Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2710 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2710 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Scognamiglio Ernesta, nata a Torre Annunziata il 6.12.60
imputata artt. 15 L. 963/65 e 5/b e d) L. 283/62
avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 15.1.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva

La ricorrente è stata condannata alla pena di 5000 € di ammenda per avere, quale
titolare di una pescheria, detenuto per la vendita novellame di triglie di taglia inferiore al
consentito nonché circa 36 kg di molluschi in cattivo stato di conservazione.
L’impugnazione qui proposta (originariamente appello, convertito in ricorso stante il disposto dell’art.
593 comma 3 c.p.p.) lamenta la genericità della motivazione e la contraddittorietà della prova
circa la responsabilità della Scognamiglio. In particolare, si fa notare che non vi è prova della
dannosità dei molluschi vista l’assenza di accertamenti in proposito.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
La genericità della censura ha come contraltare la presenza di una motivazione
completa ed incensurabile. In particolare, per quel che attiene alla contravvenzione dell’art. 5
si evidenzia, infatti, che i molluschi, contrariamente a quanto previsto dalla norma, non erano
confezionati in apposite retine munite di etichette di tracciabilità. Inoltre essi erano immersi in
acque di dubbia provenienza. Nessun dubbio, quindi, sulla ricorrenza dell’infrazione di cui alla

Data Udienza: 06/12/2013

lettera b) dell’art. 5 mentre, correttamente, il giudice ha assolto la ricorrente dalla
contestazione sub lett. d) perché, in difetto di prove, è stata ritenuta la “freschezza” dei mitili.
La violazione dell’art. 15 è, poi, per tabulas, stanti le obiettive rilevazioni della Guardia
Costiera circa il fatto che il novellame di triglia era inferiore agli 11 cm. prescritti dalla norma.
A fronte di ciò, le obiezioni difensive, oltre che in fatto, sono vaghe e puntualmente
smentite dalla precisa motivazione impugnata.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 6 dicembre 2013

Il esidente

P.Q.M.

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