Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27137 del 19/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27137 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mastroiaco Diego, nato a Rieti il 17/08/1991,

avverso l’ordinanza del 08/05/2014 del Tribunale del riesame di Rieti;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.11 sig. Diego Mastroiacovo ricorre, per il tramite del difensore di fiducia,
per l’annullamento dell’ordinanza del 08/05/2014 del Tribunale di Rieti che ha
respinto l’istanza di riesame da lui proposta contro il decreto del 04/07/2014 con
il quale il Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale,
ipotizzando la sussistenza indiziaria del reato di cui all’ art. 4, commi 1 e 4-bis,
legge 13 dicembre 1989, n. 401, aveva ordinato il sequestro preventivo dei locali
dell’agenzia Stanleybet, sita in Rieti, Via Pedini, 366.

Data Udienza: 19/02/2015

Il sequestro era stato adottato a seguito di intervento della polizia giudiziaria
che aveva accertato che nei locali in questione veniva organizzata ed effettuata
la raccolta di scommesse per conto della Stanleybet Malta benché il titolare
dell’agenzia fosse privo della autorizzazione di polizia di cui all’art. 88, T.U.L.P.S.,
e della concessione dell’Amministrazione dei Monopoli dello Stato.
Il Mastroiaco, infatti, aveva chiesto alla competente Autorità di P.S. il rilascio
dell’autorizzazione ma quest’ultima non si era ancora espressa.
Si tratta di circostanza, quest’ultima, che nell’ottica dell’ordinanza

questione.
Non hanno dunque rilievo, secondo il Tribunale del riesame, le pur diffuse
argomentazioni difensive in ordine alla compatibilità della normativa italiana in
materia di esercizio dell’attività di scommesse con i principi comunitari in materia
di parità di trattamento, trasparenza e certezza del diritto; questioni ritenute,
oltre che infondate, in ogni caso del tutto superflue nel caso concreto poiché il
ricorrente aveva avviato la propria attività senza nemmeno attendere la risposta
alla richiesta di rilascio dell’autorizzazione.
1.1.Con unico, articolato motivo il difensore del Mastroiaco eccepisce
violazione di legge, erronea interpretazione della legge penale, carenza ed
illogicità della motivazione, deducendo, sinteticamente e per quanto qui rileva,
che: a) Stanley è munita di autorizzazione e licenza nello Stato in cui ha sede
legale, come ormai incontestabilmente riconosciuto dalla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea e da questa Suprema Corte di cassazione; b) sussistono
ancora ostacoli, limiti e vincoli alla partecipazione di Stanley alle gare indette
dall’amministrazione dei Monopoli di Stato; c) le ultime procedure di gara
contengono i medesimi limiti e vincoli per Stanley, già censurati dai giudici
comunitari e nazionali; d) per questa ragione questa Corte di cassazione, in un
caso analogo, con ordinanza del 05/04/2014, ha trasmesso gli atti alla Corte di
Giustizia dell’Unione Europea sollevando questione pregiudiziale, ai sensi dell’art.
267 del Trattamento sul funzionamento dell’Unione europea, in ordine alla
compatibilità del bando di gara indetto nell’anno 2012 con gli artt. 49 e ss. e 56
e ss. del T.f.u.e., come anche interpretati dalla sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea del 16/02/2012 n. 72; e) il 21/02/2014, il Mastroíaco aveva
presentato alla Questura di Rieti domanda di autorizzazione di polizia e di licenza
ex art. 88, t.u.l.p.s., per l’attività di intermediazione e di trasmissione dei dati
inerenti proposte negoziali di giocate; f) il il 25/03/2014 la Questura aveva
trasmesso comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi
dell’art. 10-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241, preannunciando i motivi ostativi
all’accoglimento della richiesta; g) la mancata prospettazione di ragioni di ordine
pubblico ostative all’accoglimento della domanda e la mancanza di elementi

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impugnata assume portata dirimente ed assorbente rispetto ad ogni altra

soggettivi squalificanti idonei per giustificare una limitazione del legittimo
esercizio delle libertà fondamentali sancite e tutelate dalla Trattato dell’Unione
Europea, rendono discriminatorio il prospettato diniego e giustificano la
disapplicazione dell’art. 88, t.u.l.p.s..

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.Come ricordato dal ricorrente, questa Suprema Corte con cinque distinte
ordinanze rese all’udienza del 05/02/2014, ha trasmesso gli atti alla Corte di
Giustizia perché si pronunci sui seguenti quesiti: a) se l’art. 49 e ss. e art. 56 e
ss. del T.f.u.e., come anche letti dalla sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea del 16/02/2012 n. 72, vadano interpretati nel senso che essi
ostano a che venga bandita gara riguardante concessioni di durata inferiore a
quelle in passato rilasciate, laddove detta gara sia stata indetta all’affermato fine
di rimediare alle conseguenze derivanti dall’illegittimità dell’esclusione di un certo
numero di operatori dalle gare precedenti; b) se l’art. 49 e ss. e art. 56 e ss. del
T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, vadano interpretati nel senso che essi ostano a che
l’esigenza di allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca
giustificazione adeguata di una durata delle concessioni poste in gara ridotta
rispetto a quella dei rapporti concessori in passato attribuiti; c) se l’art. 49 e ss.
e art. 56 e ss. del T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta sentenza della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea, vadano interpretati nel senso che essi ostano ad
una previsione di obbligo di cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni
materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di
raccolta del gioco in caso di cessazione dell’attività per scadenza del termine
finale della concessione o per effetto di provvedimenti di decadenza o revoca.
3.1. Anche nei cinque casi già scrutinati da questa Corte i ricorrenti agivano
per conto di Stanleybet Malta e le questioni di diritto sollevate con l’odierno
ricorso sono del tutto identiche a quelle già esposte con i ricorsi esaminati
all’udienza del 05/02/2014.
3.2.Quel che rende peculiare l’odierna fattispecie è la circostanza che
mentre negli altri casi la licenza di polizia di cui all’art. 88, t.u.l.p.s., era stata
espressamente negata dal Questore sul rilievo della mancanza della concessione
dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato, nel caso in esame il ricorrente ha
iniziato ad operare senza nemmeno attendere un provvedimento formale di
accoglimento o di diniego della propria domanda che nulla esclude avrebbe

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2. Il ricorso è inammissibile perché palesemente infondato.

potuto essere accolta oppure negata per ragioni di ordine pubblico niente affatto
collegate alla mancanza della concessione.
3.3.Nè al provvedimento formale di diniego può essere equiparata la
comunicazione resa ai sensi dell’art. 10-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241, con la
quale l’amministrazione preannuncia al richiedente i possibili motivi ostativi
all’accoglimento della domanda, al fine di sollecitare, su di essi, un
contraddittorio vero e non di stile e garantire una partecipazione effettiva al
procedimento amministrativo.

siano le specifiche ragioni addotte dalla Questura a giustificazione del possibile
diniego, il che impedisce di apprezzare se esse attenessero o meno a ragioni di
ordine pubblico diverse da quelle ipotizzate con l’odierno ricorso.
3.5.Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3.6.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
sì fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 19/02/2015

3.4.Peraltro il ricorso è generico sul punto perché non spiega nemmeno quali

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