Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27115 del 19/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 27115 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1)

La Penna Emanuele, nato ad Andria il 08-08-1972

2)

Nicolamarino Francesco, nato ad Andria il 21-02-1972

3)

Griner Vito, nato ad Andria il 16-03-1979
Quagliarella Riccardo, nato ad Andria il 09-08-1984

5) leva Michele, nato ad Andria il 02-08-1983

DEPOSITATA CJCELUR1A

Erminio Giovanni, nato ad Andria il 04-12-1977
7)

Acri Salvatore, nato ad Andria il 17-03-1985

8)

Pastore Francesco, nato ad Andria il 16-08-1985

9)

Di Fonso Pietro, nato ad Andria il 17-01-1978

10) Di Fonso Domenico, nato ad Andria il 25-02-1981
11) Sgaramella Riccardo, nato ad Andria il 12-12-1974
12) D’Oria Savino, nato ad Andria il 24-02-1978
13) Suppa Massimo, nato ad Andria il 22-11-1974
14) Coratella Giuseppe, nato ad Andria il 19-10-1977
15) Monterisi Riccardo, nato ad Andria il 13-12-1984
16) Montrone Giuseppe, nato ad Andria il 15-04-1960

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Data Udienza: 19/02/2015

17) Sibio Michele, nato ad Andria il 26-06-1966
18) Terlizzi Michele, nato ad Andria il 29-04-1972
19) Capogna Nunzia, nata ad Andria il 24-11-1982
20) Montrone Domenico, nato ad Andria il 12-03-1974
21) Pastore Nunzio, nato ad Andria il 04-03-1972
22) Fortunato Riccardo, nato ad Andria il 02-07-1978
23) De Giovanni Riccardo, nato ad Andria 25-07-1976
avverso la sentenza del 18-11-2013 della Corte di appello di Bari;

udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giulio Romano che ha concluso
per l’inammissibilità dei ricorsi di Di Fonso Pietro, Erminio Giovanni, Pastore
Nunzio, Terlizzi Michele, D’Oria Savino e Coratella Giuseppe e per l’annullamento
con rinvio limitatamente alla determinazione della pena nei confronti di Riccardo
Fortunato, con il rigetto nel resto. Rigetto dei rimanenti ricorsi;
udito per i ricorrenti

2

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di
appello di Bari, in riforma di quella resa dal GUP presso il medesimo tribunale del
4 maggio 2012, ha per quanto qui interessa:
1) riqualificato nei confronti di Emanuele Lie ■

PENNA, Francesco

NICOLAMARINO, Vito GRINER e Riccardo QUAGLIARELLA l’imputazione di cui al
capo A, ex art. 74 comma 1-3 DPR n.309/90, in quella di cui ai commi 2-3 della

generiche ritenute prevalenti sulle aggravanti rispettivamente contestate,

ha

rideterminato la pena nei confronti di Emanuele LA PENNA in anni otto e mesi
quattro di reclusione; Francesco NICOLAMARTNO in anni otto e mesi otto di
reclusione; Vito GRINER in anni nove e mesi quattro di reclusione; Riccardo
QUAGLIARELLA in anni otto di reclusione;
Francesco 2) riconosciute a Michele IEVA, Giovanni, ERMINIO Salvatore
ACRI, PASTORE, Pietro DI FONSO, Domenico DI FONSO, Riccardo SGARAMELLA,
Sabino D’ORIA, Massimo SUPPA, Giuseppe CORATELLA, Riccardo MONTERISI,
Giuseppe MONTRONE, Michele SIBIO, Michele TERLIZZI, Domenico MONTRONE,
Riccardo DE GIOVANNI, Nunzio PASTORE e Nunzia CAPOGNA le circostanze
attenuanti generiche ritenute prevalenti sulle aggravanti rispettivamente
contestate, ha rideterminato la pena nei confronti di IEVA Michele in anni sei e
mesi otto di reclusione; ERMINIO Giovanni in anni sette di reclusione; ACRI
Salvatore in anni sette mesi sei di reclusione; PASTORE Francesco in anni tre,
mesi otto di reclusione ed euro 18.000,00 di multa; DI FONSO Pietro e DI
FONSO Domenico in anni sette di reclusione; SGARAMELLA Riccardo in anni otto

di reclusione; D’ORIA Sabino in anni sei mesi otto di reclusione; SUPPA Massimo
in anni sette di reclusione; CORATELLA Giuseppe in anni sette mesi quattro di
reclusione; MONTERISI Riccardo e MONTRONE Giuseppe in anni sei e mesi otto
di reclusione; SIBIO Michele in anni sette e mesi due di reclusione; TERLIZZI
Michele, MONTRONE Domenico e PASTORE Nunzio in anni sei e mesi otto di
reclusione; DE GIOVANNI Riccardo in anni sei e mesi dieci di reclusione;
CAPOGNA Nunzia in anni sei di reclusione;
3)confernnato nel resto la sentenza impugnata nei confronti di Fortunato
Riccardo;
4) revocato la confisca dei beni in danno di Quagliarella Riccardo (Impresa
individuale denominata “Panificio e tarallificio di Quagliarella Cosimo’ e
autovettura tg. CC001XE intestata a Bruno Filomena) ordinandone la restituzione
in favore degli aventi diritto e confermando le ulteriori statuizioni di confisca;

3

medesima disposizione e riconosciute ai suddetti le circostanze attenuanti

5)revocato la confisca in danno di Nicolamarino Francesco limitatamente
all’immobile sito nel comune di Andria alla via Lago di Lesina n.9 intestato a
Penna Lucia ordinandone la restituzione all’avente diritto;
6)confermato la confisca dei beni in danno di La Penna Emanuele,
confermando nel resto la sentenza impugnata.
Ai suddetti ricorrenti era contestato il reato di associazione per delinquere
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (articolo 74 d.p.r. 9 ottobre 1990,
n. 309) nonché, singolarmente o in concorso, episodi di cessione o di detenzione

2. La posizione di Emanuele La Penna è stata stralciata come da ordinanza
letta in udienza ed allegata al relativo verbale.
Gli altri ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi di gravame, qui
enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disposizione di attuazione del codice di
procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Riccardo Quagliarella ha proposto due ricorsi (uno personalmente e
l’altro per il tramite del difensore) con entrambi deduce, come unica doglianza, il
difetto di motivazione (articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura
penale) dolendosi del fatto che la misura della pena irrogatagli non è stata
diminuita nella massima estensione a seguito della concessione delle attenuanti
generiche, omettendosi di tenere conto della sua incensuratezza e discriminando
la sua posizione rispetto a quella riservata ad altri coimputati del processo.
2.2. Giuseppe Montrone e Domenico Montrone, con ricorso personale,
affidano il gravame rispettivamente a quattro ed a tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo di gravame Giuseppe Montrone deduce la
contraddittorietà e la carenza di motivazione della sentenza impugnata per
travisamento della prova con conseguente lesione del diritto di difesa circa la
ritenuta partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso.
2.2.2. Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo dì gravame, del tutto
identici al primo, al secondo e al terzo motivo sollevati da Domenico Montrone,
entrambi i ricorrenti denunciano violazione di legge e carenza della motivazione
in relazione alla ritenuta sussistenza del reato associativo (rispettivamente 2 0 e
1 0 motivo); contraddittorietà e carenza della motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza della fattispecie associativa e all’omessa applicazione delle ipotesi
attenuata prevista dall’articolo 74, comma 6, d.p.r. n. 309 del 1990
(rispettivamente 3 0 e 2 0 motivo); carenza della motivazione in relazione agli
articoli 133 e 62 bis codice penale in relazione alla eccessiva entità della pena
inflitta e alla concessione delle attenuanti generiche in misura inferiore alla
massima espansione (rispettivamente 4 0 e 3 0 motivo).

4

per fini di spaccio di sostanza stupefacente (articolo 73 d.p.r. n. 309 del 1990).

2.2.3. Giuseppe Montrone ha presentato, tramite il difensore, altro ricorso
affidando ad un unico motivo con il quale deduce la mancanza della motivazione,
letteralmente, “in ordine alla sussistenza di tutti gli elementi integranti la
fattispecie in contestazione e perché non esaustiva di tutte le argomentazioni
che possono sostenere un eventuale proscioglimento ex art. 129 c.p.p. In
particolare, non possono ritenersi soddisfacenti, sotto il profilo della completezza
della motivazione, le condizioni rassegnate in ordine alla sussistenza del fatto
contestato al ricorrente”.

con il quale deduce la violazione dell’articolo 125 codice di procedura penale in
relazione agli articoli 62 bis codice penale e 533, comma 2, codice di procedura
penale (articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), codice di procedura penale),
sostenendo che la sentenza impugnata merita censura nella parte in cui la Corte
territoriale ha sostenuto di non poter ridurre la pena nella massima misura
possibile in ragione della reiterazione delle condotte in un significativo arco
temporale, atteso che tale motivazione appare illogica e contraddittoria alla
stregua della effettiva imputazione elevata a carico dell’imputato (capo a) e non
già e non anche di alcuno dei reati-fine contestati ad altri coindagati.
2.4. Riccardo De Giovanni ricorre personalmente affidando il gravame a due \S C)‘^
motivi con i quali deduce la nullità della sentenza per omessa motivazione in
ordine alla mancata declaratoria di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129
codice di procedura penale (1 0 motivo) nonché nullità della sentenza per omessa
motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma
5 dell’articolo 73, relativamente al capo h), e,

relativamente al capo a),

dell’attenuante di cui al comma 6 dell’articolo 74 d.p.r. 309 del 1990 (2 0
motivo).
2.5. Nunzia Capogna ricorre personalmente affidando il gravame a due
motivi con i quali deduce la nullità della sentenza per omessa motivazione in
ordine alla mancata declaratoria di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129
codice di procedura penale (1 0 motivo) nonché la nullità della sentenza per
omessa motivazione circa il riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 6
dell’articolo 74 d.p.r. 309 del 1990 nonché circa l’entità della severa sanzione
penale inflitta con particolare riferimento alle circostanze di cui all’articolo 62 bis
codice penale.
2.6. Francesco Nicolannarino e Vito Griner ricorrono, tramite il difensore, con
unico motivo con il quale denunciano la violazione dell’articolo 606, comma 1,
lettera e), codice di procedura penale in relazione agli articoli 62 bis e 69 codice
penale avendo la Corte territoriale immotivatamente ridotto la pena base (già
determinata in misura superiore al minimo edittale) per mezzo delle attenuanti
generiche nella misura di appena 3 mesi: infatti la pena base pari ad anni 12 e

5

2.3. Michele leva, tramite il difensore, solleva un unico motivo di gravame

mesi 9 di reclusione è stata ridotta, ai sensi dell’articolo 62 bis codice penale,
alla pena di anni 12 e mesi 6 di reclusione.
2.7. Riccardo Sgaramella, Riccardo Monterisi e Michele Sibio ricorrono,
tramite il difensore, con unico motivo con il quale denunciano la violazione
dell’articolo 606, comma 1, lettera e), codice di procedura penale in relazione
agli articoli 62 bis e 69 codice penale avendo la Corte territoriale
immotivatamente ridotto la pena base (già determinata in misura superiore al
minimo edittale) per mezzo delle attenuanti generiche nella misura di appena 6 o

2.8. Salvatore Acri (che ha proposto anche altro ricorso di seguito riportato),
Francesco Pastore, Massimo Suppa e Domenico di Fonso ricorrono
personalmente, con separati atti, affidando il gravame a due identici motivi,
praticamente dello stesso letterale tenore, con i quali rispettivamente deducono
la contraddittorietà della motivazione nell’applicazione della riduzione della pena
per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (1 0 motivo) nonché
l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale per violazione
dell’articolo 74 d.p.r. n. 309 del 1990 (2 0 motivo).
2.9. Pietro Di Fonso, Giovanni Erminio, Riccardo Fortunato, Nunzio Pastore,
Michele Terlizzi, Savino D’Oria, Giuseppe Coratella e Salvatore Acri ricorrono,
tramite il difensore, con separati atti, affidando il gravame ad un motivo identico
a quello proposto da Giuseppe Montrone (sub 2.2.3.), dello stesso letterale
tenore, con i quali rispettivamente deducono la mancanza della motivazione,
letteralmente, “in ordine alla sussistenza di tutti gli elementi integranti la
fattispecie in contestazione e perché non esaustiva di tutte le argomentazioni
che possono sostenere un eventuale proscioglimento ex art. 129 c.p.p. In
particolare, non possono ritenersi soddisfacenti, sotto il profilo della completezza
della motivazione, le condizioni rassegnate in ordine alla sussistenza del fatto
contestato al ricorrente”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza o perché

presentati nei casi non consentiti.

2. Va in proposito precisato che, all’udienza dell’8 luglio 2013 nel corso del
giudizio di appello, veniva acquisita formale dichiarazione di rinunzia (da parte
degli imputati Michele IEVA, Giovanni ERMINIO, Salvatore ACRI, Francesco
PASTORE, Pietro DI FONSO, Domenico DI FONSO, Riccardo SGARAMELLA,
Savino D’ORIA, Massimo SUPPA, Giuseppe CORATELLA, Riccardo MONTERISI,
Giuseppe MONTRONE, Michele SIBIO, Michele TERLIZZI, Domenico MONTRONE,
6

3 mesi a fronte della possibile detrazione di ben 3 anni 3 mesi.

Nunzio PASTORE, Riccardo DE GIOVANNI e Nunzia CAPOGNA, personalmente
ovvero per il tramite dei difensori di fiducia muniti di procura speciale) “a tutti i
motivi di appello, ad eccezione di quelli attinenti al riconoscimento delle
attenuanti generiche e alla determinazione della pena”.
Veniva altresì acquisita formale dichiarazione di rinunzia da parte degli
imputati Emanuele LA PENNA, Francesco NICOLAMARINO, Vito GRINER e
Riccardo QUAGLIARELLA, personalmente ovvero per il tramite dei difensori di
fiducia muniti di procura speciale, ai motivi di appello, fermi restando i motivi

riconoscimento delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena
nonché – limitatamente a La Penna, Nicolamarino e Quagliarella – alla confisca
dei beni in sequestro.

3. Ciò posto, occorre preliminarmente rilevare che la rinunzia parziale ai
motivi di appello deve ritenersi incondizionata e determina la formazione di una
preclusione processuale limitatamente ai punti della sentenza gravata oggetto di
rinunzia, salvo che la rinunzia, quantunque parziale, abbia investito un capo della
decisione nel qual caso essa comporta il passaggio in giudicato della sentenza
gravata limitatamente ai capi oggetto di rinunzia, con la conseguenza che, in
entrambi i casi, la Corte di appello non ha comunque l’onere di motivare in
ordine ad essi (su tale ultimo aspetto, Sez. 2, n. 46053 del 21/11/2012,
Lombardi ed altri, Rv. 255069).
Va infatti considerato che la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza
(nel senso che la decisione acquista il carattere dell’irrevocabilità soltanto
quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il
proscioglimento o per la condanna dell’imputato rispetto a uno dei reati
attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto
della preclusione correlata all’effetto devolutivo del gravame e al principio della
disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, sicché, in caso di
condanna, la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell’imputato o
la rinunzia al gravame, fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a
far acquistare alla relativa statuizione l’autorità di cosa giudicata, quando per
quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto, come nella specie, al giudice
l’indagine sulla quantificazione della pena, sicché la “res iudicata” si forma solo
quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate
con ulteriori mezzi di gravame (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino A., Rv.
216239).
Va allora considerato che, nel caso di specie, la rinuncia ai motivi di
impugnazione sulla responsabilità, essendo rimasto impregiudicato il punto della
decisione relativo al trattamento sanzionatorio non oggetto del negozio
7

attinenti all’esclusione della condotta di cui all’art. 74, comma 1, DPR 309/90, al

abdicativo, produce esclusivamente effetti preclusivi che tuttavia coprono tutto
l’iter processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità.
L’effetto devolutivo dell’impugnazione quindi circoscrive la cognizione del
giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi
proposti, con la conseguenza che, una volta che essi costituiscano oggetto di
rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione, né può farlo il
giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia,
stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorché unilaterali (Sez. 2, n.

Perciò, dal principio della preclusione processuale e dal principio
dell’irrevocabilità dei negozi giuridici processuali, consegue che i motivi di
gravame proposti da Giuseppe Montrone (1 0 2 0 e 3 0 nntivo), Domenico Montrone
(1 0 e 2 0 motivo), Riccardo De Giovanni (1 0 e 2 0 motivo), Nunzia Capogna (1 0 e
2 0 motivo, fatta eccezione del profilo relativo alla determinazione della pena che
sarà successivamente esaminato), Salvatore Acri, Francesco Pastore, Massimo
Suppa e Domenico Di Fonso (per questi ultimi quattro ricorrenti limitatamente al
secondo motivo di gravame sollevato con riferimento all’articolo 74 d.p.r. n. 309
del 1990) sono inammissibili perché, essendosi formata la preclusione
processuale al loro esame per effetto della rinunzia sul punto della
responsabilità, la Corte territoriale non doveva, né poteva prenderli in
considerazione e lo stesso principio vale nel giudizio di legittimità.
Per la medesima ragione devono ritenersi inammissibili i ricorsi proposti da
Pietro Di Fonso, Giovanni Erminio, Nunzio Pastore, Michele Terlizzi, Savino D’Oría
e Giuseppe Coratella.
Quanto poi a questi ultimi (e a Salvatore Acri) che hanno rinunciato ai motivi
di appello sulla responsabilità in relazione ai reati loro contestati (artt. 73 e/o 74
d.p.r. n. 309 del 1990) nonché alla posizione di Riccardo Fortunato (unico
ricorrente che non ha rinunciato ai motivi di appello), avendo tutti denunciato con ricorsi dal tenore letterale perfettamente identico e dunque perciò solo
aspecifici perché disancorati del tutto dalla peculiarità di ogni singola posizione
processuale – la violazione di legge per non avere la Corte di appello fatto
applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., è necessario dare continuità al
principio di diritto affermato da questa Corte, che il Collegio condivide, secondo
il quale è inammissibile per genericità del motivo il ricorso per cassazione che,
prospettando la violazione dell’obbligo di immediata declaratoria di una causa di
non punibilità, non indica elementi concreti in forza dei quali il giudice d’appello
avrebbe dovuto adottare la pronuncia liberatoria dopo che l’imputato aveva
rinunciato ai motivi di appello sul tema della responsabilità. (Sez. 3, n. 19442 del
19/03/2014, Ferrante, Rv. 259418).

8

3593 del 03/12/2010, Izzo, Rv. 249269).

Ne consegue che, anche per tale concorrente ragione, vanno dichiarati
inammissibili i ricorsi proposti da Pietro Di Fonso, Giovanni Erminio, Nunzio
Pastore, Michele Terlizzi, Savino D’Oria, Giuseppe Coratella e Salvatore Acri,
dovendosi ribadire analogo epilogo in parte qua anche per Giuseppe Montrone,
Riccardo De Giovanni e Nunzia Capogna, mentre per quanto riguarda la
posizione di Riccardo Fortunato, siccome non rinunciante ai motivi di appello,
questa è l’unica ragione, in uno al difetto di specificità del ricorso, che rende

4. Residuano infine i motivi di gravame proposti con riferimento al
trattamento sanzionatorio che, non coperti dalla preclusione processuale
conseguente alla rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, possono
essere congiuntamente esaminati essendo le questioni proposte in larga parte
comuni e comunque collegate.
4.1. Sono inammissibili le questioni con le quali sì deduce la disparità di
trattamento tra coimputati avendo questa Corte affermato che, in tema di ricorso
per cassazione, non può essere considerato come indice di vizio di motivazione il
diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento ai
coimputati, anche se correi, salvo che il giudizio di merito sul diverso
trattamento del caso, che si prospetta come identico, sia sostenuto da asserzioni
irragionevoli o paradossali (Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Giovane e altri, Rv.
252880), posto che, nel caso di specie, non sono state in nessun caso enunciate
le supposte discriminazioni in ordine alla determinazione della pena con la
specificità che il motivo di impugnazione necessariamente richiede.
4.2. Parimenti inammissibili sono le doglianze relative alla misura della
riduzione di pena determinata a seguito della concessione delle attenuanti
generiche, anche nelle ipotesi in cui dette attenuanti sono state ritenute
prevalenti alle contestate aggravanti o nelle ipotesi di rivendicata incensuratezza
dei ricorrenti, atteso che la Corte territoriale, con logica ed adeguata motivazione
pertanto non censurabile in sede di legittimità e peraltro sostanzialmente
immune dalle doglianze sollevate con i motivi di gravame, ha precisato di non
aver operato la riduzione di pena nella massima misura possibile e di essere
partita da una pena base superiore al minimo edittale in ragione dell’intensità del
dolo, della obiettiva gravità delle condotte, della reiterazione delle stesse in un
significativo arco temporale e della personalità degli imputati, tutti gravati da
precedenti penali, per il Griner (ed il La Penna) anche specifici.
4.3. Le restanti doglianze, circa il disposto trattamento sanzionatorio, sono
del tutto generiche e pertanto inammissibili.
Vanno pertanto dichiarati inammissibili, con riguardo al punto relativo ai
rilievi sollevati in ordine al trattamento sanzionatorio, i ricorsi proposti da

9

inammissibile l’impugnazione.

Riccardo Quagliarella, Giuseppe Montrone (4 0 motivo), Domenico Montrone (3 0
motivo), Michele leva, Nunzia Capogna (2 0 motivo limitatamente al profilo
relativo al trattamento sanzionatorio), Francesco Nicolarnarino, Vito Griner,
Riccardo Sgaramella, Riccardo Monterisi, Michele Sibio, Salvatore Acri, Francesco
Pastore, Massimo Suppa e Domenico Di Fonso.
5. Quanto alla posizione di Riccardo Fortunato, per il quale già a seguito
della sentenza di primo grado, è stata riconosciuta la diminuente di cui all’art.

considerato che la pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 2000 di
multa rientra, anche a seguito dello ius superveniens, nei limiti edittali previsti
dalla nuova normativa considerato che la legge 16 maggio 2014, n. 79 di
conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36
per i fatti di lieve entità, relativi sia alle droghe leggere che a quelle pesanti
(nella specie, all’imputato era contestata la cessione di cocaina), ha previsto la
pena della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032,00 a
euro 10.329,00 (art. 1, comma 24-quater, lett. a), con la conseguenza che,
anche tenuto conto dell’applicata diminuente del rito abbreviato, la pena irrogata
rientra ampiamente nella cornice edittale stabilita dallo ius superveniens.

6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i
ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la somma, determinata
in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Esclusa la posizione di L+enna Emanuele, di cui è stato ordinato lo straecio
in udienza, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19/02/2015

73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 (ora titolo autonomo di reato), va

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