Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 269 del 05/12/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 269 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SEMERARO LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NEDELCU ADRIANA nato il 23/08/1978
nel procedimento a carico di quest’ultimo

avverso l’ordinanza del 02/03/2017 del TRIB. LIBERTÀ di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SIMONE
PERELLI, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 05/12/2017

Ritenuto in fatto

1. Con decreto del 5 settembre 2016, il giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di L’Aquila ha disposto il sequestro preventivo, anche per
equivalente, sui beni nella disponibilità di Nedelcu Adriana, sino a concorrenza
dell’importo di euro 470.555,00. A Nedelcu Adriana è contestato il reato di cui agli
artt. 110 c.p. e 11 comma 1 del D. Lgs. 74/2000, in quanto la ricorrente, in
concorso con Baiocco Katia e D’Alessandro Walter, ha compiuto atti fraudolenti sul

delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, oltre che dei relativi interessi e
sanzioni, per un importo pari a quello oggetto di sequestro, dovuti, nella qualità di
amministratore pro tempore della società Edil Dama s.r.I., relativamente agli anni
di imposta 2008 e 2009.
Secondo l’ipotesi accusatoria, gli atti fraudolenti sono consistiti in un primo
momento nella costituzione di un titolo di credito fittizio, rappresentato da decreto
ingiuntivo emesso dal Tribunale di L’Aquila, in favore della Nedelcu; quindi, al fine
di soddisfare il credito dallo stesso portato nei confronti della Baiocco, in realtà
inesistente, nel trasferimento da parte di quest’ultima alla Nedelcu di una
consistente parte dei suoi averi, contestualmente conferiti dall’acquirente in un
trust denominato “Piermadama”, amministrato dal suo compagno D’Alessandro
Walter e avente come beneficiari i quattro figli di quest’ultimo, dei quali due avuti
dalla Baiocco e due avuti dalla Nedelcu.

2. Avverso il decreto di sequestro preventivo la difesa di Nedelcu Adriana ha
proposto riesame depositando anche i motivi scritti con i quali ha ricostruito i fatti
e chiesto la revoca del provvedimento per l’insussistenza del fumus commissi
delicti: in estrema sintesi, la difesa ha affermato la legittimità del procedimento
civilistico, l’antecedenza del decreto ingiuntivo rispetto all’accertamento tributario
e la legittimità del trust. Il Tribunale del riesame del Tribunale di L’Aquila,
ritenendo invece sussistente il fumus commissi delicti, ha rigettato il riesame
proposto da Nedelcu Adriana con l’ordinanza del 2 marzo 2017.

3. Il difensore di Nedelcu Adriana ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del
Tribunale del riesame del Tribunale di L’Aquila. Dopo aver riportato in premessa il
capo di imputazione e gli elementi su cui si fonda l’accusa, la difesa ha affermato
che il provvedimento impugnato si limita ad aderire all’ipotesi accusatoria
formulando un giudizio deduttivo, probabilistico, della simulazione degli atti
patrimoniali effettuati dalla Nedelcu, omettendo di verificare la sussistenza del
fumus commissi delicti e l’assoggettabilità a sequestro dei beni immobili oggetto

patrimonio della Baiocco, al fine di consentire alla stessa di sottrarsi al pagamento

di cautela reale, in quanto non rientranti nel novero dell’art. 104 disp att. cod.
proc. pen.
3.1. con il primo motivo la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge, ex
art. 606 lett. B) cod. proc. pen., per l’inosservanza o erronea applicazione della
cd. legge assegni e della disciplina dell’istituto del Trust, in relazione all’art. 321
cod. proc. pen. e 104 disp. Att. cod. proc. pen.
Il difensore ha riportato nel ricorso, con un’operazione di copia ed incolla, in
toto i motivi del riesame (pagine 2 e 3); quindi, ha affermato che l’ordinanza

Nedelcu non svolgesse alcuna attività lavorativa, né avesse in passato svolto
attività lucrose e su una serie di ipotesi deduttive svincolate da un criterio
probabalistico; per la difesa l’ordinanza ha fondato la simulazione del trust su una
deduzione logica priva di riscontro negli atti di indagine, non avendo gli inquirenti
mai acquisito la documentazione patrimoniale della Nedelcu dal paese di origine o
da quello di residenza.
Dopo aver ripreso le argomentazioni dei motivi di riesame, nell’ultimo
capoverso di pagina 5, quanto al provvedimento impugnato, la difesa ha affermato
che l’ordinanza ha effettuato una serie di presunzioni illogiche circa il rapporto tra
gli indagati, laddove l’esistenza del rapporto di conoscenza e di cointeressenze
familiari spiegano la ragione per la quale la Nedelcu, non avendo bisogno delle
somme portate dai titoli, non portò gli assegni all’incasso.
Nelle pagine da 6 a 8 il ricorso riprende gli argomenti del riesame; quindi la
difesa ha contestato che l’ordinanza impugnata ha omesso la censura, nonostante
la sollecitazione difensiva, di quanto riportato a pagina 6 del decreto genetico sulla
simulazione del trust, perché creato nello stesso giorno in cui i beni furono venduti
dalla Baiocco alla Nedelcu.
Il ricorso prosegue con le censure al decreto genetico, sempre riportando le
argomentazioni della memoria presentata al Tribunale del riesame di L’Aquila, fino
alla contestazione della mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata quanto
alle motivazioni che hanno spinto la Nedelcu a costituire il trust nell’interesse dei
propri figli.
3.2. Con il secondo motivo la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge,
ex art. 606 lett. b), per l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 11 d.lgs. n.
74/2000 e 321 cod. proc. pen. per la «Insussistenza del fumus commissi delicti».
Anche in tal caso, il motivo di ricorso riporta, con la tecnica del copia e incolla,
le argomentazioni della memoria depositata al Tribunale del Riesame, salvo che
per i seguenti passaggi. La difesa ha affermato che le illazioni investigative sposate
dal Tribunale del riesame di L’Aquila, quanto alla simulazione dei crediti, sono
recessive rispetto alle norme procedurali civilistiche che regolano i rapporti tra
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impugnata ha ritenuto sussistente la simulazione degli atti sul presupposto che la

debitore e creditore ed alla legge sugli assegni (pagina 10). È poi frutto di una
lettura inquisitoria il travisamento del compendio indiziario quanto alla
retrodatazione della conoscenza in capo agli indagati degli accertamenti tributari
effettuati dall’agenzia delle entrate nei confronti della società e della possibilità
quindi dell’accertamento, omettendo però di riferire tali condotte alla Nedelcu
(pagina 11). La difesa quindi ha richiamato una sentenza della Corte di Cassazione
sulla insufficienza della presunzione di conoscenza del reato da parte del genitore.

Considerato in diritto

1. Avverso le ordinanze emesse nella procedura di riesame delle misure
cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 325 cod. proc.
pen., soltanto per violazione di legge; è preclusa ogni censura relativa ai vizi della
motivazione, salvi i casi della motivazione assolutamente mancante – che si risolve
in una violazione di legge per la mancata osservanza dell’obbligo stabilito dall’art.
125 cod. proc. pen. – e della motivazione apparente, tale cioè da rendere
l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi, inidonei, a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Non può essere dedotto il vizio
della illogicità manifesta della motivazione, che può essere denunciato, in sede di
legittimità, soltanto mediante lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui
all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

2. Tutti i motivi di ricorso, redatti con la tecnica del copia ed incolla dei motivi
di riesame, o con i quali sono state ribadite le censure al decreto genetico, sono
inammissibili per la mancanza del requisito della specificità estrinseca (cfr. pagine
2,3, 5, da 6 a 8) perché non contengono alcuna critica all’ordinanza impugnata.
Va ricordato che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo
quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della
necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento
impugnato (Cass. Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568).Le
ragioni della necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di
impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo «non può ignorare le ragioni del
provvedimento censurato» (così le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella
motivazione della sentenza n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268822, Galtelli).
Secondo il costante indirizzo della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. 4, n. 38202
del 07/07/2016 Rv. 267611, Ruci, che richiama Cass. Sez. 6, n. 8700 del 21
gennaio 2013, rv. 254584, in motivazione) «La funzione tipica dell’impugnazione
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La difesa ha quindi concluso per annullare l’impugnata ordinanza.

è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale
critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di
inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni
di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale
dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto
puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui
dispositivo si contesta».

«Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581 c.p.p., lett. C (e quindi contenere
l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando “attacca” le ragioni
che sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in
modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i
tre, soli, previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), deducendo poi, altrettanto
specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito
dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a
decisione differente» (Cass. Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, Rv. 254584).

3. Va poi ricordato che, oltre al caso della motivazione assente o apparente a
cui si è fatto prima riferimento, il vizio di cui alla lett. b) dell’art. 606 cod. proc.
pen. concerne gli errori di diritto relativi a disposizioni di diritto sostanziale.
L’inosservanza va intesa quale mancata applicazione, mentre l’erronea
applicazione va riferita all’applicazione inficiata da errore, il quale può anche
essere determinato dalla falsa interpretazione della norma sostanziale. Il vizio
attiene al dispositivo e non alla motivazione del provvedimento impugnato, posto
che l’art. 619 cod. proc. pen. prescrive la rettificazione degli errori di diritto che
non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo.
Orbene, in realtà la difesa non ha contestato una violazione di legge, ma la
motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame di L’Aquila sulla simulazione
degli atti e del trust e gli argomenti adoperati nell’ordinanza; si contesta l’illogicità
della motivazione o la sua mancata aderenza agli atti di indagine. Dunque, si tratta
di vizi non denunciabili nella presente procedura.
Manifestamente infondati sono poi i riferimenti alla mancanza di motivazione
sulla simulazione del trust o sull’interesse a costituire il trust per i figli, posto che
il Tribunale del riesame del Tribunale di L’Aquila ha definito fraudolenta
l’operazione economica complessiva, con adeguata motivazione riportata a pagina
4 dell’ordinanza.

Il motivo di ricorso in cassazione è caratterizzato da una duplice specificità:

4. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile; pure per tale motivo,
la difesa ha riportato in larga parte ed in maniera pedissequa le argomentazioni
già esposte al Tribunale del riesame di L’Aquila con la memoria senza però specifici
riferimenti all’ordinanza impugnata e critiche alla stessa; dunque anche in tal caso
manca il requisito della specificità estrinseca. Con gli unici due riferimenti
all’ordinanza impugnata la difesa ha contestato non una violazione di legge ma la
motivazione dell’ordinanza – che pertanto esiste e non è neanche apparente sulla natura simulatoria dei crediti e sulla retrodatazione della conoscenza in capo

travisamento del compendio investigativo: fa dunque chiaro riferimento ad un vizio
della motivazione proponibile solo ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. ma
non ex art. 325 cod. proc. pen.
Contrariamente a quanto sostiene la difesa, la motivazione dell’ordinanza è
incentrata proprio sulla natura fraudolenta degli atti e della consapevole
partecipazione della Nedelcu, avvenuta mediante la simulazione dei crediti, la
conseguente cessione dei beni della Baiocco alla stessa Nedelcu e della
costituzione del trust.

5. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen. si condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno
2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza. “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di
euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 05/12/2017.

agli indagati degli accertamenti tributari. La difesa ha fatto riferimento al

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