Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 271 del 05/12/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 271 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– VUCETICH GIUSEPPE, n. 22/04/1964 ad Alzano Lombardo

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di ROMA in data 7/03/2017;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. S. Perelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni del difensore, Avv. M. Tamilia, in sostituzione
dell’Avv. A. F. De Simone, che ha chiesto accogliersi il ricorso;

Data Udienza: 05/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7/03/2017, depositata in data 10/04/2017, il Tribunale del
riesame di Roma rigettava l’appello cautelare presentato nell’interesse del Vucetich in data 20.01.2017 avverso il rigetto dell’istanza di revoca del provvedimento
di sequestro preventivo emesso dal tribunale di Civitavecchia in data 10.01.2017.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del Vucetich, iscritto
all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deducendo due motivi, di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc.
pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c), c.p.p., sotto il
profilo della violazione dell’art. 125, cod. proc. pen., in relazione al vizio di omessa
motivazione, relativamente al fatto che il decreto che dispone il giudizio emesso
dal GUP/tribunale di Civitavecchia in data 16.06.2015 conteneva la specifica indicazione degli atti utilizzabili nel presente procedimento sino alla data del
1.01.2011, laddove il tribunale del riesame avrebbe utilizzato per la decisione atti
successivi a tale data.
In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente che il tribunale del riesame avrebbe
deciso sulla scorta di atti inutilizzabili in quanto, con decreto del GUP/tribunale di
Civitavecchia, in sede di emissione del decreto che dispone il giudizio, il
16.06.2015 era stata indicata ai fini dell’utilizzabilità degli atti di indagine, quella
del 1.01.2011, con la conseguenza che tutti gli atti di indagine successivi a tale
data erano da ritenersi inutilizzabili; in particolare, l’immobile di via delle Boccelle,
oggetto dell’ordinanza, non di proprietà dell’indagato, è stato al medesimo attribuito e sequestrato con una attività di indagine discutibile, delegata dal PM di
Civitavecchia in data 6.09.2012; tutti gli atti di indagine e le deduzioni effettuate
dal tribunale del riesame sarebbero stati quindi compiuti su atti di indagine posti
in essere successivamente a tale ultima delega, come sarebbe stato sufficiente
desumere dalla lettura del decreto di sequestro preventivo che, alle pagg. 49/52,
rendeva evidente quanto sopra; nella motivazione dell’ordinanza impugnata, il tribunale del riesame si sarebbe “arroccato” su vecchie decisioni del medesimo tribunale e al c.d. giudicato cautelare, senza tuttavia rendersi conto che tali decisioni
risultavano ormai superate dal decreto ex art. 429 c.p.p. del GUP, emesso in data
16.06.2015, che aveva individuato quale data limite di utilizzabilità degli atti quella
del 1.01.2011; a titolo esemplificativo, nel ricorso si riporta un passaggio dell’ordinanza in cui si fa riferimento a dichiarazioni rese in sede di s.i.t. in data
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8.11.2012 da tale Rinci, ciò al fine di sottolineare come la decisione assunta nell’ordinanza impugnata fosse stata adottata sulla base di atti inutilizzabili; del resto,
si precisa, la parte del decreto di sequestro preventivo relativa all’immobile in
questione sarebbe fedelmente riproduttiva dell’informativa della GdF del
19.11.2012, atto successivo alla delega del PM del 6.09.2012, e solo in tali atti
l’immobile è attribuito inspiegabilmente al Vucetich, ciò che avrebbe dato origine

rigettare l’eccezione di inutilizzabilità ivi sollevata, si richiama a precedenti provvedimento del medesimo tribunale che l’avevano confutata, senza dunque tener
conto di quanto disposto dal decreto emesso dal GUP ex art. 429 c.p.p. in data
16.06.2015; ne discende, pertanto, la violazione di legge richiamata nonché
l’omessa valutazione degli elementi e fatti nuovi prospettati dalla difesa rispetto a
quanto indicato alle pagg. 49/52 del decreto originario di sequestro.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c), c.p.p., sotto
il profilo della violazione degli artt. 321, c.p.p. e 322-ter c.p. nonché delle norme
processuali di cui agli artt. 405 e 406 c.p.p. e degli artt. 17, Carta fondamentale
UE e 42, Cost., in riferimento all’utilizzazione di atti di indagine svolte fuori dal
termine di durata massima, per come stabilito dal decreto che dispone il giudizio
emesso dal GUP/tribunale di Civitavecchia in data 15.06.2015, che aveva indicato
come limite temporale di utilizzabilità degli atti quello dell’1.01.2011.
In sintesi, sostiene la difesa del ricorrente, richiamando censure già svolte in sede
di primo motivo, che il sequestro preventivo si fonderebbe su atti di indagine inutilizzabili in quanto esperiti in data successiva al 1.01.2011, limite di utilizzabilità
stabilito dal GUP/tribunale di Civitavecchia con il più volte richiamato decreto
emesso ex art. 429 c.p.p. in data 15.06.2015; si ribadisce che tutte le attività di
indagine relative all’immobile di via delle Boccelle sarebbero state compiute dopo
il 7.11.2012 (a titolo esemplificativo, si riporta uno stralcio della relazione di servizio della GdF in cui, richiamando le precedenti dichiarazioni rese a s.i.t. da tale
Bongarzone, i militari avevano prospettato la necessità di proseguire l’attività di
indagine acquisendo per rogatoria documentazione riferibile alle società sammarinesi, attività che sarebbe stata svolta successivamente al 1.01.2011); infine, nel
commentare le risultanze dell’attività di indagine successivamente eseguita, di cui
si contesta l’utilizzabilità, la difesa del ricorrente sostiene che il fumus del reato
ascritto all’indagato non sarebbe configurabile in quanto a fronte della regolarità
delle fatture emesse dalla società amministrata dall’indagato, si attribuirebbe a
quest’ultimo la responsabilità perché le copie contraffatte detenute dal destinata-

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anche ad un contenzioso civile, ma, ciononostante, il tribunale del riesanne, nel

rio, tale Filipponi, sarebbero state da questi ricevute per mano dell’indagato medesimo, senza considerare però che è più logico e facile che la falsità sia del consegnatario del bene che ha l’obbligo di corrispondere VIVA, ossia la Globotech del
Fili pponi .

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Ed infatti, esaminando le doglianze esposte con entrambi i motivi di ricorso che
– attesa l’omogeneità dei profili di censura svolti e l’intima connessione tra gli
stessi meritano trattazione congiunta – osserva il Collegio, il ricorrente si duole in
sostanza del fatto che il tribunale del riesame, nel rigettare l’appello cautelare
avverso il rigetto dell’istanza di revoca del provvedimento di sequestro preventivo
emesso dal tribunale di Civitavecchia in data 10.01.2017, avrebbe utilizzato atti
di indagine dichiarati inutilizzabili dal GUP/tribunale di Civitavecchia all’atto
dell’emissione del decreto ex art. 429 c.p.p., decreto che sarebbe stato emesso in
data 15.06.2015.

5. Orbene, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di ricorso
per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali
indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al
provvedimento impugnato (Fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti
dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari: Sez. U, n. 23868
del 23/04/2009 – dep. 10/06/2009, Fruci, Rv. 243416).
Così delimitati l’ambito ed i termini della questione al riguardo, quand’anche si
accedesse al punto di vista del Vucetich (secondo cui il tribunale del riesame
avrebbe dovuto, in sostanza, escludere dalla propria valutazione tutti gli atti successivi al 1.01.2011 che, per effetto del richiamato provvedimento del GUP del
15.06.2015, sarebbero stati inutilizzabili perché compiuti successivamente alla
scadenza dei termini di durata delle indagini preliminari), l’obbligo di specificità
dei motivi (prescritto dal già citato art. 581 cod. proc. pen.) imponeva, evidentemente, al ricorrente:
a) di allegare e chiarire quali atti sarebbero stati posti in essere successivamente
alla data del 1.01.2011, e sarebbero, quindi, da considerare inutilizzabili (non po-

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CONSIDERATO IN DIRITTO

tendo certamente considerarsi soddisfatto tale onere di specificità dalla mera indicazione esemplificativa di alcuni atti o di considerare come inutilizzabili tutti
quelli compiuti successivamente alla delega del PM datata 6.09.2012, né, tantomeno, pretendere che questa Corte di legittimità operi una comparazione tra le
richiamate pagg. 49/52 dell’originario decreto di sequestro preventivo e il decreto
di rinvio a giudizio del GUP, peraltro nemmeno allegati dal ricorrente, non compe-

care se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che
non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o
di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente:
Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009 – dep. 08/10/2009, De Iorio, Rv. 244328);
b) di specificare se e quale incidenza essi abbiano avuto sul complessivo compendio indiziario valutato ed apprezzato dal giudice, sì da potersene inferire la loro
decisività in riferimento al provvedimento impugnato (la c. d. prova di resistenza),
soprattutto a fronte di un provvedimento che, nel richiamare integralmente il contenuto del provvedimento di rigetto di analoga istanza presentata nell’interesse
della ex moglie dell’indagato, tale Lisi, aveva ritenuto infondata l’eccezione nel
merito, in quanto il decreto di sequestro dell’immobile di cui si discute risulterebbe
essere stato emesso sulla scorta di atti di indagine compiuti nel 2009 e compendiati nella informativa riepilogativa della GdF del novembre 2011 (della cui utilizzabilità, osserva il Collegio, non può dubitarsi, essendo pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la sanzione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo il provvedimento di archiviazione in assenza del decreto che ne autorizza la riapertura, non opera quando l’atto intempestivo consista in una relazione
di P.G. che si limiti a rielaborare precedenti atti investigativi, legittimamente effettuati nel corso delle indagini preliminari, il cui contenuto risulti di per sé idoneo
a fondare la decisione: Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014 – dep. 17/02/2014, Scarselli, Rv. 259320).

6. Con principio espresso in riferimento alla eccepita inutilizzabilità degli esiti di
intercettazioni telefoniche, ma evidentemente del tutto evocabile anche in subiecta materia, questa Suprema Corte ha già invero avuto occasione di chiarire che
“è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, di indicare
specificamente l’atto asseritannente affetto dal vizio denunciato … ” (ex ceteris,
Sez. V, 15 luglio 2008, n. 37694; Sez. IV, 9 giugno 2004, n. 33700. V. anche Sez.
IV, 6 febbraio 2008, n. 14946; Sez. IV, 7 giugno 2006, n. 32747; Sez. IV, 3 novembre 2005, n. 2375/06). E s’è anche altra volta ulteriormente specificato che,
in tema di ricorso per cassazione, “è affetta da genericità la censura con la quale
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tendo infatti alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verifi-

la parte eccepisce la inutilizzabilità di un atto, senza dedurne, al tempo stesso, la
rilevanza probatoria, nel contesto degli altri elementi di prova” (Sez. VI, 18 ottobre
2000, n. 159/01); e s’è ancora chiarito che (in tema di attività di indagine asseritamente condotta prima che fosse intervenuto il decreto autorizzativo della riapertura della fase delle indagini preliminari), quando si prospetta la sussistenza di
atti invalidi o viziati, “occorre dimostrare che essi abbiano effettivamente tenuto

se il giudice di merito, al fine di formare il proprio convincimento in relazione ad
un provvedimento adottato, abbia concretamente fatto uso degli atti acquisiti al di
fuori del codice di rito. Incombe dunque al ricorrente l’onere di specificare se e
quali atti siano stati effettivamente posti a base della decisione che intende impugnare” (Sez. V., 12 febbraio 1999, n. 736; Sez. H, 23 gennaio 1998, n. 672).

7. Tale onere, nella specie, il ricorrente non ha affatto ottemperato e tanto basta
a ritenere la genericità, e perciò la inammissibilità, dei motivi al riguardo proposti:
il che rende, ovviamente, anche irrilevante ed assorbita la censura, prospettata
ulteriormente nel secondo motivo, secondo cui gli elementi in atti avrebbero
escluso la sussistenza del fumus del reato contestato all’indagato, censura che
appare all’evidenza puramente contestativa in quanto si limita a criticare in maniera del tutto generica l’errore che sarebbe stato commesso dal tribunale nel
valutare la reità dell’indagato prospettando un giudizio di probabilità che altri abbiano falsificato le fatture (“..è più logico e facile…” si legge infatti alla pag. 8 del
ricorso, riferendosi alla persona del consegnatario del bene, in quanto tenuto a
corrispondere VIVA).

8. Il ricorso dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento
a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma
che si stima equo fissare in euro 2000,00 (duemila/00).

9. In applicazione del decreto del Primo Presidente della S.C. di Cassazione n. 84
del 2016, la presente motivazione è redatta in forma semplificata, trattandosi di
ricorso che riveste le caratteristiche indicate nel predetto provvedimento Presidenziale, ossia ricorso che, ad avviso del Collegio, non richiede l’esercizio della funzione di nomofilachia o che solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta
l’applicazione di principi giuridici già affermati dalla Corte e condivisi da questo

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conto della attività illegittimamente espletata, apparendo indispensabile accertare

Collegio, o attiene alla soluzione di questioni semplici o prospetta motivi manifestamente fondati, infondati o non consentiti.

P.O.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

Ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 5 dicembre 2017

delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle

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