Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27150 del 21/01/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 27150 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :

VIVO FLAVIA (PC) N. IL 10.06.1961

Nei confronti :
1.

GIACOMETTI MARINA N. IL 28.07.1946

2.

CIGAINA VALERIO N. IL 05.01.1954

3.

CIANCIMINO ANTONIO N. IL 28.03.1948

Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLLO DI VENEZIA in data 3 febbraio 2014

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Roberto Aniello che ha chiesto l’annullamento con
rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Per la parte civile
ricorrente è presente l’avvocato Mauro Mocchi del foro di Milano, in sostituzione del

Data Udienza: 21/01/2015

difensore di fiducia avvocato Elena Luigia Patrucchi che deposita nomina a sostituto
processuale, conclusioni e nota spese e chiede l’accoglimento del ricorso. Per Giacometti
Marina, Cigaina Valerio e Ciancimino Antonio, non ricorrenti, è presente il difensore di
fiducia avvocato Simone Zancani di Mestre che chiede il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.

Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della sentenza emessa il

Ciancimino Antonio e Giacometti Marino, assolveva gli stessi dal reato loro ascritto per non
aver commesso il fatto. Questi erano stati tratti a giudizio (e condannati in primo grado alla
pena ritenuta di giustizia) per rispondere del reato di cui agli artt. 590 e 583 1 comma
cod. pen. perché, agendo nelle rispettive qualità, il Cigaina di medico chirurgo presso la
Casa di Cura Privata “Diaz”, I operatore, Ciancimino di medico chirurgo, II operatore,
Giacometti di infermiera strumentista, nel corso dell’intervento chirurgico laparoscopico di
impianto di sistema per stimolazione gastrica impiantabile (IGS o gastropacer) cui veniva
sottoposta la signora Vivo Flavia in data 3 ottobre 2006, dimenticavano all’interno
dell’addome della paziente una garza che le causava diastasi della ferita chirurgica,
suppurazione, gonfiore e tumefazione fino al momento in cui con l’intervento chirurgico
effettuato in data 27 ottobre 2007 presso l’ospedale di Asola, la stessa veniva finalmente
estratta; così cagionando alla Vivo, per colpa, ovvero negligenza, imperizia e comunque
inosservanza delle regole dell’arte medica, lesioni personali gravi consistite in una malattia
e/o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a quaranta
giorni.
2.

Secondo la Corte territoriale- a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo gradosarebbe mancante o comunque insufficiente la prova degli elementi costitutivi del reato
ascritto agli imputati ed in particolare la riconducibilità agli stessi della derelizione della
garza.

3.

Avverso tale decisione ricorre a mezzo del proprio difensore la parte civile Vivo Flavia
lamentando violazione di legge, nonché mancanza e illogicità della motivazione,
sostenendo, in particolare che, al momento del manifestarsi dell’infezione, non vi erano
stati altri interventi sanitari, eccezion fatta per quello presso la Casa di Cura ove avevano
operato gli imputati (gli interventi di zaffatura da parte del dott. Vincenzi risultavano
effettuati in data 29 settembre e 2 ottobre 2007 mentre il processo flogistico era stato già
accertato nei primi mesi del 2007); contesta poi l’affermazione di inattendibilità dello
stesso Vincenzi, sentito come teste, operata dalla sentenza impugnata e la valutazione
delle dichiarazioni del teste Lazzarin.

24 ottobre 2012 dal Tribunale di Padova, appellata dagli imputati Cigaina Valerio,

CONSIDERATO IN DIRITTO
4.

Il ricorso è infondato. Va a riguardo richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite, per cui
il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di
delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare
specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando
conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma
del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679).

pronunziamento, premurandosi tra l’altro di precisare che il giudice dell’appello non può
limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a
quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar,
Rv. 254638), ma deve provvedere ad una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a
quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore
considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 5, n.
42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 242330). Tali principi di norma affermati in
relazione a sentenze di appello che, in riforma di quella assolutoria avevano condannato
l’imputato, sono stati ribaditi anche nella diversa ipotesi quale quella di specie, di una
pronuncia assolutoria in appello (cfr. da ultimo,

Sez. 2 n. 50643 del 18/11/2014, Rv.

261327, secondo cui, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che

riformi la decisione di condanna pronunciata in primo grado, nella specie pervenendo a una
sentenza di assoluzione, deve, sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti
con le ragioni addotte a sostegno del “decisum” impugnato, metterne in luce le carenze o le
aporie, che ne giustificano l’integrale riforma).
5.

Va innanzitutto premesso in fatto che l’addebito mosso agli imputati consisteva nell’aver
dimenticato, nel corso dell’intervento di installazione di un pacemaker gastrico finalizzato
alla cura dell’obesità, un garza nella tasca creata nell’addome per posizionare il pacemaker,
ritenuta causa di infezione guarita solo dopo la rimozione dell’apparecchio a cura di altra
equipe chirurgica il 23 ottobre del 2007 nel cui contesto era stata ritrovata e rimossa
Nella specie la pronuncia impugnata risulta fondata su una motivazione idonea a spiegare
come e perché sia possibile passare dalla affermazione della colpevolezza degli imputati,
nei termini indicati dal primo giudice, a quella di innocenza ed appare certamente dotata di
una forza persuasiva superiore della motivazione, avendo affrontato con completezza anche
gli argomenti posti a base delle odierne censure. Ed invero in particolare la Corte
territoriale con motivazione rispondente ai suindicati canoni ha ritenuto insufficiente la
prova degli elementi costitutivi del reato ascritto agli imputati. La sentenza impugnata ha
infatti sottolineato come gli elementi raccolti non consentissero di ritenere provato con
tranquillante certezza che la garza trovata il 23 ottobre fosse effettivamente stata
“dimenticata” nel corso del primo intervento. In particolare secondo la sentenza impugnata

Principi che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente ribadito dopo il suddetto

la ricostruzione oggettiva dei fatti era stata penalizzata dalla generica descrizione della
garza in questione, in spregio alle previsioni della circolare del Ministero della Salute del 2
luglio 2006 che ne imponeva la segnalazione secondo il protocollo di monitoraggio
predisposto dallo stesso Ministero, nonché la conservazione del reperto. Dunque non
consentendo i referti e l’operato della seconda equipe, difforme rispetto ai citati protocolli,
di stabilire inequivocabilmente la riconducibilità agli imputati della derelizione della garza.
In tale contesto la Corte territoriale ha esaminato la deposizione del teste Vincenzi, posta a

considerazioni astratte e non invece sulle circostanze del caso concreto, sì da non poter
essere apprezzata quale prova diretta dei fatti riferiti.
Si tratta di considerazioni nel loro complesso elaborate in termini di piena coerenza logica
ed adeguatezza argomentativa, come tali idonee a sottrarsi integralmente alle censure in
questa sede avanzate dal ricorrente.
6. Il ricorso va pertanto rigettato; ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della
ricorrente parte civile al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso nella camera di consiglio del 21 gennaio 2015

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

IL PRESIDE NTE

base della pronuncia di condanna, rilevandone l’incertezza dei ricordi e basata su

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