Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26884 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 26884 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Morabito Carmelo, nato il 15/04/1977;

Avverso l’ordinanza n. 241/2014 emessa il 16/09/2014 dal Tribunale di
sorveglianza di Reggio Calabria;

Sentita la relazione svolta in pubblica udienza dal Consigliere dott.
Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 26/05/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 16/09/2014 il Tribunale di sorveglianza di
Reggio Calabria rigettava l’opposizione proposta da Carmelo Morabito avverso
l’ordinanza emessa dallo stesso tribunale il 18/02/2014, con la quale veniva
rigettata l’istanza di riabilitazione dell’esecutato.
Tale pronuncia risultava pienamente confermativa dell’ordinanza impugnata,
che aveva rigettato l’istanza proposta in quanto l’esecutato dopo la condanna

civili derivanti dal reato.
Queste ragioni imponevano di rigettare l’istanza di riabilitazione proposta.

2. Avverso tale ordinanza Carmelo Morabito ricorreva per cassazione, a
mezzo dell’avv. Sergio Laganà, deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione agli artt. 111 Cost., 125, comma 3, cod. proc. pen.,
179 cod. pen.
Si deduceva, in particolare, l’assenza di obbligazioni civili, concretamente
quantificabili, derivanti dal reato per il quale l’esecutato aveva riportato
condanna, quale presupposto per la concessione del beneficio della riabilitazione
richiesto dal Morabito ai sensi dell’art. 179 cod. pen. L’impossibilità di adempiere
a tali obbligazioni, certamente rilevante nel caso di specie, con particolare
riferimento alla condizione soggettiva dell’esecutato, era stata disattesa dal
provvedimento impugnato, sul quale la motivazione risultava palesemente
incongrua.
Si deduceva, inoltre, l’irrilevanza della pendenza di procedimenti penali nei
confronti del Morabito, che, non essendo definiti, determinavano una condizione
di pregiudizio ingiustificato nei suoi confronti.
Tali ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
In via preliminare, deve rilevarsi che, in tema di riabilitazione, il tribunale di
sorveglianza è tenuto ad accertare, anche in relazione al titolo esecutivo di cui si
controverte, se il condannato si sia attivato al fine di eliminare tutte le
conseguenze di natura civile derivate dalla sua condotta criminosa, indipendente
dalla presenza di una parte civile del processo penale, atteso che tale profilo
valutativo possiede una valenza dimostrativa dell’emenda del soggetto
richiedente. Ne consegue che l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria o
2

non aveva serbato regolare condotta e non aveva adempiuto alle obbligazioni

comunque l’attivazione del condannato al fine di eliminare tutte le conseguenze
civili del reato, essendo consustanziale e imprescindibile all’effetto estintivo
proprio della riabilitazione, rilevano a prescindere dalle modalità di definizione
del procedimento, tanto è vero che valgono anche nelle ipotesi di processi
definiti mediante patteggiamento (cfr. Sez. 1, n. 16026 del 12/04/2006, dep.
10/05/2006, P.G. in proc. Luodiyi, Rv. 234135; Sez. 1, n. 49446 del
07/11/2014, dep. 27/11/2014, P.G. in proc. Zaurita, Rv. 261276).
Nel caso di specie, il tribunale di sorveglianza riteneva, come si evince dal

dell’attivazione del condannato, proprio in conseguenza della sua condotta di
custode di un manufatto edilizio abusivo, rilevante ex art. 349 cod. pen., che non
impediva l’indebita prosecuzione delle attività di lesione dell’ordinato sviluppo del
territorio, né si attivava, direttamente o indirettamente, allo scopo di eliminare le
conseguenze del suo comportamento illecito.
Tali ragioni processuali impongono di ritenere inammissibile il primo motivo
di ricorso.

2. Parimenti inammissibile deve ritenersi il secondo motivo di ricorso,
relativo all’irrilevanza del procedimento penale pendente nei confronti del
Morabito, per fatti successivi a quelli per i quali si chiedeva la riabilitazione, che,
non risultando definito, determinavano un pregiudizio ingiustificato nei suoi
confronti.
Deve, in proposito, rilevarsi che le pendenze per le condotte illecite
successive a quelle per le quali si chiede la riabilitazione possono essere valutate
in concreto, tenuto conto della tipologia e della gravità dei nuovi reati, sulla base
di un giudizio globale della personalità dell’esecutato, funzionale alla valutazione,
positiva o negativa, di una condizione di effettivo emendamento, conformemente
alla giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 46270 del
24/10/2007, dep. 12/12/2007, P.M. in proc. Siddi, Rv. 238486; Sez. 1, n. 14662
del 18/03/2008, dep. 08/04/2008, Ridaoui, Rv. 239908).
Nel caso di specie, il tribunale di sorveglianza compiva un giudizio globale
negativo sulla personalità del Morabito, certamente rispettoso di tali parametri
ermeneutici, evidenziando che l’esecutato aveva tenuto un comportamento
irrispettoso delle leggi proprio in considerazione della condanna che aveva
riportato, in considerazione del fatto che, come evidenziato a pagina 2, del
provvedimento in esame, replicava «violazioni della stessa specie di quelle
oggetto della condanna definitiva riportata, sintomatiche di permanenza di
analoghi comportamenti antisociali […]».

passaggio dell’ordinanza contenuto a pagina 2, che non vi era prova

Occorre, infine, aggiungere che il ricorrente si limitava a censurare il
riferimento alla pendenza del procedimento penale che lo riguardava, contenuto
nel provvedimento impugnato, limitandosi a richiamarlo in termini generici,
senza indicare né le imputazioni elevate nei suoi confronti, né lo stato di
trattazione, né l’esito dello stesso procedimento, rendendo ulteriormente
inammissibile il ricorso proposto (cfr. Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, dep.
16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

di Carmelo Morabito, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 maggio 2015.

3. Ne discende conclusivamente il rigetto del ricorso proposto nell’interesse

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