Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2715 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2715 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AIELLI LUCIA

De Simone Mario nato a L’Aquila il 18/10/1947;
avverso la sentenza n. 3437/2014 della Corte d’Appello di L’Aquila del 17/11/2014;
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza del 19/11/2015 la relazione del Consigliere dott.ssa Lucia Aielli
udito il Sostituto Procuratore generale dott. ssa Paola Filippi che ha concluso per
l’annullamento senza rinvio per quanto riguarda il capo A) per intervenuta prescrizione e per il
rigetto nel resto.
Udito per la parte civile Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga l’avv. Tommaso
Navarra che si è riportato alle conclusioni del Procuratore generale ed ha depositato conclusioni
scritte e nota spese;

Data Udienza: 19/11/2015

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 17.11.2014 , la Corte di appello di L’Aquila confermava la
sentenza di condanna del Tribunale di L’aquila del 5.11.2010 con la quale Mario De
Simone veniva condannato per il delitto di cui all’art. 544 bis c.p., 56, 640 c.p., e 483
c. p..
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo difensore di
fiducia, che lamenta : 1) violazione di legge processuale determinante la nullità della

avrebbe utilizzato a fondamento della sua decisione, esiti di accertamenti, da
qualificarsi irripetibili, senza predisporre gli avvisi di cui all’art. 360 c.p.p.; 2) inoltre la
Corte avrebbe posto a fondamento della sua pronuncia, rilievi fotografici ritenendo tale
corredo probatorio, assimilabile ad un documento ex art. 234 c.p.p.; 3) vizio di
motivazione e travisamento della prova laddove la Corte ha ricavato la prova della
riferibilità del fatto al prevenuto, in forza del fatto che questi era l’unico a poter
beneficiare dell’indennizzo per la morte del bovino come previsto in base alla legge
878/203 ed alla delibera regionale n. 111/2005; 4) vizio di motivazione laddove la
Corte ha ritenuto che le lesioni provocate al bovino, per mano dell’uomo, fossero
riconducibili proprio di De Simone; 5) vizio di motivazione per omessa statuizione sulle
richieste di parte civile, sintomo della superficialità della decisione.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per essere i motivi palesemente infondati.
Esso riproduce pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte
d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto,
che il ricorrente non considera né specificatamente censura. Inoltre tutte le questioni
proposte attengono a valutazioni di merito che sono insindacabili nel giudizio di
legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U. n.
24 del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. U. n. 12 del 31.5.2000, Rv. 216260; Sez. U. n.
47289 del 24.9.2003, Rv. 226074 ). Ed inoltre, nel caso in esame , ci si trova dinanzi ad
una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno, per cui il vizio di
travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di
Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla
legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha
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sentenza ( art. 178 c.p.p. in relazione all’art. 606 lett. b) c.p.p.) in quanto la Corte

quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel
processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto
valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non
potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi
in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche
dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal
primo giudice (sez. 2 n. 5223 del 24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il
giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale

in ordine alla responsabilità dell’imputato per i fatti allo stesso ascritti.
In particolare per quanto riguarda l’eccepita inutilizzabilità degli accertamenti
eseguiti dagli agenti del Corpo Forestale, presso la proprietà del De Simone , la Corte
territoriale ha chiarito che trattavasi di intervento sollecitato dallo stesso De Simone per
l’accertamento dei danni al bestiame, provocati da fauna selvatica, ove gli operanti si
sono limitati a redigere il verbale di sopralluogo descrivendo lo stato dei luoghi e le lesioni
subite dal capo di bestiame rinvenuto morto e le condizioni del medesimo, anche
mediante rilievi fotografici, ma non ad eseguire accertamenti che comportassero una
modificazione dello sto dei luoghi, sicché l’esito del loro intervento può essere definito
meramente rappresentativo e comunque non inquadrabile nell’ambito degli accertamenti
tecnici irripetibili, qualificandosi esso stesso come atto irripetibile che confluisce
automaticamente nel fascicolo del dibattimento. Questa Corte ha chiarito infatti che i
verbali di sopralluogo e di osservazione redatti dalla polizia giudiziaria, con connesse
riprese fotografiche, in quanto riproducenti persone e fatti individuati in situazioni
soggette a mutamento, costituiscono atti irripetibili ai sensi e per gli effetti di cui all’art.
431, comma primo, lett. b), cod. proc. pen., derivando l’irripetibilità dall’impossibilità di
riprodurre al dibattimento la situazione percepita e rappresentata in un determinato e non
rinnovabile contesto spaziale e temporale. Sez. 5, n.33893/2004;Rv. 229558). Quanto
alle fotografie parimenti la Corte ha correttamente qualificato il dato probatorio ai sensi
dell’art. 234 c.p.p.. In proposito va ricordato che l’art. 234 c.p.p., tra l’altro, considera
“prova documentale”, di cui è consentita l’acquisizione, la rappresentazione di fatti,
persone o cose mediante la fotografia. Questa Corte ha chiarito che, mentre il documento
grafico è già una prova precostituita se è sottoscritto dall’autore (art. 2702 c.c.), la
fotografia acquista valore di documento ai fini probatori se la paternità ed il contenuto
dell’immagine fissata siano asseverati attraverso la testimonianza di chi ne è stato
l’autore (Sez. U, n. 4 del 28/10/1998,dep. 11/03/1999, Barbagallo; Sez. 3,
n.27118/2015;Rv. 264021). La qual cosa si è puntualmente verificata nel presente
procedimento, risultando dal testo della sentenza impugnata che, in dibattimento, sono
stati sentiti gli agenti ed i sanitari che hanno effettuato il sopralluogo che hanno riferito
dello stato in cui hanno rinvenuto l’animale. Ne consegue che le fotografie acquisite al

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e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione

fascicolo per il dibattimento devono ritenersi prove documentali a tutti gli effetti e non
conseguenza di un accertamento (irripetibile) di polizia giudiziaria compiuto senza
l’osservanza dei diritti della difesa. Sia la prova orale che quella documentale si sono
dunque legittimamente formate nel dibattimento.
Parimenti inammissibili i motivi di censura attinenti alla riconducibilità
dell’uccisione dell’animale all’intervento dell’uomo ed in particolare del De Simone, che la
Corte logicamente riconduce all’imputato in quanto questi non aveva denunciato l’ingresso
di terzi nella sua proprietà e risultava unico beneficiario dell’indennizzo richiesto; da tali

con riguardo alle statuizioni civili.
Quanto alla eccepita prescrizione di cui al capo A), sollevata dal Procuratore generale, deve
rilevarsi che il termine di prescrizione di anni sette e mesi sei, dalla data di consumazione del
reato, non era decorso alla data della sentenza di appello. L’inammissibilità del ricorso per
cassazione, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la
possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla
sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266; sez. 4 n. 18641
del 20/1/2004, Rv. 228349).
Tutto ciò comporta l’inammissibilità dell’impugnazione per manifesta infondatezza dei motivi
proposti. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativannente in C 1000,00. Oltre alla condanna alla rifusione delle spese processuali
sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile che liquida in euro
3.000,00 oltre accessori di legge.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché delle spese
processuali sostenute nel grado dalla costituita parte civile Ente Nazionale Gran sasso e Monti
della Laga che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori di legge .
COSI’ DECISO IL 19.11.2015

argomentazioni la Corte fa discendere la totale conferma della sentenza di primo anche

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