Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27145 del 24/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27145 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : letto Mario, n. a Delianuova il 09/11/1968;

avverso la ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria in data 03/09/2014;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale S-à122cf— 0*V., , che ha concluso per il rigetto;
udito il Difensore di fiducia, Avv. G. Contestabile, che ha concluso per
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Ietto Mario ha proposto ricorso nei confronti dell’ordinanza con cui il Tribunale
del riesame di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame nei confronti
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 73, 74 e
80 del d.P.R. n. 309 del 1990 e 4 della legge n. 146 del 2006.

2. Con un primo motivo lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione. In particolare, con riferimento ai reati fine di cui ai

Data Udienza: 24/04/2015

capi B e C dell’imputazione lamenta come il Tribunale si sarebbe limitato ad una
supina e apodittica adesione all’ordinanza impugnata; nell’individuare il compito
dell’imputato come presunto collaboratore di Trimarchi Vincenzo con mansioni di
apripista nel trasporto della sostanza stupefacente, il Tribunale ha valorizzato i
contenuti delle conversazioni telefoniche intercettate sull’utenza di quest’ultimo;
in realtà si sarebbe limitato a riproporre solo alcune delle conversazioni

agosto 2011 e n. 3957 del 6 ottobre 2011) senza valutarle criticamente e senza
essere in grado di dimostrare che dalle stesse emerga un rapporto illecito tra i
due; nessuna delle conversazioni lascerebbe trasparire alcunché di penalmente
rilevante, in particolare non emergendo il ruolo di vedetta dell’indagato nei
confronti di Trimarchi. Anche dalla conversazione dì cui al progressivo n. 2815
non emergerebbe affatto la disponibilità dell’indagato nei confronti del gruppo
criminoso, emergendo anzi la contrarietà dello stesso a lavorare per due giorni
festivi consecutivi.
Con riguardo poi al reato associativo di cui al capo A dell’incolpazione il Tribunale
si è limitato ad affermare l’appartenenza all’azione criminale sulla base di
considerazioni sommarie e senza rispondere alle censure difensive mosse sul
punto. Segnatamente, l’ordinanza non farebbe alcun riferimento agli elementi
fondamentali ai fini dell’applicazione dell’art. 74, ovvero la messa in comune di
beni per il raggiungimento dello scopo illecito, l’immanente coscienza e volontà
di fare parte del sodalizio e di contribuire al suo illecito sviluppo e l’esistenza e
stabilità dell’accordo per quanto attiene al singolo, emergendo invece l’assoluta
marginalità ed occasionalità degli episodi ascritti rispetto al contesto
delinquenziale, e soprattutto l’esiguità del lasso temporale della vita associativa
che non possono che escludere qualsivoglia

affectio societatis

in capo

all’indagato. Anzi, a smentire la pretesa partecipazione all’associazione è la
circostanza che l’indagato ha avuto rapporti unicamente con Trimarchi ricevendo
dallo stesso indicazioni di carattere meramente lavorativo in quanto suo
superiore a livello gerarchico.

3. Con un secondo motivo lamenta il difetto motivazionale in relazione alla
sussistenza delle esigenze cautelari in particolare evidenziando che l’indagato è
stato lasciato libero per un anno dalla cessazione della contestazione associativa
ad oltre tre anni dal compimento dei diritti fine mentre nulla a suo carico è stato
rinvenuto dopo l’ottobre del 2011 non essendosi egli mai recato a colloqui con
altri consociati, non avendo posto in essere reati fine riferibili alla associazione e
non avendo adoperato comportamenti sospettosi o criminali in senso lato. Senza
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intercettate (in particolare le conversazioni di cui al progressivo n. 2887 del 15

considerare le doglianze difensive, il Tribunale ha asserito la sussistenza delle
esigenze cautelari con un “ozioso” riferimento all’art. 275, comma 3, c.p.p..

4.

Con motivi aggiunti depositati il 16/04/2015, deduce la mancanza,

contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt.
274 e 275 c.p.p. e in particolare alla applicazione della massima misura afflittiva

conseguente restituzione degli stessi al legittimo proprietario.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il primo motivo, volto a contestare sostanzialmente la lettura che il Tribunale
ha dato degli esiti delle indagini e del compendio indiziario relativamente ai reati
di cui agli artt. 73 e 80 del d.P.R. n. 309 del 1990 con riguardo allo
sdoganamento, in due distinte occasioni, del carico di stupefacente presente su
motonave e al trasporto di esso fuori del porto di Gioia Tauro, e al reato di cui
all’art. 74 del d.P.R. cit. con riguardo alla partecipazione ad associazione
finalizzata a commettere più delitti tra quelli di cui all’art. 73 ed in particolare al
fine di reperire ed acquistare dall’estero, importare e trasportare ingenti
quantitativi di cocaina, è inammissibile.
Va preliminarmente considerato che, secondo il costante orientamento di questa
Corte, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’
interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando
sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice
di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica in
rapporto alle massime di esperienza utilizzate (da ultimo, Sez. 6, n. 46301 del
30/10/2013, P.G., Corso e altri, Rv. 258164).
E, nella specie, l’ordinanza impugnata ha dato una lettura niente affatto illogica
del contenuto delle intercettazioni telefoniche intercorse tra letto e Trimarchi,
entrambi operatori del porto di Gioia Tauro, dalle quali si è tratto il
convincimento, esposto in termini sicuramente idonei ad integrare la gravità
indiziaria richiesta, che i due abbiano, nelle date del 15/08/2001 e 06/10/2011,
corrispondenti ai fatti contestati ai capi b) e c) dell’incolpazione, posto in essere
“una vera e propria staffetta per il trasporto di un carico di stupefacenti
all’esterno del porto di Gioia Tauro” incontrandosi poi con Brandimarte Giuseppe,
consegnatario degli stupefacenti stessi. Ciò ha fatto valorizzando segnatamente :
a) il significativo spostamento operato da Trimarchi, con riguardo al primo
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anche alla luce dell’intervenuto, nelle more, dissequestro di tutti i beni con

episodio, di Tetto in un turno di lavoro diverso da quello iniziale, e senza
connessioni con le esigenze lavorative vere e proprie; b) le modalità seguite dai
due in entrambe le occasioni, per uscire dal porto dopo l’arrivo del carico, e,
specificamente, ognuno di essi a bordo di un veicolo diverso, e a poca distanza
l’uno dall’altro, con letto precedente Trimarchi che si informava da questi, passo
passo, se tutto fosse a posto o se ci fossero problemi (vedi in particolare le

fatti del 6/10/2011, mentre i due ancora una volta conversavano via telefono
mentre procedevano l’uno in avanscoperta e l’altro dietro, di letto a Trimarchi a
fermarsi una volta avvistata la Guardia di Finanza senza che questi, pur tentando
una fuga a ritroso, riuscisse a sottrarsi ai militari che, infatti, l’arrestavano
trovando a bordo del veicolo da lui condotto 519,62 chilogrammi di cocaina
suddivisa in 432 panetti ed occultata in otto borsoni (in particolare, pag. 21
dell’ordinanza).
Di contro, il ricorrente ha contrastato tale lettura limitandosi nella sostanza a
sostenere non potere trarsi dalle intercettazioni richiamate elementi a proprio
carico.
Anche con riguardo al reato associativo di cui al capo a) dell’incolpazione,
l’ordinanza ha messo in rilievo, in maniera congrua e logica, alle pagg. 23 e ss.,
gli elementi indicativi, sul piano gravemente indiziario, della sussistenza del
sodalizio evidenziando come i correi dovessero necessariamente avere referenti
sul luogo di partenza delle navi provenienti dal Sud America e sottolineando la
ripetizione delle condotte ogniqualvolta fosse previsto l’arrivo dall’estero di un
carico, la messa a disposizione della gru per scaricare i container, dell’auto di
servizio per il trasporto della droga e del badge per uscire indisturbati dal

gate,

nonché l’assegnazione di ruoli e compiti precisi.
Va del resto ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 231 del 2011,
ha chiarito che il reato di cui all’art. 74 cit. si concreta in una forma speciale del
delitto di associazione per delinquere, qualificata unicamente dalla natura dei
reati-fine e non postula necessariamente la creazione di una struttura complessa
e gerarchicamente ordinata, o l’esistenza di radicamenti sul territorio o di
particolari collegamenti personali e, soprattutto, di specifiche connotazioni del
vincolo associativo.
In ogni caso, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, anche a volere
rapportarsi al reato associativo ordinario di cui all’art. 416 c.p., non è necessario,
ai fini della configurabilità del reato di associazione per delinquere, che il vincolo
associativo assuma carattere di assoluta stabilità, essendo sufficiente che esso
non sia a priori e programmaticamente circoscritto alla consumazione di uno o
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pagg. 14 – 16 e 21 – 23 dell’ordinanza); c) l’invito pressante, in occasione dei

più delitti predeterminati, in quanto l’elemento temporale insito nella nozione
stessa di stabilità del vincolo associativo non va inteso come necessario protrarsi
del legame criminale, occorrendo soltanto una partecipazione all’associazione pur
se limitata ad un breve periodo (Sez. 2, n. 19917 del 15/01/2013, Bevilacqua e
altri, Rv. 255914 e Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D. e altri, Rv. 250771).
Quanto alla partecipazione al sodalizio di letto, l’ordinanza ha evidenziato come

partecipare, fosse consapevole di prendere parte ad un’organizzazione di respiro
e vocazione internazionale e sapesse che lo stupefacente veniva consegnato ai
fratelli Brandimarte fuori dal porto.
Né il fatto di avere eventualmente avuto rapporti con il solo Trimarchi (in ciò
smentito, tuttavia, il ricorso da quanto affermato dall’ordinanza impugnata che
ha evidenziato i contatti anche con Brandimarte) potrebbe impedire la
configurabilità della consapevolezza di letto di partecipare al sodalizio posto che
l’ordinanza ha ricollegato la stessa, in maniera logica, all’inserimento del proprio
ruolo, di cui letto non poteva non rendersi conto, in una struttura basata sul
necessario contributo di più persone di cui alcune poste all’estero, da qui infatti
provenendo lo stupefacente da smerciare.
Del resto questa Corte ha già affermato non essere necessaria la conoscenza
reciproca di tutti gli associati, poiché quel che conta è la consapevolezza e
volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa
consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata
secondo lo schema legale (Sez. 1, n. 7642 del 22/04/1985, Arslan, Rv. 170231).

6. Il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta la insussistenza delle esigenze
cautelari, non risultando condotte di partecipazione del ricorrente
all’associazione successivamente all’anno 2011, è infondato.
Questa Corte ha già affermato che, valendo per i reati indicati nell’art. 275,
comma 3, tra cui, appunto, anche quello ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, la
presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, non è neppure necessario
che l’ordinanza cautelare motivi anche in ordine alla rilevanza del tempo
trascorso dalla commissione del fatto, così come richiesto dall’art. 292, comma
2, lett. c), dello stesso codice, fermo naturalmente restando che il

tempus

commissi delicti può costituire per i reati non coperti da presunzione assoluta un
elemento specifico dal quale desumere che le esigenze cautelari possono essere
soddisfatte anche con altre misure (Sez. 3, n. 27439 del 01/04/2014, P.M. in
proc. Cetrullo, Rv. 259723; Sez. 2, n. 3322 del 13/05/1997, Letizia, Rv. 208366;
Sez. 6, n. 985 del 04/03/1996, Foti, Rv. 204912).
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questi venisse reclutato ed informato dei turni “particolari” cui doveva

Sicché, in definitiva, ove la presunzione di legge non venga superata da elementi
specifici, l’attualità o meno delle esigenze è profilo che non può rilevare.
Correttamente, dunque, anche a voler prescindere dal fatto che la contestazione
in ordine al reato associativo fa riferimento, quale data di consumazione dello
stesso, sino all’anno 2013, l’ordinanza impugnata ha appunto valorizzato la
presunzione di legge per disattendere l’assunto del ricorrente.

risultino, in termini meramente negativi, condotte illecite dell’indagato, al
contrario essendo necessarie condotte che, in termini positivi, manifestino
un’irreversibile recisione dei legami con l’associazione criminosa di appartenenza
(cfr. Sez. 4, n. 34786 del 08/04/2014, Morabito, Rv. 260293); sicché, anche
sotto tale profilo, la motivazione resa dal Tribunale, laddove si è tra l’altro dato
atto della operatività sino a tempi recenti dell’associazione nelle composizione
come emersa e della sua capacità comunque di occultarsi (cambiando schede
telefoniche ed adottando altri accorgimenti) appare in linea con i principi
enunciati da questa Corte.

7.

E’ infine inammissibile per genericità il motivo nuovo presentato in data

16/04/2015 non venendo specificato per quale ragione la circostanza che nelle
more sia intervenuto il dissequestro di tutti i beni renderebbe mancanti le
esigenze cautelari alla base della misura coercitiva personale.

8. In definitiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2015.

Né la presunzione in oggetto può ritenersi superata per il mero fatto che non

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