Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27125 del 26/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27125 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Marreri Michele Angelo, nato il 2 dicembre 1974
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di
Sassari del 21 novembre 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso per l’inammi-ssibilità del ricorso.

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Data Udienza: 26/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza del 21 novembre 2013, la Corte d’appello di Cagliari
sezione distaccata di Sassari ha parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di
Nuoro del 5 marzo 2012, con la quale l’imputato era stato condannato per una serie di
contravvenzioni urbanistiche e paesaggistiche, tra le quali, quelle qualificate ex art.
181 del d.lgs. n. 42 del 2004 e ricondotte all’ambito di applicazione del comma 1-bis
di tale articolo (capi b e d dell’imputazione), per avere, in zona sottoposta a vincolo

della prescritta autorizzazione, un locale seminterrato e una mansarda abitabile (il 10
maggio 2006). La Corte d’appello ha dichiarato non doversi procedere per i capi a, c, e
(artt. 44, comma 1, lettera b, e 64, 65, 71, 72 del d.P.R. n. 380 del 2001), perché
estinti per prescrizione, e ha rideterminato la pena per i residui capi b e d nella misura
di nove mesi di reclusione, confermando l’ordine di demolizione e la rinnessione in
pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato, già disposti in primo grado.
2. — Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, deducendo, in primo luogo, la violazione dell’art. 521 cod. proc.
penale, per difetto di correlazione tra i reati di cui ai capi bedei fatti ritenuti in
sentenza, qualificati dai giudici di merito come delitti ex art. 181, comma 1-bis, del
d.lgs. n. 42 del 2004. Secondo la ricostruzione difensiva, dall’imputazione non
risultava la qualificazione dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico quale area di
notevole interesse pubblico. La stessa Corte d’appello avrebbe individuato la
dichiarazione di notevole interesse pubblico, presupposto per l’applicazione del
richiamato comma 1-bis, nel decreto ministeriale 8 agosto 1967, il cui contenuto non
era precisato nell’imputazione.
Con un secondo motivo di doglianza, si rilevami l’erronea applicazione dell’art.
31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, perché, nonostante la Corte d’appello abbia
dichiarato prescritte le violazioni dell’art. 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380
del 2001, là stessa non ha provveduto a revocare l’ordine di demolizione, il quale
consegue come sanzione solo a tali violazioni e non anche alle violazioni
paesaggistiche.
In terzo luogo, si deduce la violazione dell’art. 181, comma 2, del d.lgs. n. 42
del 2004, perché non si sarebbe tenuto conto del fatto che vi era stata sanatoria ai fini
paesaggistici, con regolare pagamento delle somme dovute, come emergerebbe dalla
determinazione n. 2332 del 20 ottobre 2010 del Servizio tutela paesaggistica per le
Province di Nuoro e Ogliastra.

paesaggistico ai sensi del decreto ministeriale 8 agosto 1967, realizzato, in mancanza

Si prospetta, infine, la carenza di motivazione quanto alla responsabilità penale,
perché non sarebbe stato accertato se l’imputato aveva alla qualità di committente o
esecutore materiale delle opere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza,

commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come
reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa
sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli
atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in
considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che
la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza
ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma
ad una mera “constatazione”.
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si
troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità
di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,
essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva

(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui l’unico
motivo di ricorso riferito alla sussistenza della responsabilità penale è il quarto motivo,
con cui si prospetta la mancanza della motivazione della sentenza impugnata quanto
alla qualità di committente o esecutore materiale delle opere in capo all’imputato; con
la conseguenza che il suo eventuale con accoglimento potrebbe portare al più

emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha

- all’annullamento con rinvio della sentenza stessa. Analoghe considerazioni valgono in
relazione al terzo motivo — con cui si lamenta la mancata considerazione dell’avvenuta
estinzione delle violazioni paesaggistiche per sanatoria da parte della Corte d’appello
— trattandosi anche in questo caso di un aspetto che comporta valutazioni di merito,
precluse a questa Corte.
Né il ricorso può essere ritenuto inammissibile, perché, il primo motivo, relativo
al difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, risulta non manifestamente

opere edilizie erano state realizzate fossero sottoposte al vincolo di notevole interesse
pubblico, mentre tale circostanza si desume solo dall’esame del d.nn. 8 agosto 1967.
Oltre a ciò, deve rilevarsi che il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata
revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado, è fondato.
La Corte d’appello ha infatti dichiarato non doversi procedere per intervenuta
prescrizione in relazione alle contravvenzioni di cui all’art. 44, comma 1, lettera b), del
d.P.R. n. 380 del 2001, cui tale sanzione accedeva, ai sensi dell’art. 31, comma 9,
dello stesso d.P.R. n. 380.
3.3. – Dall’esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già
ampiamente decorso.
Infatti i reati sono stati contestati come commessi il 10 maggio 2006; a partire
da tale data, deve essere computato il termine complessivo di 7 anni e 6 mesi,
applicabile per i delitti, cui devono essere aggiunti 6 mesi e 7 giorni di sospensione
della prescrizione (come computati a pag. 5 della sentenza impugnata), giungendosi
così alla data del 17 maggio 2014, precedente alla pronuncia della presente sentenza.
4. – La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché
i reati residui sono estinti per intervenuta prescrizione, con revoca degli ordini di
demolizione e rimessione in pristino.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i residui reati estinti per
prescrizione. Revoca gli ordini di demolizione e rinnessione in pristino.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2015.

infondato, in quanto, dalla lettura dei capi b e d non emerge che le aree nelle quali le

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