Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27129 del 26/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27129 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ndibaza Funeka Ntombokulidwa Cinderella, nata 1’8 aprile 1980
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 20 giugno 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 26/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza del 20 giugno 2014, la Corte d’appello di Napoli ha
confermato — quanto alla responsabilità penale — la sentenza del Gup del Tribunale di
Napoli del 5 dicembre 2013, resa a seguito di giudizio abbreviato, con la quale – per
quanto qui rileva — l’imputata Ndibaza Funeka era stata condannata, per il reato di cui
agli articoli 73, comma 1, e 80, comma 1, lettera b) , e comma 2, del d.P.R. n. 309 del
1990, perché, in concorso con altro soggetto e con una minore, deteneva 12,3 kg di

territoriale ha concesso all’imputata le circostanze attenuanti generiche equivalenti
alla contestata aggravante e ha conseguentemente rideterminato la pena principale in
anni 5 e mesi 4 di reclusione ed euro 22.000,00 di multa.
2. — Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, lamentando, in primo luogo, la mancanza di motivazione in merito alla
concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione di legge
e rilevando che il trattamento sanzionatorio applicato in concreto sarebbe
sproporzionato rispetto all’entità del fatto e alla personalità della stessa imputata.
In secondo luogo, si deduce il difetto di motivazione quanto alle circostanze
aggravanti di cui all’art. 80, comma 1, lettera b) , e comma 2, del d.P.R. n. 309 del
1990, sostenendo che la quantità dello stupefacente non avrebbe potuto essere
considerata ingente e che la minore che aveva partecipato al trasporto era
semplicemente la figlia del coimputato e non era stata minimamente coinvolta nelle
condotte contestate nel capo di imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità.
Esso contiene, infatti, mere índimostrate asserzioni, del tutto sganciate da
un’analisi critica del contenuto della sentenza impugnata, relative all’eccessività della
pena, anche per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella
massima estensione, e relative alle circostanze aggravanti.
Deve rilevarsi, quanto al primo profilo, che la difesa non prospetta
compiutamente elementi di giudizio che sarebbero stati travisati o non presi in
considerazione dai giudici di merito nella determinazione del trattamento
sanzionatorio. Quanto al secondo profilo, la stessa difesa si limita sostanzialmente ad
affermare, senza spiegarne le ragioni, che le circostanze aggravanti non sarebbero
applicabili nel caso di specie, perché la quantità di stupefacente non sarebbe ingente e
non vi sarebbe prova della partecipazione della minore, figlia del coimputato, al

eroina, nascosti nel doppio fondo delle valigie dagli stessi trasportate. La Corte

trasporto dello stupefacente stesso. E del resto, dalla lettura della motivazione della
sentenza impugnata – che si pone, sul punto, in continuità con quella di primo grado
— emerge che le dosi ricavabili dallo stupefacente sequestrato erano ben 145.178,9 e
che la minore, che alloggiava nello stesso albergo dell’imputata, aveva attivamente
partecipato al trasporto delle valige contenenti lo stupefacente stesso.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale

abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2015.

e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte

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