Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26903 del 03/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26903 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RICCARDO ANTONIO N. IL 17/11/1974
BELARDO ROCCO N. IL 06/09/1975
avverso la sentenza n. 1965/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 18/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
CIAMPI;

Data Udienza: 03/12/2014

1. Gli imputati Riccardo Antonio e Berardo Rocco ricorrono per cassazione contro la sentenza
di cui in epigrafe deducendo violazione di legge in ordine alla erronea qualificazione del delitto
loro ascritto quale furto consumato anziché tentato; alla omessa motivazione in merito alla
contestata aggravante ed alla mancata sospensione della pena, nonché alla prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche.
2. I ricorsi sono inammissibili perché proposti per motivi manifestamente infondati e, ex
articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p., perché i motivi sono privi del requisito della
specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di
effettiva critica alla decisione impugnata.
Questa Corte, con consolidato orientamento, ha ribadito che per la consumazione del reato di
furto è sufficiente che la cosa sottratta sia passata sotto il dominio esclusivo dell’agente anche
se per breve tempo e senza spostamento dal luogo della sottrazione (ex plurimis, Cass. IV,
22558\05, Volpi). Nel caso di specie gli imputati si erano impossessati della refurtiva, che solo
successivamente fu recuperata dopo l’allarme dato dalla parte offesa.
Quanto all’aggravante – la cui sussistenza emerge comunque con chiarezza dai fatti di causa- il
relativo motivo non risulta proposto in sede di gravame, mentre – contrariamente a quanto
affermato dai ricorrenti- risulta congruamente motivato il diniego della sospensione
condizionale della pena, avendo gli imputati nel frattempo avviato o incrementato una non
modesta deriva delinquenziale, essendo gravati da precedenti della stessa indole ed avendo
oltretutto il Riccardo già usufruito del beneficio.
I ricorrenti pretendono infine che in questa sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle

modalità mediante le quali il giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso
dall’ordinamento ai fini della valutazione del giudizio di comparazione delle attenuanti generiche
con le aggravanti e la recidiva.
In proposito va ricordato che questa Corte di legittimità, con giurisprudenza consolidata ha statuito
che “Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti
sono censurabili in cassazione soltanto nella ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto
detta soluzione la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto” (Cass.
I, 15542\01, Pelini).

Nel caso di specie, il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha spiegato di non ritenere i
ricorrenti meritevoli della prevalenza delle attenuanti in ragione degli elementi già sopyra
evidenziati.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego della prevalenza, che le
censure de t,ficorrent
.
non valgono a scalfire.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
del procedimento e, ciascuno, al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione
pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e, ciascuno, della somma di C 1.000= in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2014
Il Consiglie e estensore

Il Pr

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