Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27093 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27093 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI LECCE
nei confronti di:
GRECO ANTONIO N. IL 02/12/1952
MARINO ANNA RITA N. IL 06/01/1955
D’ALESSANDRO ALESSANDRA N. IL 31/01/1965
ROCHIRA RAFFAELE N. IL 28/04/1962
avverso la sentenza n. 4175/2013 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
04/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
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Data Udienza: 26/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4.12.2013 il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Lecce ha dichiarato non doversi procedere perché il fatto
non sussiste nei confronti di GRECO Antonio, MARINO Anna Rita ,
D’Alessandro Alessandra, imputate del reato di cui agli artt. 110 cod.
pen. – 372 cod. pen., e ROCHIRA Raffaele imputato del reato di cui

processo dinanzi al Giudice di pace di Lecce nei confronti di PERSANO
Roberta per ingiurie e minacce ai danni di VERARDI Luigia.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Lecce denunziando vizio di
contraddittorietà e mancanza della motivazione in quanto il Giudice, da
un lato, afferma che i fatti, così come rappresentati, avrebbero potuto
aver luogo e, dall’altro, della difficile comprensione della circostanza
secondo la quale i testi Marino, D’Alessandro e Greco avevano collocato
gli stessi fatti in un periodo temporale incompatibile con la presenza
della Verardi presso la sua abitazione ove si erano svolti, osservando
che il Giudice di pace aveva concluso che i predetto testi si erano riferiti
ad un episodio diverso e successivo rispetto a quello per cui era
processo. Secondo il ricorrente, proprio tali emergenze avrebbero
dovuto imporre la necessità di un approfondimento dibattimentale,
mancando una motivazione circa la sua inutilità.
3. Con memoria difensiva nell’interesse degli imputati, la difesa deduce
l’inammissibilità del ricorso perché in fatto, carenza di interesse
prospettandosi quale finalità solo quella di consentire l’arricchimento del
quadro probatorio senza che muti l’esito del giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il
G.u.p., quale parametro di valutazione, non deve utilizzare quello
dell’innocenza dell’imputato, ma quello dell’impossibilità di sostenere
l’accusa in giudizio, con la conseguenza che l’insufficienza e la
1

all’art. 372 cod. pen. in relazione alle deposizioni rese nel corso del

contraddittorietà degli elementi acquisiti ai sensi dell’art. 425 cod.
proc. pen. debbono avere caratteristiche tali da non poter essere
ragionevolmente considerate superabili (Sez. 6, n. 5049 del
27/11/2012, Cappello e altri, Rv. 254241).
2. Nella specie, la sentenza liberatoria impugnata, da un lato, pur
rilevando la discrasia delle tre deposizioni del GRECO, MARINO e
D’ALESSANDRO rispetto al referto nei confronti della VERARDI,

aveva argomentato il Giudice di pace – al riferimento ad un altro
episodio, l’ha considerata insanabile nel giudizio dibattimentale;
dall’altro, ha rilevato che le tre testimonianze in questione erano state
giudicate estranee all’oggetto del giudizio, riferendosi ad un episodio
non oggetto della accusa.
3. Ebbene, quanto al primo aspetto rilevato la deduzione del ricorrente
involge una questione di fatto incensurabile in sede di legittimità ove
– come nella specie – si esuli da profili di illogicità o vizio di legge.
Quanto al secondo rilievo – pur non tenendo conto che la pertinenza e
rilevanza della testimonianza deve essere effettuata ex ante – esso
non individua una violazione della richiamata regola di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma,26.5.2015.

attribuendola o ad un errore nell’indicazione dell’orario oppure – come

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