Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27119 del 05/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27119 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale presso la Corte di appello di Venezia
nei confronti di
Bertozzi Marco, nato a Novara il 29-10-1955
avverso la sentenza del 14-3-2014 del tribunale di Treviso;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per il ricorrente l’avvocato Antonino Ordile che ha concluso per il rigetto del
ricorso del P.G.;

Data Udienza: 05/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Venezia ricorre,
omisso medio, per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la
quale il tribunale di Treviso ha assolto Marco Bertozzi dal reato previsto
dall’articolo 2, comma 1

bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463

convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638 (omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali riferite al periodo compreso dal mese di

Nel pervenire a tale conclusione il tribunale ha osservato come mancasse la
certezza della prova in ordine al pagamento degli stipendi ai dipendenti sul
rilievo che nel periodo di riferimento l’azienda fosse sprovvista di liquidità, con la
conseguenza che non risultasse

“fornita prova certa della sussistenza

dell’elemento materiale del reato, né dell’elemento soggettivo, atteso che per
alcuni periodi contestati l’obbligo di adempiere non risultava a carico
dell’imputato, a causa delle procedure fallimentari cui era stata sottoposta la
ditta”.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza il ricorrente ha articolato un
unico motivo di gravame, enunciato, ai sensi dell’articolo 173 disposizioni di
attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la
motivazione.
Con esso il ricorrente deduce la violazione e l’erronea applicazione
dell’articolo 2, comma 1 bis, D. L. 463 del 1983 convertito in legge 638 del 1983
(articolo 606, comma 1, lett. b), codice di procedura penale).
Assume il ricorrente che il giudice di primo grado, per giustificare la
pronuncia assolutoria ha ritenuto che non vi fosse la prova che l’imputato si
trovasse, nel momento in cui avrebbe dovuto effettuare i versamenti omessi, in
una situazione economica tale da consentire gli esborsi e neppure vi sarebbe la
prova del dolo (generico) del reato in contestazione, dolo che presupporrebbe la
scelta consapevole, da parte del datore di lavoro, di omettere i versamenti
dovuti.
Secondo il ricorrente, il tribunale, così ragionando, avrebbe disatteso il
consolidato orientamento espresso in sede di legittimità secondo il quale il reato
di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è configurabile
anche nel caso in cui sia certi l’esistenza del successivo stato di insolvenza
dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al
momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da
poter adempiere all’obbligo di versamento delle ritenute, anche se ciò possa
riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime.

2

febbraio al mese di novembre 2009) perché il fatto non costituisce reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile nei limiti e sulla base delle considerazioni che
seguono.

2. Al cospetto di due evidenti rationes decidendi (mancanza della prova del
pagamento delle retribuzioni e mancanza della prova del dolo dovuta alla crisi di
liquidità), entrambe riscontrabili dal testo del provvedimento impugnato e da

formula, il ricorrente ha impugnato esclusivamente il punto della decisione che
ha ritenuto l’infondatezza dell’accusa sulla base dell’insussistenza dell’elemento
soggettivo del reato.
Con un indirizzo già affermato sotto il vigore del codice precedente (Sez. 1,
n. 14384 del 17/11/1986, Biordi, Rv. 174679), questa Corte ha ribadito,
sebbene con orientamento non recente ma ampiamente condivisibile, che, nel
caso in cui la decisione di un punto della sentenza del giudice del merito sia
giustificata in base ad una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna
delle quali sia giuridicamente e logicamente sufficiente a sorreggere, da sola, la
pronuncia, l’impugnativa portata ad una sola di tali ragioni rende la stessa
inammissibile per difetto di interesse, posto che da una pronuncia favorevole
sulla stessa non potrebbe derivare all’impugnante quella modificazione della sua
situazione processuale, che costituisce il contenuto dell’interesse che, per
espresso dettato normativo, deve sottostare ad ogni impugnazione (Sez. 1, n.
4834 del 12/11/1993, Saccà, Rv. 195589).
Ne consegue che il ricorso per Cassazione, per poter far conseguire al
ricorrente il risultato pratico dell’annullamento della sentenza impugnata, deve
investire, con specifiche censure, tutte e ciascuna delle rationes decidendi,
giacché l’omessa impugnazione anche di una sola di esse rende inammissibile il
ricorso riguardante le altre.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso il 05/03/2015

sole autosufficienti per giustificare la pronuncia assolutoria, sebbene con diversa

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