Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27092 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27092 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARACCIOLO FABIO N. IL 15/12/1982
avverso l’ordinanza n. 990/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
19/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
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Data Udienza: 20/05/2015

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 19 dicembre 2014 il Tribunale del riesame di
Lecce ha rigettato l’istanza proposta da Fabio Caracciolo ex art. 309 c.p.p.
avverso l’ordinanza del G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 4 novembre
2014, che disponeva nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in
carcere per il reato di partecipazione ad un’associazione per delinquere di
stampo mafioso denominata “sacra corona unita”, e in particolare ad una sua

provincia di Lecce (capo sub A).

2. Il difensore del Caracciolo ha proposto ricorso per cassazione avverso la
su citata ordinanza del Tribunale del riesame, deducendo due motivi di doglianza
il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

2.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali circa la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 416-bis c.p., per avere il
Tribunale omesso di indicare quali siano gli specifici elementi indiziari emersi a
carico del Caracciolo, facendo altresì riferimento a situazioni del tutto estranee
alla sua posizione processuale. Né, in particolare, emerge con chiarezza la
ragione per cui il contrasto successivamente insorto con il Notaro costituisca una
circostanza idonea a presupporre l’esistenza dell’associazione.

2.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali riguardo agli artt. 274 e 275
c.p.p., per avere il Tribunale utilizzato solo formule di stile in punto di
riconoscimento della sussistenza delle esigenze cautelari, senza tenere conto del
fatto che il reato associativo è contestato con intervallo temporale chiuso e che il
ricorrente si è allontanato da un contesto territoriale ed ambientale che lo ha
visto vittima di condotte estorsive commesse in suo danno e del di lui genitore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2.

Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata non emergono con la

necessaria precisione e con la indispensabile chiarezza di un adeguato corredo
critico-argomentativo

gli

elementi

indiziari

a

sostegno

dell’ipotizzata

partecipazione del ricorrente al reato associativo contestato nel capo sub A).

1

frangia, diretta da Sergio Notaro ed operante nella zona settentrionale della

Invero, solo nelle pag. 10-11 del provvedimento, e in uno sporadico
passaggio motivazionale contenuto a pag. 6 (direttamente tratto, peraltro, dalle
risultanze di un’intercettazione), il Tribunale ha affrontato la posizione del
ricorrente, limitandosi ad enucleare in rapida successione alcuni spunti
investigativi di rilievo in sè neutro (telefonate di convocazione di un coindagato
presso l’azienda del Notaro; partecipazione, assieme a quest’ultimo, ad attività di
erogazione di prestiti ed all’acquisto di un terreno poi fittiziamente intestato alla
sorella; contrasto insorto con il Notaro per debiti accumulati nei suoi confronti,

gravità del peso indiziario che mostra di attribuirvi.
Si fa leva, in tal modo, sulla pretesa autoevidenza di dati di fatto, dei quali si
omette di fornire qualunque spiegazione sulle ragioni della loro significatività in
relazione alle conclusioni ivi raggiunte.
Deve sul punto ribadirsi (Sez. 6, n. 27928 del 14/06/2013, dep.
26/06/2013, Rv. 256262; Sez. 6, n. 18190, 04/04/2012, dep. 14/05/2012, Rv.
253006) che, in tema di misure cautelari personali, l’obbligo di motivare
l’ordinanza applicativa di misure coercitive, nonché quella di conferma in sede di
riesame, non può ritenersi assolto dalla semplice riedizione del compendio
investigativo, facendo leva sull’autoevidenza dello stesso, occorrendo invece una
valutazione critica ed argomentata delle fonti indiziarie singolarmente assunte e
complessivamente considerate, il cui controllo in sede di legittimità deve limitarsi
a verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza di completezza espositiva.
Al riguardo, sotto altro ma connesso profilo, giova richiamare il principio
affermato da questa Suprema Corte (Sez. 1, n. 26331 del 07/06/2011, dep.
06/07/2011, Rv. 250670), secondo cui, in tema di associazione a delinquere di
tipo mafioso), la messa a disposizione dell’organizzazione criminale, rilevante ai
fini della prova dell’adesione, non può risolversi nella mera disponibilità
eventualmente manifestata nei confronti di singoli associati, quand’anche di
livello apicale, a servizio di loro interessi particolari, ma deve essere
incondizionatamente rivolta al sodalizio ed essere di natura ed ampiezza tale da
dimostrare l’adesione permanente e volontaria ad esso per ogni fine illecito suo
proprio.
Inoltre, la mera frequentazione di soggetti affiliati al sodalizio criminale per
motivi di parentela, amicizia o rapporti d’affari, ovvero la presenza di occasionali
o sporadici contatti in occasione di eventi pubblici e in contesti territoriali ristretti
non costituiscono elementi di per sé sintomatici dell’appartenenza
all’associazione, ma possono essere utilizzati come riscontri da valutare ai sensi

2

ecc.), senza offrirne una disamina, analitica e globale, idonea a far risaltare la

dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., quando risultino qualificati da
abituale o significativa reiterazione e connotati dal necessario carattere
individualizzante (da ultimo, v. Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, dep.
08/03/2012, Rv. 252281).
In tal senso, dunque, la condotta di partecipazione può essere desunta da
indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti
propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa
logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purché si tratti di indizi

pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della
qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e
però significativi “facta concludentia” -, idonei senza alcun automatismo
probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo,
con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato
dall’imputazione (Sez. Un., n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, Rv.
231670).

3. S’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata

ordinanza, per un nuovo esame sui punti critici ora evidenziati, che nella piena
libertà dei relativi apprezzamenti di merito dovrà colmare le su indicate lacune
motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede
statuiti.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce per nuovo
esame.

Così deciso in Roma, lì, 20 maggio 2015

Il Consigliere estensore

gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle

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