Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27094 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27094 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Esposito Maria, nata a Napoli il 02/04/1943
avverso l’ordinanza del 15/01/2015 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento
impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 15/01/2015, giudicando a
seguito di annullamento con rinvio di precedente provvedimento pronunciato da
questa Corte con sentenza del 19/09/2014, ha respinto il riesame proposto
nell’interesse di Esposito Maria avverso il decreto di sequestro preventivo
emesso dal Gip di quell’ufficio 1’08/04/2014 avente ad oggetto due immobili di
sua proprietà siti in Napoli alla IV traversa via Limitone di Arzano n.23.
2. La difesa di Esposito nel suo ricorso deduce violazione dell’art. 606
comma 1 lett.b) cod.proc.pen. con riferimento agli artt. 321 cod.proc.pen., 12
quinques e 12 sexies di. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni
nella L. 7 agosto 1992, 934 cod. civ., 125 comma 3 cod.proc.pen., 111 comma 6
e 24 Cost. per aver il provvedimento impugnato erroneamente equiparato la
data dell’acquisto della proprietà del bene immobile al perfezionamento della
procedura di accatastamento che non può assumere alcun valore probatorio per
collocare temporalmente l’acquisizione dei beni sottoposti a sequestro al
patrimonio dell’interessata, che si.‘ assume derivante da accessione realizzata

Data Udienza: 26/05/2015

nel lontano 1994, in quanto stabili realizzati su suolo di proprietà esclusiva
dell’Esposito. Si rileva inoltre che l’ordinanza ha offerto una motivazione
apparente sulla confutazione dei dati emergenti dei rilievi fotogrammetrici
prodotti dalla difesa al fine di dimostrare tale assunto di fatto.
Si chiede conseguentemente l’annullamento senza

rinvio del

provvedimento impugnato poiché il reato di intestazione fittizia che ne ha
sostenuto l’emissione deve ritenersi estinto per prescrizione.
Con ulteriore motivo si deducono i medesimi vizi in ordine

3.

all’accertamento dell’esistenza del periculum in mora in relazione al quale il
Tribunale ha disatteso le allegazioni difensive, senza consentire di cogliere le
argomentazioni a sostegno di tale decisione; in particolare, non è stata
considerata la rilevanza ai fini determinativi del reddito di tutti gli elementi di
fatto forniti nell’atto di impugnazione sul punto, con particolare riferimento ad
indennizzi assicurativi percepiti, all’esercizio dell’attività di tassista da parte del
marito della ricorrente, agli introiti derivanti dalla percezione di canone di
locazione, tutti i redditi che, se pur non dichiarati al fisco, consentono di
determinare le somme percepite in misura proporzionale rispetto al valore dei
beni sequstrati.
Si lamenta che al riguardo i giudici di merito non abbiano considerato le
allegazioni difensive, nè hanno spiegato le ragioni che rendono i documenti
inidonei a superare la presunzione relativa, escludendo illegittimamente dal
computo i redditi non dichiarati al fisco che risultano utili, ove rigorosamente
provati, a superare la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale. È stata
inoltre omessa la considerazione degli introiti derivanti da due contratti di
locazione registrati, illogicamente richiedendosi la prova certa dell’effettiva
percezione dei canoni, senza considerare la natura cautelare del procedimento e
disattendendo l’applicazione dei principi giurisprudenziali riguardo alla
dimostrazione della congruenza dei beni con i propri redditi richiesta nel caso di
sequestro di cui all’art 12 sexies I n. 356/1992 cit.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Si deve ricordare che il presupposto del sequestro è costituito, dalla
verifica dell’esistenza del fumus di uno dei reati per cui la misura è consentita,
nonché della sproporzione tra reddito del titolare del bene ed il suo valore.
Con riferimento alla sussistenza del

fumus del reato di cui all’art. 12

quinquies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni nella L. 7
agosto 1992, il Tribunale risulta aver svolto una considerazione in diritto che

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contrasta con i principi di cui all’art. 934 cod. civ. che ne costituisce il
presupposto, ove ha individuato il momento consumativo, costituito
dall’acquisizione della proprietà dei beni immobili realizzati sul fondo intestato
alla ricorrente, collegandolo all’epoca del loro accatastamento, laddove tale
acquisto deve ricollegarsi temporalmente all’accessione, identificabile, nelle
condizioni date -di immobili realizzati su suolo di proprietà della ricorrente-

presenza di una costruzione su fondo proprio non è ostativa alla sottoposizione a
sequestro penale del bene, quale risultante all’esito dell’arricchimento prodotto
dalla edificazione, essendo stato già chiarito da questa Corte che il regime
penalistico cui assoggettare il cespite nella sua interezza è quello proprio della
parte di valore economico e di utilizzabilità nettamente prevalenti (Sez. 6, n.
18807 del 30/10/2012 – dep. 29/04/2013, P.G. in proc. Martino e altri, Rv.
255091), e tuttavia in tema di individuazione del momento consumativo
dell’acquisto non vi è titolo per derogare alla disciplina civilistica in materia.
Risulta conseguentemente rilevante verificare in quale momento siano stati
completati gli immobili, con le caratteristiche tali da renderli abitabili e quindi
idoneo ad assumere un valore economico, al fine di chiarire la data a decorrere
dalla quale può intendersi decorso il termine di prescrizione, ponendosi tale
collocazione temporale quale termine ultimo al quale ricollegare l’utilizzo di
utilità, in tesi di accusa riferibili al figlio, per l’arricchimento di un bene che
entrava nel patrimonio della ricorrente.
Ne consegue che il momento consumativo vada individuato all’atto in cui i
beni hanno acquisto l’odierna consistenza, e non nell’epoca in cui, attraverso la
procedura amministrativa, questi hanno ricevuto riconoscimento ai fini fiscali.
Esclusa la rilevanza dell’individuazione temporale di carattere formale cui è
pervenuto il Tribunale, il provvedimento impugnato risulta aver espresso su tale
aspetto un giudizio non univoco con riguardo agli elementi di fatto deducibili dai
rilievi fotogrammetrici prodotti dalla parte, ove non chiarisce quali siano i limiti
della portata dimostrativa di tale documentazione, e non esplicita,
conseguentemente, su quali basi si sia pervenuti ad una valutazione di
irrilevanza del tema di indagine.
Infatti, dopo aver operato un generico richiamo alla scarsa significatività
della certificazione, nell’atto si identifica l’accatastamento con l’epoca di
acquisizione del bene, sicchè superata tale indicazione per i motivi esposti, il
dato storico essenziale per valutare la fondatezza dell’obiezione difensiva rimane
privo di accertamenti affidabili.

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quale atto di acquisto a titolo originario della proprietà. Deve ricordarsi che la

Quanto al secondo profilo il provvedimento risulta correttamente motivato
con analisi delle deduzioni di fatto offerte dalla parte poiché, contrariamente a
quanto risulterebbe emergere dal ricorso, il giudice di merito non si è limitato
alla non condivisibile equazione tra mancanza di redditi denunciati ai fini fiscali
ed incapacità economica dell’esponente, ma ha analizzato le deduzioni offerte
sulle pretese entrate sottratte al fisco, assumendone la mancanza di

all’imposizione fiscale deve in ogni caso coniugarsi con una diversa ed affidabile
dimostrazione della effettività degli introiti, come chiaramente emerge dalle
pronunce sul punto (Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011 – dep. 01/06/2012, P.G.,
Bianco e altri, Rv. 252855 e da ultimo Sez. 2, Sentenza n. 49498 del
11/11/2014 , Rv. 261046). Diversamente opinando si giungerebbe a riconoscere
un privilegio dimostrativo proprio in favore delle entrate non registrate, con
evidente violazione del principio di ragionevolezza.
Il provvedimento impugnato offre analiticamente conto della circostanza che
l’interessata ha evocato attività economiche riconducibili al marito, o ulteriori
introiti derivanti da contratti privi di data certa rispetto ai quali, con valutazione
di merito coerente, non sindacabile in questa sede, è stata esclusa la sussistenza
di una dimostrazione concreta di effettività di tali redditi, suscettibile di fornire
giustificazione economica all’acquisizione del cespite immobiliare di cui si discute.
Sul punto l’unica omessa valutazione riguarda la deduzione attinente alla
percezione, da parte del figlio Marino Gaetano all’epoca in cui era convivente con
la madre di un indennizzo assicurativo, elemento cui la difesa si riporta, del
quale non è stata offerta alcuna confutazione nell’ordinanza impugnata, che può
assumere astratto rilievo, stante l’epoca in cui la riscossione sarebbe avvenuta.
3. Affermato il principio di diritto secondo il quale la data di consumazione
del reato di cui all’art. 12 quinques d.l.cit. nel caso di immobile realizzato su
fondo di proprietà dell’indagato non possa identificarsi con la data di
perfezionamento della procedura di accatastamento, ma con quella in cui è stata
portata a termine l’edificazione dello stabile, che segna anche il limite temporale
dell’afflusso di capitali in tesi accusatoria attribuibili a terzi, presupposto
costitutivo del reato, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con
rinvio al giudice di merito affinché accerti tale collocazione temporale, al fine di
valutare l’eccezione di prescrizione proposta, ed analizzi, alla luce di tale
collocazione anche la rilevanza della mancata analisi dell’intervento dei capitali
da indennizzo, la cui effettività ed ipotetica incidenza non è stata esaminata nel
provvedimento impugnato.

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concretezza. Il condivisibile principio della rilevanza delle entrate sfuggite

4. Per l’effetto si dispone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con
rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Napoli.

Così deciso il 26/05/2015

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