Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26888 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 26888 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Cavallo Aurelio, nato il 23/01/1956;

Avverso il decreto n. 506/2014 emesso il 14/04/2014 dal Tribunale di
sorveglianza di Bologna;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Mario
Pinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 09/06/2015

RILEVATO IN FATTO

1.

Con ordinanza emessa il 14/04/2014 il Tribunale di sorveglianza di

Reggio Calabria dichiarava inammissibile la richiesta di liberazione condizionale
del condannato.
Tale declaratoria di inammissibilità veniva giustificata, ai sensi dell’art. 176,
comma 5, cod. pen., sul presupposto dell’inadempimento delle obbligazioni civili

2.

Avverso tale ordinanza Aurelio Cavallo ricorreva personalmente per

cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Deduceva, innanzitutto, violazione di legge e vizio di

motivazione in

relazione all’art. 176, comma 5, cod. pen., non avendo il Tribunale di
sorveglianza tenuto conto delle sue condizioni di oggettiva impossibilità ad
adempiere alle obbligazioni civili derivanti dal reato.
Deduceva, inoltre, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’art. 666, comma 4, cod. proc. pen., non essendo stata fissata l’udienza di
trattazione del procedimento di sorveglianza.
Tali

ragioni

processuali

imponevano

l’annullamento dell’ordinanza

impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre, innanzitutto, esaminare la doglianza difensiva relativa alla
violazione dell’art. 666, comma 4, cod. proc. pen., che risulta preliminare
rispetto all’ulteriore valutazione del ricorso in esame, evidenziandone la
manifesta infondatezza.
Deve, in proposito, rilevarsi che, nel caso di specie, le ragioni poste a
fondamento del ricorso e le argomentazioni addotte dal tribunale di sorveglianza
a fondamento della sua declaratoria di inammissibilità – riconducibili allo stato
incontroverso di inadempienza rispetto alle obbligazioni civili da reato
pacificamente ammessa dallo stesso Cavallo nel suo ricorso – inducevano a
ritenere sussistenti i presupposti per l’adozione del provvedimento adottato

de

plano, conformemente al seguente principio di diritto che occorre ribadire: «In
tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta
infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma
secondo, cod. proc. pen., soltanto quando la richiesta sia identica, per oggetto e
per elementi giustificativi, ad altra già rigettata ovvero difetti delle condizioni
2

derivanti dal reato da parte del Cavallo.

poste direttamente dalla legge, e sempre che la relativa statuizione non implichi
alcun giudizio di merito e apprezzamento discrezionale» (cfr. Sez. 1, n. 35045
del 18/04/2013, dep. 14/08/2013, Giuffrida, Rv. 234135).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che il modello procedimentale del
procedimento di sorveglianza, conformemente a quello di esecuzione, a cui
espressamente rinvia l’art. 679 cod. proc. pen., è costituito dalle forme
dell’udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, alla quale
fanno eccezione le ipotesi in cui la manifesta infondatezza per difetto delle

alcun giudizio di merito e apprezzamento discrezionale – rende superflua
l’instaurazione del contraddittorio tra le

parti, consentendo l’adozione di un

provvedimento de plano (cfr. Sez. 1, n. 53017 del

02/12/2014, dep.

19/12/2014, Borachuk, Rv. 261662).
Ne discende l’inammissibilità di tale doglianza difensiva.

2. La condizione di irreversibilità dell’inadempienza rispetto alle obbligazioni
civili derivanti da reato del Cavallo, che si è richiamata, in assenza di elementi
che inducano a ritenere il condannato disponibile ad attivarsi per farvi fronte,
impone di ritenere manifestamente inammissibile la doglianza relativa al merito
della decisione impugnata.
Deve, in proposito, rilevarsi che, a fronte della condizione di insolvenza
irreversibile che è richiamata, questa situazione di impossibilità poteva
comunque essere superata laddove il Cavallo avesse mostrato un effettivo
interessamento morale e materiale nei confronti delle persone offese, il che deve
escludersi nel caso di specie sulla base della stessa istanza del condannato che,
a un eventuale atteggiamento resipiscente, non faceva alcun riferimento diretto
o indiretto. Né è possibile ritenere tale profilo valutativo superabile, tenuto conto
dell’orientamento giurisprudenziale consolidato sul punto, secondo il quale: «In
tema di liberazione condizionale, anche in caso di impossibilità materiale da
parte del condannato di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato, ai fini
della concessione del beneficio assumono particolare rilievo, sotto il profilo
soggettivo, le manifestazioni di effettivo interessamento dello stesso per la
situazione morale e materiale delle persone offese dal reato e i tentativi fatti, nei
limiti delle sue possibilità, di attenuare, se non riparare interamente i danni
provocati» (cfr. Sez. 1, n. 7248 del 20/12/1999, dep. 10/02/2000, P.G. in proc.
Campana, Rv. 215239).
Ne discende l’inammissibilità di tale doglianza difensiva.

3

condizioni di legge dell’istanza – sempre che la relativa statuizione non implichi

3. Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, congruamente determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen.

P.Q.M.

spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 giugno 2015.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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