Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26891 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 26891 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Alvaro Stefano, nato il 07/02/1980;

Avverso l’ordinanza n. 2661/2014 emessa il 12/06/2014 dal Tribunale di
sorveglianza di Firenze;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Francesco
Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 09/06/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 12/06/2014 il Tribunale di sorveglianza di
Firenze rigettava il reclamo avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di
sorveglianza di Siena il 05/03/2014, con la quale era stata emessa declaratoria
di inammissibilità avverso l’istanza di liberazione anticipata speciale presentata
da Stefano Alvaro il 19/04/2014, congiuntamente a quella ordinaria, che era
stata invece accolta.

detenuto in espiazione pena per reati ostativi previsti dall’art. 4 bis Ord. Pen.,
commessi in un ambito mafioso, che gli impedivano di beneficiare della
liberazione anticipata speciale richiesta.

2. Avverso tale ordinanza Stefano Alvaro ricorreva personalmente per
cassazione, eccependo, quale unico motivo, violazione di legge, in relazione agli
artt. 4 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, 3 e 27 Cost.
Si deduceva, in tale ambito, che il Tribunale di sorveglianza di Firenze,
aveva applicato retroattivamente la disposizione dell’art. 4 del d.l. n. 146 del
2013, senza considerare che, nel caso in esame, andava applicata la norma in
vigore al momento della proposizione della domanda, atteso che, diversamente,
si verserebbe nella situazione per cui, pur in presenza di un ritardo nella
decisione non imputabile al ricorrente ma all’organo giurisdizionale adito, questi
verrebbe comunque pregiudicato nelle sue legittime aspettative in conseguenza
di fatti che fuoriescono dalla sua sfera di controllo.
Queste ragioni processuali imponevano l’accoglimento del ricorso proposto
nell’interesse di Stefano Alvaro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, in proposito, rilevarsi che il Tribunale di sorveglianza di Firenze, nel
rigettare il reclamo proposto nell’interesse di Stefano Alvaro, non è incorso nella
violazione di legge denunciata dal ricorrente, avendo correttamente fondato il
suo provvedimento di rigetto sul combinato disposto degli artt. 4 del d.l. n. 146
del 2013 e 4 bis Ord. Pen., in conseguenza dei quali doveva escludersi la
concessione del beneficio richiesto.
In tale ambito, allo scopo di inquadrare sistematicamente la doglianza
difensiva proposta nell’interesse del Alvaro, occorre osservare che l’originaria
previsione dell’art. 4 del d.l. 146 del 2013 era stata modificata in sede di
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Tale rigetto veniva motivato in considerazione del fatto che l’Alvaro risultava

conversione legislativa, attuata con la legge 21 febbraio 2014, n. 10, la
soppressione del suo quarto comma e l’esclusione del beneficio della liberazione
anticipata speciale per i soggetti condannati per taluno dei reati di cui all’art. 4
bis Ord. Pen.
Per effetto di tale modifica normativa, intervenuta in sede di conversione
legislativa dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013, nel caso di specie, ci si doveva
conformare all’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui, nel caso
di successione di norme, che non attengono né alla cognizione del reato, né

principio costituzionale di irretroattività delle disposizioni “in peius”, ma quelle
vigenti al momento della loro applicazione (cfr. Sez. 1, n. 33890 del 26/06/2009,
dep. 03/09/2009, Miglioranza, Rv. 244831).
Ne discende che l’inserimento del riferimento ai reati di cui all’art. 4 bis Ord.
Pen., nella formulazione definitiva dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013,
conseguente alla sua conversione con modifiche da parte della legge n. 10 del
2014, tenuto conto della soppressione del comma 4 della stessa disposizione che disciplinava le condizioni per l’accesso al beneficio in esame da parte dei
condannati – non può che implicare la mancata conversione dello stesso decreto,
nella parte in cui originariamente era previsto tale beneficio. La mancata
conversione, dunque, comporta l’inefficacia ex tunc degli effetti della norma
dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013 nella sua originaria formulazione, alla luce del
disposto dell’art. 77 Cost. (cfr. Sez. 1, n. 34073 del 27/06/2014, dep.
31/07/2014, Panno, Rv. 260849).
Non contenendo, inoltre, la legge di conversione una disciplina
intertemporale, il Tribunale di sorveglianza di Firenze confermava l’ordinanza
reclamata, facendo corretta applicazione del principio

tempus regit actum,

essendo stata l’istanza presentata sotto la vigenza del decreto legge, ma definita
allorché le disposizioni contenute in tale fonte normativa erano divenute
inefficaci, con reviviscenza della legge modificata dello stesso decreto. Una tale
soluzione interpretativa si imponeva anche alla luce della giurisprudenza di
questa Corte che ha definito i confini del principio del tempus regit actum, con
riferimento alla materia esecutiva, che impone l’applicazione della nuova
formulazione dell’art. 4 del d.l. n. 146 del 2013 (cfr. Sez. un., n. 24561 del
30/05/2006, dep. 17/07/2006, P.M. in proc. Aloi, Rv. 233976).
Occorre, pertanto, ribadire la correttezza del provvedimento impugnato
sotto il profilo della qualificazione giuridica della disposizione applicata che, non
afferendo ai profili della cognizione dei reati giudicati nei sottostanti giudizi di
merito e dell’irrogazione della pena, ma alle modalità esecutive della pena
applicata al Alvaro, non può ritenersi norma di diritto penale sostanziale, con la
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all’irrogazione della pena, ma alle modalità esecutive di questa, non opera il

conseguenza di non consentire l’applicazione del principio di irretroattività delle
norme penali sfavorevoli. Tale disposizione normativa, infatti, è stata
correttamente applicata dal tribunale di sorveglianza, secondo la legge vigente al
momento della sua applicazione, in ossequio al principio tempus regit actum, su
cui ci si è già soffermati.

2. Ne discende conclusivamente il rigetto del ricorso proposto nell’interesse
di Stefano Alvaro, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 giugno 2015.

delle spese processuali.

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