2013, Q.S., tutte non
massimate, hanno infine rigettato richieste di rinvio per adesione ad astensione formulate in
udienze “afferenti misure cautelari”, sempre in osservanza del predetto art. 4, lett. a).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA