Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2704 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2704 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CACCIOLA ROSARIA N. IL 19/12/1971
avverso la sentenza n. 13876/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, del
02/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 06/12/2013

1) con sentenza del 2.10.2012 il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica,
condannava Cacciola Rosaria, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena di euro 2.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art.5 lett.b)
L.30.4.1962 n.283.
Propone impugnazione Cacciola Rosario, chiedendo di essere mandata assolta perché il
fatto non sussiste o non costituisce reato, essendo stato il prodotto sequestrato
rinvenuto lontano dai locali di produzione e non essendo stata, comunque, svolta alcuna
analisi; chiede, altresì, di essere mandata assolta per non aver commesso il fatto, non
interessandosi della gestione dell’esercizio commerciale ed, in ogni caso, la riduzione
della pena.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1)Secondo giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte il cattivo stato di
conservazione si riferisce a “quelle situazioni in cui le sostanze alimentari, pur
potendo essere ancora perfettamente genuine e sane, si presentano mal conservate:
ossia preparate o confezionate o messe in vendita senza l’osservanza di quelel
prescrizioni,- di leggi, di regolamenti, di atti amministrativi generali- che sono dettate
a garanzia della loro buona conservazione sotto il profilo igienico sanitario e che
mirano a prevenire quel pericolo di precoce degradazione o contaminazione o
alterazione il cui verificarsi determinerebbe la progressione dell’ipotesi sub b) in
una di quelle previste sotto le lettere a), c) o d”. La previsione di cui all’art.5 lett.b) è
quindi da collegare “”ai casi di inosservanza delle disposizioni concernenti le modalità
di conservazione dei prodotti alimentari (quali i sistemi di confezionamento, i luoghi di
conservazione, la difesa da elementi inquinanti o insudicianti, le condizioni ambientali e
microclimatiche di esposizione, di stivaggio, di trasporto..” (Cass.sez.un. 4 gennaio
1996 n.1-Timpanaro).
2.2)11 Tribunale, con accertamento in fatto argomentato ed immune da vizi logici, ha
ritenuto che gli alimenti rinvenuti in un frigo congelatore a pozzetto “allocato in una
rientranza della scala di collegamento tra il piano di vendita ed il sottostante
deposito” si trovassero in cattivo stato di conservazione.
Ha poi evidenziato che sull’imputata, quale legale rappresentante della “snc Gran
Caffè Imperous”, incombeva l’obbligo della corretta conservazione degli alimenti;
infine, quanto alla determinazione della pena, ha richiamato tutti i criteri di cui
all’art.133 c.p.
2.3)La ricorrente richiede sostanzialmente una rivisitazione delle risultanze
processuali, senza considerare che l’indagine di legittimità è circoscritta, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato all’accertamento
dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione
impugnata senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il
giudice si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle
acquisizioni processuali. Esula infatti dai poteri della Corte quello di una “rilettura
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OSSERVA

degli elementi di fatto posti a base della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa e per il ricorrente più adeguata
valutazione delle risultanze processuali (Cass.sez.un.n.06402 del 2.7.1997).
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 6.12.2013

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