Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26886 del 28/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 26886 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAOLETTI GIOVANNI, nato il 18/07/1972
avverso l ‘ordinanza n. 443/2014 TRIBUNALE di LUCCA del
18/07/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Gabriele
Mazzotta, che ha chiesto l ‘annullamento senza rinvio dell ‘ordinanza
impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Lucca per
nuovo giudizio.

Data Udienza: 28/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 luglio 2014 il Tribunale di Lucca, in funzione di
giudice dell’esecuzione, decidendo sulla istanza avanzata da Paoletti Giovanni
volta a ottenere la rideterminazione della pena di cui alla sentenza del 10
settembre 2012 dello stesso Tribunale, irrevocabile il 31 ottobre 2012, in

sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, ha dichiarato non eseguibile
la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro dodicimila di multa
applicata con detta sentenza e l’ha sostituita con quella di anni due e mesi due di
reclusione ed euro ottomila (in motivazione seimila) di multa.
Il Tribunale osservava, a ragione della decisione, che:
– per i fatti di cui alla indicata sentenza, relativi alla detenzione a fini di
spaccio di 972,75 grammi di hashish e di 12,15 grammi di marijuana, era stato
applicato all’istante il trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73, commi 1 e
1 bis, d.P.R. n. 309 del 1990, nella formulazione introdotta dall’art. 4 bis d.l. n.

272 del 2005, attinto dalla richiamata declaratoria di incostituzionalità;

l’intervento della Corte costituzionale non aveva, tuttavia, abolito

l’incriminazione, avendo attinto la sola parte della norma relativa alla sanzione;
– era condivisibile, alla luce delle più recenti sentenze di legittimità,
l’orientamento secondo cui non poteva darsi esecuzione a una pena
incostituzionale, per quanto definitiva, e doveva procedersi in sede esecutiva alla
rideterminazione della pena con applicazione diretta dell’art. 30, commi 3 e 4,
legge n. 87 del 1953;
– la pena, concordata ex art. 444 cod. proc. pen., era “incostituzionale” per
essere le parti partite dalla pena base, prevista nel 2006, di anni sei di reclusione
ed euro ventisettemila di multa, mentre era irrilevante che la pena in concreto
applicata rientrasse nei limiti dell’attuale art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del
1990;
– era, pertanto, compito del giudice dell’esecuzione, ferme restando le
valutazioni compiute dal giudice del merito e ritenuti coperti dal giudicato il
riconoscimento delle attenuanti generiche e l’entità della operata diminuzione
per la scelta del rito, individuare la pozione di pena incostituzionale, dichiararla
non eseguibile e sostituirla con quella costituzionalmente legittima;
– nella specie era da giudicare equa, in applicazione dei criteri di cui all’art.
133 cod. pen. e tenuto conto in particolare della notevole gravità del fatto,
l’individuazione di una pena base non prossima al minimo edittale, e pari ad anni
quattro e mesi sei di reclusione ed euro dodicimila di multa, da ridurre per le
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conseguenza del mutato quadro normativo di riferimento a seguito della

circostanze attenuanti generiche ad anni tre di reclusione ed euro ottomila di
multa e, ulteriormente, per la scelta del rito ad anni due e mesi due di reclusione
ed euro seimila di multa.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del difensore di fiducia, l’interessato, che ne chiede l’annullamento sulla base di
due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea

proc. pen.
Secondo il ricorrente, il Giudice, nella individuazione della pena base e nella
conseguente rideterminazione della pena, si è basato solo sulla quantità delle
sostanze stupefacenti, la cui detenzione gli è stata ascritta, non considerando
che la destinazione di parte di esse a uso personale, indicata nella sentenza,
doveva comportare un ridimensionamento del quantitativo destinato allo spaccio
e della gravità del fatto, e per l’effetto doveva partire da una pena base più
prossima al minimo edittale e giungere a una pena finale contenuta nei limiti per
la concessione della sospensione condizionale della stessa.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione della legge
penale e processuale nelle operate riduzioni della pena detentiva e di quella
pecuniaria.
Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione ha violato il suo vincolo alle
determinazioni quoad poenam del giudice di merito, che aveva operato le
riduzioni della pena della reclusione e della multa nella misura di un terzo sia per
le attenuanti generiche sia per la scelta del rito, mentre, se avesse operato dette
riduzioni, tralasciando l’errore materiale attinente al contrasto tra la parte “in
diritto” e il “P.Q.M.”, la pena finale sarebbe stata di anni due di reclusione ed
euro 5.735,00 di multa ed egli avrebbe potuto beneficiare della sospensione
condizionale della pena.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta, concludendo per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza, con
trasmissione degli atti al Tribunale di Lucca per nuovo giudizio, evidenziando,
previa la diffusa illustrazione di considerazioni in diritto indotte dalla sentenza n.
32 del 2014, la necessità di riportare la sanzione, nella sua interezza, nell’alveo
editale di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, ricreando le condizioni
della formazione dell’accordo, dinanzi al giudice dell’esecuzione, sulla base delle
cornice edittale sopravvenuta più favorevole, e seguendo i criteri risolutivi di cui
all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.

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applicazione dell’art. 133 cod. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto per una ragione diversa da quella dedotta.

2. Si premette in diritto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 32 del
12 febbraio 2014, pubblicata sulla G.U. n. 11 del 5 marzo 2014, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter d.l. n. 272 del 2005,
convertito in legge n. 49 del 2006, entrata in vigore il 28 febbraio 2006, che

previsto dal d.P.R. n. 309 del 1990 per i reati aventi a oggetto le c.d. “droghe
leggere” e per quelli concernenti le c.d. “droghe pesanti”.
L’effetto di tale pronuncia è consistito, in particolare, nel ripristinare per i
fatti commessi sotto la vigenza della normativa dichiarata incostituzionale (28
febbraio 2006 – 6 marzo 2014), la disciplina incriminatrice e il correlato
trattamento sanzionatorio stabiliti dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990,
antecedente alla sua novellazione.

3. L’apprezzamento degli effetti sul giudicato di tale pronuncia, incidente sul
trattamento sanzionatorio, e non abrogativa della rilevanza penale del fatto,
deve procedere dal rilievo che, secondo l’opzione interpretativa cui sono
pervenute le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014,
dep. 14/10/2014, P.M. in proc. Gatto, Rv. 260695/260700), ripercorrendo i
passaggi argomentativi e gli approdi di precedenti decisioni e superando il
ravvisato contrasto sulla questione di diritto implicata dall’ordinanza di
rimessione (“se, successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la
dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla
norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, possa
comportare una rideterminazione della pena in sede di esecuzione”), il limite del
giudicato è superabile anche laddove la dichiarazione di illegittimità
costituzionale riguarda una norma incidente sul trattamento sanzionatorio.
3.1. A tale riguardo si è, tra l’altro e in particolare, rappresentato che l’art.
30, comma 4, legge n. 87 del 1953 -alla cui stregua “quando in applicazione
della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile
di condanna, ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali”- si riferisce alle
norme penali sostanziali, per tali dovendosi intendere

“quelle che correlano la

previsione di una sanzione ad uno specifico comportamento e che stabiliscono
una differenza di pena in conseguenza di una determinata condotta”, e si è
rimarcato che è illegittima l’esecuzione della pena che deriva dall’applicazione di
una norma di diritto penale sostanziale dichiarata illegittima dalla Corte

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avevano unificato il trattamento sanzionatorio, in precedenza differenziato,

costituzionale dopo la sentenza irrevocabile, “sicché devono essere rimossi gli
effetti ancora perduranti” della violazione conseguente all’applicazione stessa.
3.2. Con specifico riferimento ai poteri del giudice dell’esecuzione detta
decisione -nel ribadire che alla operatività dell’art. 30 legge n. 87 del 1953 non è
di ostacolo il giudicato, che non rappresenta “il punto di arresto” alla espansione
della retroattività delle sentenze della Corte costituzionale, ampiamente
argomentando circa il processo di erosione della sua intangibilità e circa il deciso
orientamento dell’ordinamento a non tenerne conto quando esso comporti il

del 1987; Sez. U, n. 18821 del 12/10/2013, dep. 07/05/2014, Ercolano, Rv.
252933-252934-258649-258650-258651)- ha fissato il principio, secondo cui, sì
come da massimazione,

“quando, successivamente alla pronuncia di una

sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità
costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente
sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non è stato
interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in
favore del condannato pur se il provvedimento ‘correttivo’ da adottare non è a
contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di
accertamento e di valutazione …” (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, citata, Rv.
260697).
In tal modo, in conformità all’ampiezza dei poteri ormai riconosciuti
dall’ordinamento processuale al giudice dell’esecuzione, che non si limita a
conoscere delle questioni sulla validità e sull’efficacia del titolo esecutivo ma è
anche abilitato, in vari casi, a incidere su di esso (artt. 669, 670, comma 3, 671,
672 e 673 cod. proc. pen.), la conformità della pena a legalità in fase esecutiva
deve ritenersi costantemente sub iudice in relazione a rapporti non ancora
esauriti, non essendo tollerabile che uno Stato di diritto assista inerte
all’esecuzione di pene non conformi alla costituzione (Corte cost. n. 210/2013).
3.3. Il potere di intervento del giudice dell’esecuzione, ordinariamente
limitato dal principio, tuttora vigente, della intangibilità del giudicato
riconducibile al disposto dell’art. 648 cod. proc. pen. (con il corollario del divieto
di un secondo giudizio sul medesimo fatto ex art. 649 cod. proc. pen.), deve
essere esercitato, pertanto, nella rideterminazione del trattamento sanzionatorio,
tenendo conto del limite del “fatto accertato” nella pronuncia di condanna, senza
contraddire le valutazioni del giudice della cognizione risultanti dal testo della
stessa; assumendo le proprie valutazioni, se necessario, mediante l’esame degli
atti processuali, ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. (che autorizza il
giudice ad acquisire i documenti e le informazioni necessari e, quando occorre,
ad assumere prove nel rispetto del principio del contraddittorio), e avendo
riguardo, ove sia in corso di esecuzione -all’atto della domanda- la pena
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sacrificio del buon diritto del cittadino (Corte cost., sent. n. 115 del 1987, n. 267

derivante, anche in parte, da norma di diritto sostanziale dichiarata
incostituzionale, alle norme applicabili al momento della decisione in punto di
commisurazione della sanzione (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, citata; Sez. 1,
n. 53019 del 04/12/2014, dep. 19/12/2014, Schettino, Rv. 261581).

4. Nel caso di sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta
delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., agli ordinari limiti di rivedibilità
del giudicato, che pongono il giudice dell’esecuzione in posizione recessiva

natura irrevocabile della definizione pattizia del procedimento (tra le altre, Sez.
1, n. 1066 del 17/12/2008, dep. 13/01/2009, P.M. in proc. Quintano, Rv.
244139; Sez. 3, n. 39730 del 04/06/2009, dep. 12/10/2009, Bevilacqua, Rv.
244892; Sez. 5, n. 44456 del 27/06/2012, dep. 14/11/2012, Bernardini, Rv.
254058), e di “preservare la volontà delle parti che hanno inteso richiedere
l’applicazione della pena nella misura concordata e reputata congrua dal giudice
della cognizione”, coniugando “il principio di conservazione del negozio giuridico
processuale intervenuto ai sensi dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen.”con “la
regola della ineseguibilità della pena nella parte in cui deriva dall’applicazione di
parametri edittali costituzionalmente illegittimi” (Sez.

1, n. 51844 del

25/11/2014, dep. 12/12/2014, Riva, in motivazione).
Le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, 26/02/2015, non ancora
depositata, ricorrente Marcon), intervenendo sulla specifica questione
controversa, oggetto di discordanti decisioni delle Sezioni semplici (tra le altre,
Sez. 6 n. 13895 del 04/03/2014, dep. 24/03/2014, P.G. in proc. Nabil, Rv.
259362; Sez. 4, n. 22326 del 10/04/2014, dep. 29/05/2014, Monaco, Rv.
259374; Sez. 3, n. 21259 del 03/04/2014, dep. 26/05/2014, Marku Indo, Rv.
259384; Sez. 4, n. 21085 del 14/05/2014, dep. 23/05/2014, Manfré, Rv.
259386; Sez. 3, n. 26474 del 03/04/2014, dep. 19/06/2014, P.G. e Abassi, Rv.
259387; Sez. 3, n. 26436 del 22/05/2014, dep. 18/06/2014, Lamagna, Rv.
259398; Sez. 4, n. 49528 del 21/10/2014, dep. 27/11/2014, Leonardi, Rv.
261069; Sez. 1, n. 51844 del 25/11/2014, citata, Rv. 261331), afferente alla
necessaria, o meno, rideterminazione -in sede di esecuzione- della pena
applicata, su richiesta delle parti, per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. n. 309
del 1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta
irrevocabile prima della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale,
hanno stabilito, con decisione condivisa dal Collegio, della quale è stata redatta
all’esito della camera di consiglio informazione provvisoria, che alla questione
posta deve essere data soluzione affermativa, “con la precisazione che la pena
deve essere rideterminata attraverso la Wnegoziazione’ dell’accordo tra le parti,
ratificato dal giudice dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente
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rispetto a quello della cognizione, si aggiunge la necessità di tenere conto della

di esecuzione attivato dal condannato o dal pubblico ministero, e che, in caso di
mancato accordo, il giudice dell’esecuzione provvede alla rideterminazione della
pena in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pan.”

5. Alla luce di tali principi, il caso in esame deve essere diversamente
considerato rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato.
5.1. Va, invero, rilevato che dalla comparazione delle fasce edittali previste
per le droghe cosiddette leggere dalla normativa dichiarata incostituzionale (che,

ordinaria da due a otto anni e di quella attenuata da sei mesi a un anno, e il
massimo edittale, rispettivamente, da sei a venti anni e da quattro a sei anni) e
da quella previgente, riattivatasi per effetto della pronuncia di incostituzionalità,
emerge la illegittimità del trattamento sanzionatorio applicato, su sua richiesta,
al ricorrente -secondo un criterio legislativo del tutto modificato- in relazione alla
condotta ascrittagli di detenzione a fini di spaccio di 972,75 grammi di hashish e
di 12,15 grammi di marijuana, posta in essere il 29 agosto 2012, e quindi nel
periodo ricadente sotto la vigenza della disciplina normativa dichiarata
incostituzionale, secondo le risultanze della sentenza in atti, resa il 10 settembre
2012, ex art. 444 cod. proc. pen., dal Tribunale di Lucca, irrevocabile il 31
ottobre 2012.
5.2. Rispetto a tale situazione è, pertanto, illegittima la decisione impugnata
che ha proceduto, in vista nella rideterminazione della pena per l’indicato reato
alla luce della reviviscenza del trattamento sanzionatorio già stabilito per le
droghe leggere, alla sostituzione della porzione di pena incostituzionale, che ha
dichiarato non eseguibile, con quella costituzionalmente legittima, richiamando i
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., astraendo da ogni rilievo circa i poteri del
giudice dell’esecuzione a fronte dei mutati parametri edittali e alla natura della
sentenza de qua, e quindi dal precedente accordo delle parti, pubblica e privata,
per la determinazione della pena.
5.3. Compete, invece, al giudice dell’esecuzione, garante della “permanente
conformità a legge del fenomeno esecutivo” (Sez. U, n. 18821 del 12/10/2013,
citata, in motivazione), rimuovere gli effetti ancora perduranti della illegalità del
trattamento sanzionatorio conseguenti all’applicazione della normativa dichiarata
incostituzionale, alla stregua dei suindicati principi di valenza generale, e
procedere, in forza di quelli più specificamente affermati con riguardo ad analogo
caso dalla più recente decisione del 26 febbraio 2015 delle Sezioni unite, alla
verifica della sussistenza di un accordo tra le parti volto a “rinegoziare” la pena a
suo tempo patteggiata, e, in caso negativo, alla rideterminazione della pena con
valutazione in concreto e rispettosa del fatto accertato e dei principi generali del
sistema sanzionatorio, tenendo conto dei parametri edittali vigenti in relazione
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quanto alla sanzione detentiva, aveva elevato il minimo edittale della condotta

alla tipologia di condotta e di sostanza stupefacente, oggetto di contestazione, e
dando conto (ex artt. 132 e 133 cod. pen.) delle modalità di esercizio del potere
commisurativo della pena.

6. L’ordinanza impugnata va, conseguentemente, annullata con rinvio al
Giudice dell’esecuzione che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi e ai
rilievi prima formulati.
La decisione emessa dal Giudice della esecuzione, in ipotesi di accoglimento

valenza sostitutiva del già richiamato titolo esecutivo, che, solo per tale parte
non più eseguibile, sarà non revocato ma integrato, in punto di entità della pena,
dalla decisione emessa in sede esecutiva.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Lucca.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dell’istanza e rideterminazione del trattamento sanzionatorio, avrà, in ogni caso,

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