Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2694 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2694 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Labate Michele nato a Reggio Calabria il 10/5/1956
avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Reggio Calabria, in data 24/6/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott.ssa Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 24/6/2013 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria disponeva l’applicazione nei confronti, fra gli
altri, di Labate Michele della misura della custodia cautelare in carcere in
relazione ai reati di cui agli artt. B) 110, 61 nn. 6 e 7, 629 comma 2 cod.
pen., 7 legge n. 203 del 1991 e C) 61 n. 6, 416 bis commi 1, 2, 3, 6, 8 cod.
pen.

1

Data Udienza: 09/01/2014

2.

Avverso tale provvedimento l’indagato Labate Michele propone ricorso

per saltum in Cassazione, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. violazione di legge e segnatamente degli artt. 292 comma 2 e 125
comma 3 cod. proc. pen., con riferimento alla totale mancanza di
motivazione del provvedimento impugnato,in quanto la gravità indiziaria
viene sostenuta solo sulla base di allusioni, congetture e sospetti, essendo
carente qualsiasi motivazione sugli elementi essenziali della condotta che il

capo B), posto a fondamento anche della contestazione del reato associativo
di cui al capo C). Evidenzia al riguardo che il Labate non risulta essersi
relazionato con alcuno dei coimputati né risulta che lo stesso abbia avuto
contatti, diretti o mediati, finalizzati all’accaparramento a prezzo vile del
terreno e del capannone di Remo Umberto; quest’ultimo, in particolare, non
avrebbe addebitato al ricorrente alcuna condotta attiva nell’estorsione
subita.
2.2. violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. per l’assenza di indizi
individualizzanti a carico del ricorrente nonché violazione dell’art. 6 della
CEDU nell’interpretazione recepita dalla Corte di Cassazione con riguardo
all’idoneità delle dichiarazioni irripetibili della persona offesa a fondare la
gravità indiziaria.
2.3. Quanto al reato di cui al capo C), si eccepisce l’assenza di qualsiasi
ulteriore condotta, al di là della presunta estorsione di cui al capo B),
indicativa di una protrazione della condotta associativa successiva a quella
valutata nel procedimento n. 4358/04 RG DDA, per il quale è già intervenuta
condanna del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per essere stato proposto
per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge. Deve, al riguardo,
rilevarsi che, ai sensi dell’art. 311 comma 2 cod. proc. pen., il ricorso per
saltum in cassazione avverso un’ordinanza applicativa di una misura
coercitiva può essere proposto soltanto per violazione di legge, tale
dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione,
quella avente ad oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di
completezza della stessa, atteso che tale tipo di gravame è alternativo a
quello del riesame, ove possono essere proposte le censure riguardanti lo

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ricorrente avrebbe tenuto per concorrere nel reato di estorsione di cui al

sviluppo logico giuridico delle argomentazioni del provvedimento
impugnato, ovvero le prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi
probatori acquisiti agli atti (sez. 1 n. 3273 del 27/4/1999, Rv. 213723; sez.
6 n. 44996 del 13/11/2008, Rv. 241664).
E così, con riferimento a quanto eccepito nei primi due motivi di
ricorso ed in particolare al concorso del ricorrente nel delitto di estorsione,
nel provvedimento impugnato non è affatto mancante la motivazione in

Michele; in tale direzione, all’esito di un analitico esame delle risultanze
investigative raccolte dal P.M., il giudice ha ricostruito il ruolo ricoperto dal
suddetto Labate Michele, all’epoca dei fatti in stato di latitanza per delitti di
criminalità organizzata, sia personalmente sia attraverso le azioni poste in
essere dai nipoti Remo Pasquale e Remo Giovanni, nella pretesa estorsiva
in danno di Remo Umberto. Quanto poi alla violazione dell’art. 6 della
CEDU, con riguardo all’idoneità delle dichiarazioni irripetibili della persona
offesa a fondare la gravità indiziaria, i principi richiamati nel ricorso
attengono alla fase del giudizio, precisamente al rispetto del principio del
contraddittorio nel processo, e non sono pedissequamente applicabili alla
fase delle indagini preliminari ed in particolare nel procedimento incidentale
di applicazione di una misura cautelare.
E quanto rilevato nell’ordinanza impugnata in ordine al reato di
estorsione di cui al capo b) vale a fondare, sempre sotto il profilo della
gravità indiziaria e nei limiti di quanto è possibile dedurre con ricorso per
saltum in cassazione, l’ipotesi accusatoria anche in relazione al reato
associativo per essere stata accertata una condotta protrattasi in epoca
successiva a quella accertata in altro procedimento definito con sentenza di
condanna a carico del ricorrente.
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannate al pagamento delle spese del procedimento nonché al
versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
4.1. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma
1 bis del citato articolo 94.

3

ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del Labate

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di € 1.000,00.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di

Così deliberato in camera di consiglio, il 9 gennaio 2014

Il Consiglier

tensore

U

Dott. Robert 1 iàs.Carrelli Palombi di Montrone

4

attuazione del codice di procedura penale.

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