Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2690 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2690 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONDORACHE CATALIN LAURENTIN N. IL 01/03/1974
avverso la sentenza n. 3009/2003 CORTE APPELLO di TORINO, del
10/11/2003
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/11/2015

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, decidendo
sull’impugnativa promossa da Condorache Catalin avverso la sentenza
emessa dal Tribunale di Alessandria in data 12.05.11, ha confermato
detta pronuncia, di condanna per il delitto di rapina ai danni di Horvath
Anita.
Avverso detta pronunzia ricorre, assistito dal difensore di fiducia,

l’imputato, svolgendo motivi: in ordine alla dichiarazione di contumacia
dell’imputato, non risultando agli atti il verbale di vane ricerche dello
stesso né emergendo in alcun modo che l’imputato abbia effettivamente
avuto notizia del processo; in ordine alla violazione del diritto di difesa,
essendo la condanna principalmente fondata sulle dichiarazioni della
persona offesa, esercente all’epoca il mestiere di prostituta, e divenuta
in seguito irreperibile nel processo; in ordine alla insufficienza, nel
merito di tali dichiarazioni e degli ulteriori elementi acquisti, a fondare
un giudizio di condanna.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato, risultando la legittimità del
decreto di latitanza siccome basato sul verbale di vane ricerche e non
avendo il ricorso esposto una fondata critica al riguardo, limitandosi ad
osservare che non risulterebbe allegato agli atti detto verbale di vane
ricerche, dunque non verificabile nel merito.
Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.
La sentenza impugnata si fonda ampiamente sulle dichiarazioni
testimoniali della parte offesa.
Dunque, la penale responsabilità dell’imputato è in sentenza
prevalentemente affermata proprio sulla base delle dichiarazioni
rilasciate dalla parte offesa in sede di denuncia-querela.
Deve rilevarsi che la Corte territoriale ha ritenuto di riferirsi al
consolidato indirizzo di questa Corte di legittimità secondo cui, al fine di
dare lettura a norma dell’art. 512 cod. proc. pen. delle dichiarazioni rese
nel corso delle indagini preliminari di cui è divenuta impossibile la
ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili, l’apprezzamento
dell’imprevedibilità dell’evento spetta al giudice di merito, che è tenuto a
motivare adeguatamente sul punto; con riguardo al caso di specie è
utile ricordare la puntualizzazione secondo cui non può, peraltro,
considerarsi adeguata la motivazione che fonda la prevedibilità

1

dell’irripetibilità della dichiarazione sulla mera circostanza che la
dichiarante sia cittadina extracomunitaria in attesa di permesso di
soggiorno e dedita alla prostituzione (Cass., sez. III, 22.4.04, n. 23282).
Orbene, poiché la parte offesa dichiarò di abitare in Alessandria, si
ritiene dai giudici di merito che siano stati acquisiti elementi atti a
fondare una prognosi di reperibilità; né possono apprezzarsi elementi in
senso contrario (non potendo rilevare né la condizione di straniera priva

di permesso di soggiorno della parte offesa né l’attività di prostituzione
dalla stessa esercitata).
Sulla scorta di queste osservazioni – che attendono alla legittimità della
acquisizione probatoria – la Corte di appello procede alla valutazione
delle stesse, fondandovi come già osservato la propria decisione.
L’operato dei giudici di merito deve essere vagliato alla luce del disposto
dell’art. 6, § 3, lettera d) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
che, nella lettura avvalorata dalla consolidata giurisprudenza della Corte
EDU, stabilisce il principio secondo cui gli elementi di prova per una
pronuncia di condanna devono in linea di principio essere proposti in
pubblica udienza nel contraddittorio con l’imputato, il quale ha il diritto
di interrogare o fare interrogare i testimoni a carico, inteso il riferimento
ai testimoni nella maniera più larga, comprensiva di qualsiasi soggetto
autore di una dichiarazione probatoria (cfr. sent. 13.1.2009, Taxquet c.
Belgio).
Precisa la Corte che, in determinate circostanze (così quando il rifiuto di
ripetere quanto in precedenza dichiarato sia dovuto a intimidazione),
possono essere utilizzate dichiarazioni rese nel corso delle indagini
preliminari, purché sia custodito e realizzato il diritto al controesame
(eventualmente in sedi diverse e anche anticipate rispetto al
dibattimento) (cfr. sent. 13.10.2005, Bracci c. Italia; sent. 19.10.2006,
Majadallah c. Italia).
La utilizzazione delle dichiarazioni non sottoposte a contraddittorio non è
del resto esclusa; tuttavia, è ad esse attribuito uno statuto inferiore
rispetto al restante materiale probatorio: giacché l’eventuale decisione di
condanna non potrà basarsi né esclusivamente né in modo determinante
sulla prova dichiarativa in oggetto (sent. 5.12.2002, Craxi c. Italia; sent.
15.12.2011, Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito).
Questa giurisprudenza è stata ribadita con riguardo al caso – rilevante
nella fattispecie – in cui il testimone esaminato nel corso delle indagini

2

preliminari sia poi divenuto irreperibile (sent. 26.3.1996, Doorson c.
Paesi Bassi).
La giurisprudenza di questa Corte, nella pronuncia a sezioni unite del
25.11.2011, n. 27918 (successivamente confermata dalle sezioni
semplici: cfr. per es. Cass.s ez. II, 22.12.2014, n. 1945), ha stabilito
alcuni fondamentali arresti alla luce dei ricordati indirizzi della Corre
EDU, tra i quali, rilevanti nel caso in esame, i seguenti.

bis cod. proc. pen. – di provare la colpevolezza dell’imputato sulla base
di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre
volontariamente sottratto all’esame dell’imputato o del suo difensore, è
stato fissato il principio secondo cui non è necessaria la prova di una
specifica volontà di sottrarsi al contraddittorio, ma è sufficiente – in
conformità ai principi convenzionali (art. 6 CEDU) – la volontarietà
dell’assenza del teste determinata da una qualsiasi libera scelta, sempre
che non vi siano elementi esterni che escludano una sua libera
determinazione.
Inoltre, è stato affermato il fondamentale principio secondo cui le
dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio,
ancorché legittimamente acquisite, non possono – conformemente ai
principi affermati dalla giurisprudenza europea, in applicazione dell’art. 6
della CEDU – fondare in modo esclusivo o significativo l’affermazione
della responsabilità penale.
La sentenza impugnata si mostra erronea con riguardo a questi principi,
e prima ancora con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte sulla
utilizzabilità in dibattimento di dichiarazioni rese in precedente da teste
divenuto irreperibile.
Prendendo le mosse da tale ultimo aspetto, in punto di legittimità della
lettura dibattimentale, deve rilevarsi che, ai fini dell’utilizzabilità,
mediante lettura, delle dichiarazioni rese in sede predibattimentale dal
testimone divenuto irreperibile questa corte ha ripetutamente affermato
come non sia sufficiente l’infruttuoso espletamento delle ricerche
previste dall’art. 159 cod. proc. pen., ma è altresì necessario che il
giudice compia tutti gli accertamenti congrui alla peculiare situazione
personale dello stesso, quale risultante dagli atti, dalle deduzioni
specifiche eventualmente effettuate dalle parti, nonchè dall’esito
dell’istruttoria svolta nel corso del giudizio ovvero dia conto, con

Ai fini dell’operatività del divieto – stabilito dall’art. 526, comma primo,

motivazione non apparente e non manifestamente illogica o
contraddittoria,

dell’apprezzamento

compiuto

sulla

ragionevole

impossibilità di svolgere ulteriori ed efficaci ricerche del dichiarante.
(Cass. Sez. VI, 24.5.11, n. 24039; Cass. Sez. II, 2.2.12, n. 4702).
Come ricorda l’ultima pronuncia citata, “Questa Sezione aveva in
precedenza affermato che, ai fini dell’utilizzabilità, mediante lettura,
delle dichiarazioni

predibattimentali della persona offesa

per

della prova nel contraddicono delle parti deve conseguire a rigoroso
accertamento che non può limitarsi a una verifica burocratica o di
“routine”, ma deve comportare l’adempimento, da parte del giudice, di
quanto in suo potere per reperire il dichiarante. (Cass. Sez. II, 27.5.10,
n. 22358)”.
Nel caso in esame l’irreperibilità non è stata nemmeno oggetto di
apposita considerazione in motivazione (cfr. p. 3 della stessa).
Inoltre, e sempre sul piano della utilizzabilità delle dichiarazioni della
parte offesa, nulla è argomentato sulla non volontarietà
dell’allontanamento della teste, pur integrando ciò un presupposto
essenziale alla luce del ricordato principio per l’utilizzabilità del verbale
di denuncia-querela.
In punto di valutazione delle dichiarazioni rese in assenza di
contraddittorio, si è già chiarito che dal percorso motivazionale della
decisione impugnata non emerge nessun ruolo secondario e ‘degradato’
dell’elemento probatorio in oggetto.
Per queste ragioni la sentenza deve essere annullata, con rinvio alla
Corte di appello di Torino per nuovo esame della fattispecie secondo gli
enunciati principi di diritto.
In particolare – e per quanto concerne la legittimità dell’acquisizione
della prova dichiarativa – il giudice di rinvio dovrà procedere ad ulteriori
ricerche della persona offesa e solo ove le stesse si rivelassero
infruttuose effettuare le conseguenti valutazioni sulla irreperibilità della
stessa e sulla natura, volontaria o meno, del suo allontanamento.
Per quanto invece riguarda la valutazione della prova ove ritenuta
legittimamente acquista,

il giudice di rinvio dovrà verificare la

ricostruzione del fatto affidando, in ogni caso, alle dichiarazioni rese
fuori dal contraddittorio – ed eventualmente ritenute utilizzabili l’appropriata valenza probatoria (né esclusiva né determinante del

sopravvenuta imprevedibile irreperibilità, l’impossibilità di acquisizione

giudizio sulla responsabilità).
PQM

Annulla l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Torino.

“Aki0V0

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,

Roma, li 12.11.2015

Fabrizio Di Marzio

Il Presidente
Mario Gentile


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Il Consigliere estensore

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