Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27121 del 05/03/2015

Penale Sent. Sez. 3 Num. 27121 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto dl
X.S.,
avverso la sentenza del 25-11-2010 del tribunale di Orvieto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’avvocato E.G. che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 05/03/2015

..
RITENUTO IN FATTO

1. X.S. ha proposto appello, convertito in ricorso per
cassazione, nei confronti della sentenza indicata in epigrafe con la quale il
tribunale di Orvieto lo aveva condannato alla pena di euro 10.000 di ammenda
per il reato (capo a) previsto dall’articolo 36, commi 1 e 2, in relazione
all’articolo 55, comma 4, lettera a) del decreto legislativo n. 81 del 2008 perché,
in qualità di titolare della ditta Italcostruzioni e di datore di lavoro, non

per la salute e la sicurezza sul lavoro, per le procedure che riguardavano il primo
soccorso, la lotta antincendio ed evacuazione dei luoghi di lavoro; sui nominativi
dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; sui
nominativi del responsabile degli addetti al servizio di prevenzione e protezione e
del medico competente; sui rischi specifici cui si è esposti in relazione all’attività
svolta; sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi; sulle
misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; per il reato (capo b)
previsto dall’articolo 43, comma 1, lettera b) stessa legge perché, nella predetta
qualità, non designava, previamente, i lavoratori incaricati dell’attuazione delle
misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di
lavoro, di salvataggio e di primo soccorso e comunque di gestione
dell’emergenza; del reato (capo c) previsto dall’articolo 117, comma 1, lettera b)
stessa legge perché, nella predetta qualità, non designava il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi; del reato (capo d) previsto
dall’articolo 4 comma 2, del decreto legislativo 626 del 1994 in relazione
all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 494 del 1996 perché, nella
predetta qualità, non elaborava un documento contenente una relazione sulla
valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro;
l’individuazione delle misure di prevenzione di protezione; il programma delle
misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza; reati accertati in Fabro il 6 agosto 2008; ed infine della
contravvenzione prevista dall’articolo 71, comma 4 decreto legislativo 81 del
2008 perché, sempre nella predetta qualità, non installava ed utilizzava, nel
cantiere edile di Fabro, le attrezzature di lavoro (betoniere) in conformità alle
istruzioni d’uso (priva di collegamento a terra per l’elettricità). Accertato in Fabro
il 25 giugno 2008.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza il ricorrente ha articolato due
motivi di gravame, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizioni di
attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
2

provvedeva a fornire a ciascun lavoratore una adeguata informazione sui rischi

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione (articolo
606, comma 1, lettera e), codice procedura penale) sul rilievo che il tribunale ha
omesso di analizzare con la debita attenzione la posizione giuridica del ricorrente
il quale assume che, in tutte le attività lavorative svolte dalla sua piccola impresa
è stato sempre il solo ed unico referente del servizio di prevenzione dei rischi e
di protezione ciascun lavoratore, anche in caso di incendio; all’epoca del
sopralluogo, effettuato dalle forze dell’ordine, il cantiere era chiuso, in virtù di un
ordine di sospensione dei lavori e che i due operai trovati dalle forze dell’ordine

disposizione dell’azienda, nell’attesa dello sblocco dei lavori per riprendere la loro
attività. Il padre del ricorrente, nonché proprietario della villetta adiacente al
cantiere, a titolo di mera cortesia, ed in una situazione di emergenza, si era
rivolto ai suddetti operai per chiedere loro di effettuare una piccola riparazione
sul prospetto esterno della stessa. Gli operai, per una forma di cortesia verso
l’anziano signore e per rispetto verso il proprio datore di lavoro, si attivarono
immediatamente in tal senso soprattutto all’insaputa del ricorrente, loro datore
di lavoro, il quale in quel momento si trovava 170 km di distanza dal cantiere.
Ne consegue che il ricorrente non aveva mai dato l’ordine di usare strumenti di
lavoro come la betoniera, la quale era stata dunque messa in funzione a sua
insaputa.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’inosservanza e l’erronea
applicazione della legge processuale (articolo 606, comma 1, lettera c), codice di
procedura penale) sul rilievo che, durante il dibattimento, il tribunale era in corso
in una macroscopica violazione del diritto di difesa in quanto all’udienza del 20
aprile 2010, nella quale era prevista l’audizione del ricorrente in qualità di
imputato, costui non era presente avendo fatto pervenire 1 certificato medico
rilasciato dall’ospedale Grassi di Ostia, datato 19 aprile 2010, ed attestante una
“labirintite acuta”, con contestuale prescrizione al ricorrente da parte del medico
certificante di giorni 3 di riposo. Nonostante la predetta produzione il tribunale,
sulla richiesta formulata dalla difesa di esame dell’imputato e del suo
differimento per legittimo impedimento, non prendeva in alcuna considerazione il
certificato medico adducendo che la malattia del ricorrente non rappresentava un
vero e reale legittimo impedimento perché tale certificato “non giustificava
adeguatamente l’impossibilità a comparire dell’imputato”.

Pertanto dichiarava

chiusa l’istruttoria dibattimentale e rinviava il processo all’udienza del 25
novembre 2010 per la conclusioni.

3

sul luogo alloggiavano in un fabbricato adiacente alla cantiere, messo a

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché presentato al di fuori dei casi consentiti
(primo motivo) e per manifesta infondatezza (secondo motivo).

2. Quanto al primo motivo, è di tutta evidenza come la doglianza si
concentri esclusivamente su censure di carattere fattuale il cui ingresso non è
consentito nel giudizio di legittimità.

abbia affermato che, all’atto del primo e secondo sopralluogo, il cantiere era
stato trovato in attività, nonostante la sospensione dei lavori ordinata dal
Comune sin dal precedente mese di maggio, e gli accertatori verificarono
l’utilizzazione della betoniera non in regola perché priva dell’impianto di messa a
terra. Quanto alle violazioni delle norme sulla sicurezza sul luogo di lavoro, il
tribunale ha richiamato la prova testimoniale, avendo il teste affermato che la
verifica del rispetto delle prescrizioni di legge si era conclusa nel senso del
completo accertamento delle irregolarità contestate posto che dall’esame della
documentazione emergeva il loro mancato assolvimento. Né il datore di lavoro
aveva fatto pervenire altra documentazione, della quale pure si era riservato la
trasmissione.
Al cospetto di tali risultanze emergenti dal testo della sentenza impugnata le
censure del ricorrente si concentrano e si diffondono sugli aspetti fattuali della
vicenda ed esse tendono prevalentemente a supportare un’interpretazione
alternativa dei fatti, preclusa in sede di legittimità.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di
impedimento dell’imputato a comparire, è rimessa al giudice, previa adeguata
motivazione, la valutazione non solo della gravità e del carattere assoluto dello
stesso, ma anche della sua attualità, con la conseguenza che è legittimo il
provvedimento con il quale il giudice, acquisito il certificato medico prodotto dal
difensore, valuti, anche indipendentemente da verifiche fiscali e facendo ricorso
a nozioni di comune esperienza debitamente esposte, l’insussistenza di una
condizione tale da comportare l’impossibilità per l’imputato di comparire in
giudizio (ex multis e da ultimo, Sez. 4, n. 7979 del 28/01/2014, Basile, Rv.
259287).
Le ragioni del mancato riconoscimento del legittimo impedimento, così come
anche riportate nel motivo di ricorso, danno ampiamente conto di come il
tribunale avesse adeguatamente e logicamente escluso l’impossibilità assoluta
della comparizione sulla base della semplice prescrizione medica rivolta

Va solo ricordato come il tribunale, con logica ed adeguata motivazione,

all’imputato di osservare tre giorni di riposo, senza altra indicazione dalla quale
desumere che la presenza in dibattimento avrebbe gravemente compromesso il
diritto di salute dell’imputato stesso.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.

giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 05/03/2015

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13

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