Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27085 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 27085 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Carbone Rocco, nato a Bagnara Calabra il 14/08/1967
2. Casadonte Pasquale, nato a Palmi il 16/03/1973
avverso la sentenza del 16/12/2013 della Corte d’appello di Reggio Calabria
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Paolo
Canevelli che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi per rinuncia;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 16/12/2013, ha
parzialmente confermato la condanna di Carbone Rocco e Casadonte Pasquale
pronunciata dal Tribunale di quella città del 10/01/2012, in relazione
all’imputazione di cui all’art. 416 bis cod.pen, escludendo l’aggravante di cui al
comma 6 della fattispecie incriminatrice, applicata in primo grado nei confronti di
Casadonte, e determinando la pena a lui inflitta in anni sei di reclusione, e
confermando la pronuncia di primo grado nei confronti del Crabone.
2.1. La difesa di Rocco Carbone con il suo ricorso ha denunciato vizio di
motivazione della sentenza quanto all’accertamento dell’effettiva consistenza
dell’azione inquadrata nella partecipazione ad associazione mafiosa, a lui
riconducibile, e deduce sul punto un contrasto valutativo della pronuncia rispetto
ad altro imputato del medesimo reato, oltre che la mancata individuazione di
canoni valutativi oggettivi sulle argomentazioni ricavabili dalle intercettazioni. Si
richiamano le deduzioni contenute in atto di appello con riferimento alla
mancanza di riscontri a tali interpretazioni.

Data Udienza: 26/05/2015

Si deduce conseguentemente che la Corte non abbia fornito risposte alle
osservazioni svolte sul punto nell’atto di appello, che ponevano in crisi la
oggettiva riconducibilità dei comportamenti del ricorrente allo schema giuridico
del reato ritenuto.
2.2. Si denuncia assenza di motivazione sull’istanza di qualificazione dei
fatti ai sensi dell’art. 418 cod. pen. o quale concorso esterno in associazione
mafiosa, deduzione rimasta priva di confutazione.

all’entità della pena, determinata in violazione del principio della irretroattività
della norma meno favorevole; al mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche, di cui si era sollecitata l’applicazione; all’applicazione dell’aggravante
di cui all’art. 416 bis comma 4 cod. pen.
3.1. Nell’interesse di Casadonte la difesa deduce carenza di motivazione
riguardo agli elementi costitutivi del reato associativo, con particolare riferimento
alla consapevolezza della funzione dell’interessato nell’ambito dell’attività del
gruppo, oltre che delle specifiche osservazioni difensive al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili ai sensi dell’art. 591 comma 1 lett d) cod.
proc pen.
2.

Risultano

proposte dai

diretti

interessati

atti

di

rinuncia

all’impugnazione, segnatamente da Carbone con atto formulato presso l’ufficio
matricola della struttura carceraria ove è astretto, il 20/04/2015, inviato il
giorno successivo alla Corte d’appello, e qui pervenuta in data 7/5/2015, e da
Casadonte inoltrata con lettera del direttore il 27/02/2015 e seguita da altri atti
analoghi a sua firma del medesimo tenore, che hanno imposto di decidere
autonomamente le loro impugnazioni, stralciando i relativi ricorsi dal
procedimento a carico dei coimputati.
3.

L’intervenuta rinuncia all’impugnazione impone l’accertamento di

inammissibilità dei ricorsi nonché la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma, ritenute equa in ragione della natura
sopravvenuta della causa di inammissibilità, in favore della Cassa delle
ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.

2

Cassazione sezione VI, rg. 21269/2015

2.3. Analogo vuoto argomentativo viene evidenziato con riferimento

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno a quello della somma di € 300 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso il 26/05/2015

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