Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26900 del 12/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 26900 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PORCELLI VITO N. IL 20/05/1966
avverso la sentenza n. 494/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 giugno 2008 il Tribunale di Bari ha dichiarato Porcelli
Vito colpevole del reato di cui agli artt. 4 e 7 legge n. 895 del 1967, come
modificati dagli artt. 12 e 14 legge n. 497 del 1994, commesso il 9 marzo 2000,

multa.
2. La Corte di appello di Bari, con sentenza del 10 dicembre 2012, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, che ha confermato nel resto, ha
ridotto la pena inflitta all’imputato appellante, previa concessione dell’attenuante
di cui all’art. 5 legge n. 895 del 1967, in quella di mesi otto di reclusione ed euro
centocinquanta di multa.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due
motivi, denunciando, con il primo motivo, ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. b)
ed e) , cod. proc. pen., violazione di legge ed evidente carenza e/o manifesta
illogicità della motivazione per la non corretta adeguata valutazione del quadro
probatorio in contrasto con il disposto normativo di cui all’art. 192 cod. proc.
pen., e dolendosi, con il secondo motivo, della omessa declaratoria della
intervenuta prescrizione del reato, sicuramente maturata nel periodo
immediatamente successivo al 9 settembre 2012.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Quanto al primo motivo si osserva che il ricorrente, pur denunciando
formalmente anche una violazione di legge con riferimento ai principi di
valutazione della prova, non critica in realtà la violazione di specifiche regole
inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma,
postulando la lacunosità della interpretazione delle fonti di prova, condotta in
sede di merito, chiede la rilettura del quadro probatorio e una diversa
valutazione della propria condotta.

2

e lo ha condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro duecento di

Tale prospettazione, che si traduce nel sostanziale riesame nel merito, è,
però, inammissibile in sede d’indagine di legittimità sul discorso giustificativo
della decisione, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia come nella specie- una sua chiara e puntuale coerenza argomentatíva e sia
logicamente congrua alle risultanze del quadro probatorio, valutate in continuità
argonnentativa con l’analisi svolta dal primo Giudice.
3. Del tutto infondato è il secondo motivo, che riguarda la dedotta estinzione
del reato ascritto per intervenuta prescrizione in data antecedente alla pronuncia

3.1. Deve premettersi che, ai fini della operatività delle disposizioni
transitorie della nuova disciplina della prescrizione, introdotta con la legge n. 251
del 2005, riconosciuta sul punto costituzionalmente legittima (v. sentenza Corte
Cost. n. 72 del 2008, che ha richiamato la precedente sentenza n. 393 del 2006,
e ordinanza della stessa Corte n. 43 del 2012), la pronuncia della sentenza di
primo grado alla data di entrata in vigore della detta legge determina la
pendenza in grado di appello del procedimento, ostativa all’applicazione
retroattiva delle norme più favorevoli (Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009, dep.
10/12/2009, D’Amato, Rv. 244810; Sez. U, n. 15933 del 24/11/2011, dep.
24/04/2012, P.G. in proc. Rancan, Rv. 252012).
Nel caso di specie, pertanto, essendo stata emessa la sentenza di primo
grado il 12 giugno 2008 il termine di prescrizione deve essere calcolato secondo
la disciplina normativa introdotta dalla legge n. 251 del 2005.
3.2. L’indicato termine non era, tuttavia, maturato alla data della pronuncia
della sentenza di appello, avuto riguardo al reato scritto, all’indicato tempus

commissi delicti, agli intervenuti atti interruttivi e ai periodi di sospensione,
disposti nei due gradi del giudizio di merito e rilevati dall’esame diretto degli atti
processuali, cui questa Corte ha diritto di accedere per l’indicato fine.
Tale rilievo esclude che il Giudice di appello doveva rilevare, come si
assume, una prescrizione non ancora maturata.
3.3. Il decorso del termine prescrizionale, sopravvenuto alla sentenza di
appello, non può essere, infine, rilevato in questa sede, perché la inammissibilità
infondatezza della ulteriore ragione di censura ha precluso la corretta
instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione
(Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164).
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a
escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento -in favore della Cassa delle ammende- di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in mille euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

3

della sentenza di appello.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille

euro alla

aza4; :

Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2014

Il P esidente

Il Consigliere estensore

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