Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27105 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27105 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ABATE GIOVANNI N. IL 29/05/1952
avverso l’ordinanza n. 156/2014 CORTE APPELLO di TRENTO, del
16/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
lette/ser,ite le conclusioni del PG Dott. 14 coll’AM..e
(Ai ”

Uditi ifensor Avv.;

)(

W-er

Data Udienza: 09/06/2015

1572/15 RG

1

CONSIDERATO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Trento con ordinanza del 16.7.14 ha dichiarato
inammissibile la nuova istanza proposta da Giovanni Abate per la revisione della
sentenza 1204 del 17.6.1998 (irrevocabile il 2.3.1999) della Corte d’appello di
Venezia (che aveva assolto l’imputato da reati di concussione in danno di tali Piccin

confermando la condanna per residui reati di peculato e falso).
I Giudici trentini danno atto che precedente analoga istanza era stata pure
dichiarata inammissibile con proprio provvedimento del 12.10.12, confermato da
questa Corte l’8.3.13.
Ricondotta la nuova istanza alla fattispecie disciplinata dalla lettera D dell’art.
630 c.p.p., la Corte d’appello argomentava che la tesi prospettata dall’istante
risultava smentita pure dallo stesso testo della sentenza Corte d’appello di Trieste
in data 16.6.2004, questa volta allegata alla richiesta, che lo aveva sì assolto
dall’imputazione di calunnia ma con formula pertinente la mancanza dell’elemento
soggettivo e non l’insussistenza del fatto contestato (così riconoscendosi la
sussistenza del fatto materiale ascritto ad Abate, della non corrispondenza al vero
delle accuse di falsità da lui rivolte).
La Corte d’appello giudicava che anche a voler ricondurre l’attuale stanza al
caso disciplinato dalla lettera C, non costituivano prove nuove le frasi estrapolate
dalla richiamata sentenza della Corte triestina, né dall’ordinanza del Tribunale di
Trieste 23.5.11 né dalla sentenza di questa Corte 4.4.12, che comunque, spiegava,
non avevano affatto dichiarato la falsità propugnata da Abate.
Evidenziava infine che neppure era stato specificamente dedotto il nesso
causale tra le pur mai dichiarate falsità e la condanna di Abate per peculato e falso
(indispensabile per l’eventuale proscioglimento a seguito di nuovo giudizio).
2. A mezzo del difensore, Abate ricorre avverso tale ordinanza, enunciando
unico articolato motivo di violazione e falsa applicazione dell’art. 606 lettere B ed E
in relazione agli artt. 630, 631 e 634 c.p.p.; ricostruita in fatto la vicenda, deduce
che: la Corte d’appello di Trieste avrebbe accertato ma non dichiarato nel
dispositivo le falsità denunciate dall’istante; il Giudice dell’esecuzione di Trieste
avrebbe accertato l’omessa declaratoria di tali falsità, questa Corte con sentenza
4.4.12 avrebbe annullato senza rinvio un decreto di inammissibilità del Giudice
dell’esecuzione, la sentenza della Corte triestina e il decreto di inammissibilità

Valerio e Bitto Maurizio e di falso per soppressione – capi A, B e G della rubrica –

1572/15 RG

2

costituendo documenti successivi alla sentenza di originaria condanna verso la
quale è proposta l’istanza di revisione e mai prima valutati; l’istanza di revisione
non si sarebbe fondata su frasi estrapolate ma sui pertinenti giudicati, in particolare
l’ordinanza 23.5.11 costituendo integrazione dei precedenti giudicati e quindi non
potendosi richiamare in senso contrario la sentenza 16.6.2004; in ogni caso, gli
apprezzamenti contenuti nell’ordinanza su tali provvedimenti costituirebbero
valutazioni riservate all’esito del contraddittorio.
3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per il

RAGIONI DELLA DECISIONE
4.

Il ricorso è infondato: conseguente è la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali di questo giudizio.
Come la Corte d’appello ha osservato, e come la lettura della precedente
sentenza di questa Corte n. 20283 del 7-10.5.2013 conferma, le tematiche relative
all’interpretazione che il ricorrente attribuisce ai provvedimenti 23.5.2011 Trib.
Trieste e 4.4.2012 Corte di cassazione sono già state risolte in senso difforme dalla
prospettazione di Abate e correttamente la Corte di Trento ha ritenuto l’irrilevanza
della loro mera riproposizione.
La motivazione della sentenza della Corte d’appello di Trieste in data
16.6.2004, il cui testo non era stato prodotto nella precedente istanza ma solo
commentato, è stata in questa occasione prodotta; il suo testo è stato valutato
dalla Corte trentina, che è pervenuta a conclusioni coerenti a quelle assunte in
proposito in occasione della precedente istanza di revisione: l’assenza di alcun
giudicato anche solo implicito delle falsità lamentate dal ricorrente. Sul punto Abate
da un lato ribadisce la propria diversa lettura, dall’altro lamenta essere avvenuta
una valutazione incompatibile con il rito de plano.
L’assunto è infondato sotto due aspetti, concorrenti e tuttavia ciascuno
assorbente.
Come già argomentato da questa Sezione

(sent. 11704/2011),

occorre

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