Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27109 del 24/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 27109 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
L’AQUILA
nei confronti di:
ARCIERI IVANA N. IL 10/05/1966
ARCIERI LOREDANA N. IL 05/02/1964
avverso la sentenza n. 2509/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 12/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINQ
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott..11?2,0
O C C-VLA:, .1>C3
che ha concluso per eu ‘

CC

Ud to, pe la parte civile, l’Avv

Uditi difensor Avv.

ne–t5k ,c)

A7c:1-garz351

Data Udienza: 24/09/2014

Ritenuto in fatto

Con sentenza del Tribunale di Sulmona in data 15.2.2011 Arcieri Ivana e Arcieri
Loredana sono state dichiarate colpevoli del reato di concorso in falsità ideologica per
induzione (art. 110,48,479 c.p.) per avere, in concorso fra loro, Arcieri Loredana quale
legale rappresentante della soc cooperativa Due Tigli, committente dell’opera edilizia,

concessione edilizia per la realizzazione di fabbricato per civile abitazione,
dichiarando nel progetto e nella relazione tecnica allegata di voler sfruttare il residuo
indice di edificabilità del fondo non utilizzato con la precedente edificazione (edificio
Rialto ex ATAC posto sulla stessa particella 231 del catasto fabbricati Comune di
Roccaraso), utilizzando anche l’area urbanisticamente destinata a parcheggio asservito
alla proprietà Rialto, pertanto non valutabile come superficie utile per il calcolo degli
indici di edificabilità da parte della “due Tigli”, e, comunque, ove considerato, tale da
comportare il mancato rispetto delle distanze dai confini con le altre proprietà,
indotto il responsabile dell’istruttoria geom Oddis Evaldo, che esprimeva parere
favorevole al’approvazione della pratica con nota del 7.5.2003, in errore circa la
regolarità urbanistica del progetto oggetto dell’istanza di concessione.
Proposto appello da parte delle imputate, la Corte di Appello di L’ Aquila, con
sentenza in data 12.4.2013, in riforma della sentenza di primo grado, aveva assolto le
imputate dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste.
I giudici di seconde cure avevano ritenuto che le rappresentazioni dei richiedenti,
contenute nel progetto e nella relazione tecnica allegati all’istanza di concessione,
con riferimento all’utilizzo dell’indice residuo di edificabilità del fondo non sfruttato
nella precedente limitrofa costruzione, non avevano indotto in inganno il tecnico
comunale, il quale era autonomamente pervenuto all’approvazione della pratica dopo
una puntuale istruttoria nel corso della quale aveva esaminato le deduzioni contenute
nelle diffide dei contro interessati (contrari al rilascio della concessione in favore della
“due tigli”), le controdeduzioni tecniche dei richiedenti, finendo per ritenere
l’intervento edilizio conforme rispetto ai vari parametri urbanistici.

Arcieri Ivana quale progettista, presentando al comune di Roccaraso istanza di

Quindi nessuna attività ingannatoria era stata posta in essere dalle richiedenti, in
quanto il tecnico del comune responsabile della pratica aveva la possibilità, in base
alla documentazione fornitagli e alle deduzioni svolte dalle istanti e dai contro
interessati, di verificare, con la competenza tecnica legata alle funzioni svolte, la
regolarità urbanistica indipendentemente da quanto asserito dai richiedenti.
A tale proposito i giudici di seconde cure mostravano di condividere l’orientamento

dell’altrui inganno, l’idoneità dell’azione dell’autore “mediato” va valutata in rapporto
alla qualità ed alle capacità dell’autore “immediato”con la conseguenza che se il
destinatario dell’inganno sia persona professionalmente qualificata e funzionalmente
destinata a verificare la legittimità dell’atto, le eventuali false prospettazioni
dell’autore “mediato” non valgono ad alterare la realtà fattuale, sì che deve escludersi
la responsabilità del medesimo (Cass sez VI 9.6.2004, n. 26041, 19.1.1998 n. 537).
Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per Cassazione il
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di L’Aquila
deducendo vizio di motivazione della sentenza impugnata per aver omesso di
considerare, in conformità a consolidato orientamento di questa Corte in tema di falso
per induzione, l’ ipotesi, ricorrente nel caso di specie, in cui all’autore mediato
(ovvero il tecnico progettista)

debbano riconoscersi

qualità professionali e

competenze nella specifica materia da trattare, tali da suscitare un ragionevole
affidamento in capo all’autore immediato, benché anche questi sia a sua volta, persona
professionalmente qualificata e funzionalmente destinata a verificare la legittimità
dell’atto. In sostanza, la specifica competenza dell’autore mediato (ovvero del tecnico
progettista, che prospetta una determinata situazione urbanistica conforme ai
regolamenti e ad altri parametri normativi), esonera il cd autore immediato (ovvero il
tecnico comunale) da una verifica della fondatezza della situazione prospettata,
ingenerando in lui l’affidamento dell’esattezza degli accertamenti compiuti dal tecnico
progettista.

Ritenuto in diritto

della Corte di Cassazione secondo cui, in materia di reato commesso in conseguenza

Occorre innanzitutto rilevare come la tesi sostenuta dal PG ricorrente sia esattamente
speculare a quella posta a fondamento della sentenza impugnata.
Difatti, mentre i giudici di seconde cure escludono margini per una possibile attività
induttiva delle imputate sulla base del rilievo delle specifiche competenze del
Pubblico Ufficiale addetto alla istruzione della pratica, non essendo idonee le false
prospettazioni delle predette, una delle quali tecnico progettista, a trarre in inganno il

tecnico comunale, attese le specifiche competenze tali da consentirgli una attenta
verifica della fondatezza della richiesta, cui peraltro è tenuto in ragione delle funzione
esercitate, il P.G. ricorrente ritiene che proprio le specifiche competenze del tecnico
progettista che presenta la pratica, ingenerando nel tecnico comunale ricevente un
ragionevole affidamento sulla sua fondatezza e dunque sulla veridicità delle
prospettazioni svolte, lascia spazio per un’attività ingannatoria nei confronti di
quest’ultimo, benché anch’esso dotato di analoghe competenze.
La problematica del rapporto fra le due fattispecie criminose di falsa attestazione del
privato in atto pubblico di cui all’art. 483 c.p. e di falso in atto pubblico del pubblico
ufficiale per induzione di cui agli art. 48 e 479 c.p., è stata affrontata dalle Sezioni
Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 35488 del 28106/2007, Rv. 236868,
hanno affermato che il delitto di falsa attestazione del privato di cui all’art. 483 cod.
pen. può concorrere – quando la falsa dichiarazione sia prevista di per sé come reato con quello della falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione
dell’atto al quale la attestazione inerisca (artt. 48 e 479 cod. pen.), sempre che la
dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l’atto del pubblico
ufficiale è destinato a provare la verità.
Con riferimento al caso in esame, le Sezioni Unite, recependo un precedente
orientamento già espresso con la sentenza SU 24.2.1995 n. 1827 Proietti, hanno
affermato che tutte le volte in cui il pubblico ufficiale emani un provvedimento, dando
atto in premessa, anche implicitamente, della esistenza delle condizioni richieste per la
sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri provenienti dal privato, si è in
presenza di un falso del pubblico ufficiale del quale risponde, ai sensi dell’art. 48 c.p.,
colui che ha posto in essere l’atto o l’attestazione non vera sulla base del quale l’atto
pubblico è stato formato.
3

Questo collegio conosce l’esistenza di un opposto orientamento secondo il quale non
sussiste il falso per induzione del pubblico ufficiale ove questi si limiti a recepire
supinamente la falsa dichiarazione del privato costituente il presupposto per
l’emanazione dell’atto pubblico, senza effettuare alcun accertamento, occorrendo, ai
fini della configurabilità di tale condotta, concorrente con il reato di falso ideologico
del privato ex art. 483 c.p., un’ ulteriore attività di attestazione di corrispondenza al

un’indagine della sua veridicità. Se invece il pubblico ufficiale si limita a riprodurla
nell’atto pubblico da lui redatto, allora si deve ritenere che di falso vi è solo la
dichiarazione del privato, quale autore immediato, che ne risponde ai sensi dell’art.
483 c.p. mentre non vi è falso per induzione del p.u. (Cass. 28.6.94 n. 8996, sez V
26.10.01 n. 38453, Perfetto. Sez V 19.5.03 n. 22021, Carbini)
Ritiene tuttavia il Collegio che tale orientamento non possa essere condiviso in quanto
l’attività del pubblico ufficiale non può riduttivamente circoscriversi alla mera
ricezione della dichiarazione fatta dal privato.
Come affermato dalle Sezioni Unite con la succitata sentenza, il pubblico ufficiale,
allorquando nell’atto da lui formato fa riferimento ad atti o a “dichiarazioni sostitutive”
(non veri) provenienti dal privato e riguardanti i presupposti richiesti per la legittima
emanazione dello stesso atto pubblico – non si limita ad “attestare l’attestazione del
mentitore” ne’ a “supporre che quella attestazione sia veridica”, ma compie, sia pure
implicitamente, una sua attestazione circa la sussistenza effettiva di quei presupposti
indefettibili: attestazione di rispondenza a verità che si connette alla funzione
fidefaciente. Vi è comunque un’attività valutativa del P.U.
Il provvedimento di formazione di qualsiasi atto amministrativo presuppone il
prioritario accertamento dei presupposti, accertamento che viene compiuto dalla stessa
autorità che deve emanare l’atto o direttamente, o sulla base dei documenti e
certificati forniti dalla parte richiedente. Il risultato è trasfuso nella parte introduttiva
dell’atto, contenente l’attestazione della compiuta verifica con formule coincise quali
“visti gli atti relativi, esaminati gli attestati..”.
La premessa, contenuta nella parte descrittiva dell’atto, non è dunque limitata alla
mera ricezione della attestazione del privato, bensì esprime una verifica della

vero del p.u. ricevente la dichiarazione, che non si limiti a recepirla ma svolga

veridicità dell’attestazione del privato di guisa che essa possa integrare l’esistenza di
un elemento necessario per l’emanazione dell’atto del pubblico ufficiale.
Non può dunque prescindersi da un’attività valutativa e di controllo della fondatezza
della domanda da parte del pubblico ufficiale incaricato di riceverla e di provvedere su
di essa..
Applicando tali principi al caso in esame, si deve ritenere che non ricorra la condotta

Difatti, nessuna attività ingannatoria è stata posta in essere dalle richiedenti, in quanto
il tecnico del comune responsabile della pratica aveva la possibilità, in base alla
documentazione fornitagli e alle deduzioni svolte dalle istanti e dai contro interessati,
di verificare, con la competenza tecnica legata alle funzioni svolte, la regolarità
urbanistica indipendentemente da quanto asserito dai richiedenti.
Correttamente i giudici di seconde cure hanno richiamato l’orientamento della Corte
di Cassazione secondo cui, in materia di reato commesso in conseguenza dell’altrui
inganno, l’idoneità dell’azione dell’autore “mediato” va valutata in rapporto alla
qualità ed alle capacità dell’autore “immediato”con la conseguenza che se il
destinatario dell’inganno sia persona professionalmente qualificata e funzionalmente
destinata a verificare la legittimità dell’atto, le eventuali false prospettazioni
dell’autore “mediato” non valgono ad alterare la realtà fattuale, sì che deve escludersi
la responsabilità del medesimo (Cass sez VI 9.6.2004, n. 26041, 19.1.1998 n. 537).
Semprenellostessosenso,CassSez. 5, Sentenza n. 13779 del 15/11/2006 Ud. (dep. 04/0
4/2007) Rv. 236141, secondo cui “Nel reato determinato dall’altrui inganno, non è
configurabile, in capo all’autore mediato, la falsità ideologica commessa dal pubblico
ufficiale in atto pubblico, allorché la dichiarazione sulla cui base l’atto è formato debba
essere sottoposta a controllo e valutazione da parte della P.A., il cui eventuale errore
non può farsi ricadere sul privato che non abbia compiuto alcuna alterazione della
realtà fattuale. (Fattispecie relativa a pretesa falsità ideologica per induzione in errore,
addebitata, in riferimento a domanda di trasferimento da docente, nella quale l’istante
aveva dichiarato il possesso di titolo di precedenza, allegando il relativo documento
giustificativo, sulla cui rilevanza ai fini dichiarati l’ufficio aveva omesso di esercitare i
dovuti controlli)”.

materiale integrante il reato contestato di falso in atto pubblico per induzione.

Nel caso in esame, come condivisibilmente affermato nella sentenza impugnata, le
rappresentazioni delle

richiedenti, contenute nel progetto e nella relazione tecnica

allegati all’istanza di concessione, con riferimento all’utilizzo dell’indice residuo di
edificabilità del fondo non sfruttato nella precedente limitrofa costruzione, non hanno
indotto in inganno il tecnico comunale, il quale è autonomamente pervenuto al
parere favorevole che ha portato all’approvazione della pratica da parte della

le deduzioni contenute nelle diffide dei contro interessati (contrari al rilascio della
concessione in favore della società “Due tigli”), le controdeduzioni tecniche dei
richiedenti, finendo per ritenere l’intervento edilizio conforme rispetto ai vari
parametri urbanistici.
Né può condividersi l’assunto del PG ricorrente secondo cui la specifica competenza

del tecnico progettista (“autore mediato”), che, con la presentazione del progetto,
prospetta una determinata situazione urbanistica conforme ai regolamenti e ad altri
parametri normativi, esonera il tecnico comunale (cd autore immediato) da una
verifica della fondatezza della situazione prospettata, ingenerando in lui l’affidamento
dell’esattezza degli accertamenti compiuti dal tecnico progettista, così dando luogo al
reato di falso del PU per induzione.
Si osserva in proposito che il tecnico incaricato di istruire la pratica, in quanto
soggetto professionalmente qualificato e funzionalmente destinato a verificare la
sussistenza dei requisiti e la legittimità dell’atto richiesto, non può confidare sulla
qualità professionale del tecnico progettista ma deve comunque svolgere un
accertamento della sussistenza dei presupposti rappresentati e delle condizioni
necessarie per rilasciare il titolo concessorio.
Non si può dunque ritenere che, per il solo fatto che la richiesta di concessione
provenga da persona tecnicamente qualificata, l’attività di altro soggetto deputato
all’istruttoria della pratica, anch’esso dotato delle stesse competenze tecniche, sia
limitata alla supina ricezione del progetto stante l’affidamento ingenerato dalla qualità
del tecnico progettista sì da concludere per un’ attività di induzione da parte del
primo. La qualità professionale del soggetto che prospetta determinate situazioni al
fine dell’accoglimento dell’istanza di rilascio del permesso di costruire, non vale certo

commissione edilizia, dopo una puntuale istruttoria nel corso della quale ha esaminato

ad esonerare il tecnico incaricato di provvedere su di essa dai necessari accertamenti,
pervenendo alla conclusione che il ragionevole affidamento riposto dal tecnico del
comune sulle competenze del progettista crei i presupposti di una attività ingannatoria
in caso di false prospettazioni l’atto della presentazione del progetto e delle note
allegate. Il tecnico del Comune è pur sempre tenuto ad esercitare un’attività di verifica
della veridicità delle dichiarazioni anche se esse provengono da soggetto qualificato.

falsa rappresentazione della realtà da parte del progettista, presupposto imprescindibile
per la configurabilità del reato di falso in atto pubblico per induzione del PU di agli
art. 48, 479 c.p..
Come emerge dal capo di imputazione, la condotta ingannatoria sarebbe consistita,
all’atto della presentazione da parte di Arcieri Loredana, quale legale rappresentante
della soc cooperativa Due Tigli, committente, e di Arcieri Ivana quale progettista, al
Comune di Roccaraso di istanza di concessione edilizia per la realizzazione di un
fabbricato per civile abitazione, nel dichiarare, nel relativo progetto e nella relazione
allegata, di voler sfruttare il residuo indice di fabbricabilità del fondo non interamente
utilizzato con la precedente costruzione (edificio Rialto già di proprietà della A.T.A.C,
poi trasferito alla s.r.l. Rialto e da questa venduto alla soc cooperativa Due Tigli),
indice calcolato utilizzando anche l’area del subalterno 2, urbanisticamente destinata a
parcheggio asservito alla proprietà Rialto e pertanto non valutabile come superficie
utile per il calcolo degli indici di edificabilità da parte della società “Due Tigli” e
comunque, ove considerata, tale da comportare il mancato rispetto delle distanze dai
confini di proprietà.
Come correttamente rilevato dalla Corte di merito, non vi è stata una rappresentazione
inveritiera di una realtà tatuale, tesa a trarre in inganno il tecnico comunale incaricato
dell’istruttoria, quanto questioni interpretative concernenti la legittimità urbanistica
della utilizzazione del subalterno 2, area destinata a parcheggio, ai fini del calcolo
dell’indice di edificabilità, rimesse alla valutazione del tecnico del comune, il quale,
nel parere favorevole rilasciato, ha dato atto della questione e delle ragioni di carattere
tecnico per cui ha ritenuto, pur in presenza del vincolo di asservimento a parcheggio
dell’area del subalterno 2, di ritenere tale area ricompresa nella “cubabilità”

Ma il ricorso deve ritenersi infondato anche sotto il profilo della insussistenza della

La stessa descrizione della condotta nel capo di imputazione depone nel senso della
comunicazione fatta dalla società committente e dal progettista, della volontà di
utilizzare, nell’ambito del residuo indice di fabbricabilità, il subalterno 2, senza
inveritiere prospettazioni in merito alla destinazione della relativa area.
In definitiva le imputate non hanno rappresentato una situazione falsa ma hanno solo
dichiarato di voler calcolare l’indice di edificabilità anche con riguardo all’area dl

dell’edificabilità tale area.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.G.
Così’ deciso in Roma nella pubblica udienza del 24.9.014.

subalterno 2, salva la facoltà del tecnico del comune di escludere dal computo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA