Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2691 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2691 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Perrone Giuseppe nato ad Acquaviva delle Fonti (BA)
23/6/1992
avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza, sezione del riesame in data
24/8/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. ssa Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12/7/2013 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Melfi disponeva l’applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Perrone Giuseppe solo con riguardo alle
esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. b) cod. proc. pen. e non anche con
riguardo a quelle di cui alle lettere a) e c) dello stesso articolo in relazione ai
reati di cui agli artt. A) 582, 585 in riferimento all’art. 576 comma 1 n. 1

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Data Udienza: 09/01/2014

cod. pen. b) 629 commi 1 e 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n. 3 bis cod.
pen. c) 610 cod. pen. d) 81 cpv. cod. pen., 75 comma 2 d. Igs. n. 159 del
2011.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Melfi chiedendo l’applicazione della misura
anche sotto il profilo delle esigenze cautelari di cui alle lettere a) e c) dell’art.
274 cod. proc. pen.
Il Tribunale di Potenza, sezione del riesame, con ordinanza del

24/8/2013, accogliendo l’appello proposto dal RM., in riforma
dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Melfi,
disponeva che la misura cautelare della custodia in carcere fosse applicata
nei confronti di Perrone Giuseppe anche in relazione alle esigenze cautelari
di cui alle lettere a) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen.

2. Ricorre per Cassazione l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia,
sollevando il seguente motivo di gravame: violazione di legge e vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 125, 310, 274 lett. a), b) e c), 275 cod. proc.
pen. Evidenzia che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare la carenza di
interesse all’impugnazione per essere stata comunque applicata da parte
del giudice per le indagini preliminari la misura della custodia cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato. La problematica
sottoposta all’esame di questa Corte, al di là della ricostruzione del fatto
oggetto del procedimento cautelare e della sequenze processuali che lo
hanno caratterizzato non attinte dall’impugnativa, attiene alla sussistenza
di un concreto interesse del Pubblico Ministero ad impugnare un’ordinanza
con la quale è stata disposta nei confronti dell’indagato l’applicazione di
una misura cautelare per una sola delle esigenze cautelari prospettate nella
richiesta avanzata dalla Pubblica Accusa. Soccorre in proposito la
giurisprudenza di questa Corte che, sia pure con affermazioni datate (sez.
1 n. 1428 del 1/4/1992, Rv. 190131; sez. 6 n. 3344 del 25/9/1992, Rv .
192536), ma tuttora valide e meritevoli di essere ribadite, anche se relative
a fattispecie concrete non perfettamente sovrapponibili a quella oggetto del
presente ricorso, ha ritenuto che, in tema di misure cautelari, il pubblico

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1.2.

ministero ha interesse ad impugnare il provvedimento del G.I.P. che
ritenga sussistente l’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma primo,
lett. a), cod. proc. pen., ma non anche quella di cui alla lett. c) di tale
norma. In quel caso si era ritenuto sussistere un concreto interesse del
pubblico ministero al riconoscimento di esigenze cautelari diverse da quella
di cui alla suddetta lett. a), soggetta alla fissazione di un termine, poiché,
indipendentemente dalla fissazione di tale termine in misura coincidente

sono destinate a permanere oltre la fase delle indagini preliminari.
E con particolare riferimento al caso di specie è da ritenere
altrettanto sussistente un interesse del pubblico ministero ad impugnare
un’ordinanza con la quale è stata disposta l’applicazione di una misura
cautelare sulla base di una soltanto delle esigenze cautelari, nel caso di
specie quella di cui all’art. 274 lett. b), in quanto quest’ultima, in seguito ai
successivi sviluppi processuali, potrebbe in ogni momento venire meno con
conseguente caducazione del titolo cautelare e liberazione dell’indagato.
Sussiste, infatti, nel caso di specie, un concreto ed effettivo interesse della
parte pubblica al conseguimento di un provvedimento cautelare dal quale
consegue la limitazione della libertà personale di un indagato sulla base di
tutte le esigenze cautelari ravvisate nel caso concreto; ciò vale, altresì, a
sorreggere l’impugnazione volta a rimuovere gli effetti di quel
provvedimento che abbia ritenuto di limitare la cautela ad una soltanto
delle ragioni indicate dalla parte richiedente.
A ben diversa fattispecie si riferisce la giurisprudenza di questa
Corte citata dal ricorrente, sulla base della quale lo stesso assume la
carenza di interesse da parte del pubblico ministero che ha proposto
appello avverso l’ordinanza del G.I.P. Difatti, stante il rilievo autonomo ed
anche alternativo di ciascuna delle esigenze cautelari di cui alle lettere a),
b) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen., è stata considerata sfornita d’interesse
un’impugnazione che investe soltanto una delle esigenze cautelari
nell’accertata esistenza dell’altra; ciò in quanto, in tale ipotesi l’eventuale
apprezzamento favorevole della doglianza non condurrebbe mai ad un
effetto liberatorio a causa della permanenza dell’altra (sez. 1 n. 28/1/1998,
Rv. 211117).

4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
respinge il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere

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giu/–

con quello massimo di fase, le esigenze di cui alle successive lett. b) e c)

condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poiché
dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente
si trova ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deliberato in camera di consiglio, il 9 gennaio 2014

Il Consigl re estensore
Dott. Rob

Ps

i. Carrelli Palombi di Montrone

Il

dente

dott. nton o Esposito

citato articolo 94.

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