Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2685 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2685 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Cosenza nei confronti
di Prospato Franco, nato il 16.9.1970; Naccarato Maria, nata il 9.3.1940,
avverso la ordinanza del Tribunale della libertà di Cosenza, del 19.7.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita
la requisitoria del sostituto procuratore generale Elisabetta Cesqui, il quale ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito l’avv. Mario Michele
Romanazzi per gli imputati, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Cosenza, decidendo
sulla richiesta di riesame promossa nell’interesse di Prospato Franco e
Naccarato Maria avverso l’ordinanza del GIP del tribunale di Paola del
11/6/2013, applicativa della misura cautelare reale del sequestro preventivo
su beni nella disponibilità degli istanti, ha revocato il provvedimento
impugnato.
Nel ricorso presentato dal pubblico ministero si lamenta mancanza e
manifesta illogicità cleilà motivazione per non avere il tribunale ritenuto

Data Udienza: 09/01/2014

sussistente l’elemento materiale del reato di invasione di terreni. Al riguardo
si svolge articolata argomentazione a dimostrazione della tesi sostenuta nel
ricorso.
In data odierna è stata depositata memoria difen s iva nell’interesse di
Prospato Franco e Naccarato Maria, chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è dichiarato come svolto su ritenuti vizi motivazione, ed è

inammissibile, giacché in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella
nozione di “violazione di legge” – per cui soltanto può essere proposto ricorso
per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. – rientrano
esclusivamente la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di
precise norme processuali, e non anche l’illogicità manifesta, la quale può
denunciarsi nel giudizio -di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo
motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice. (Cass. Sez. Un.
sent. n. 5876 del 28.1.2004 dep. 13.2.2004 rv 226710).
In particolare, in tema di sequestro non è necessario valutare la sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza, essendo sufficiente che sussista il “fumus
commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata
fattispecie di reato, delfatto, contestato come ipotesi di accusa. (In questo
senso, in tema di sequestro preventivo, si è già espressa questa Corte, Sez.
6, con sent. n. 2672 del 9.7.1999 dep. 5.8.1999 rv 214185).
Così si è verificato nel caso di specie, avendo correttamente motivato il
tribunale alle pagine 3 e ss. su i punti ora risollevati dal ricorrente
all’attenzione di questa Corte.
Poiché nel ricorso si contesta, sia pure sotto il profilo del vizio di motivazione,
la qualificazione giuridica del fatto, giova comunque osservare – in punto di
diritto – che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità
che qui va ribadita, la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici
consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui
non si abbia il possesso o la detenzione: la norma di cui all’art. 633 cod. pen.,
infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il
soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato
legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato,
pur se, successivamente, il possesso o la detenzione divenga illegittima: ex
plurimis Cass. 368/1995 Rv. 201427; Cass. 2337/2005 Rv. 233140; Cass.
5585/2011 Rv. 251804.
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Pertanto, applicando il suddetto principio di diritto alla concreta fattispecie,
poiché è pacifico ed incontestato che la detenzione dei beni in questione
iniziò, nei primi anni del Novecento, da parte dei familiari degli imputati, i
quali ottennero anche taluni di essi in concessione dalle competenti p.a.,
giungendo di generazione in generazione nel possesso di questi ultimi, i quali
stipularono successivamente contratti di affitto con l’agenzia del demanio con
riguardo a una parte ulteriore di tali siti. Ineccepibile deve ritenersi la

questa Corte di legittimità, ha ritenuto l’insussistenza del contestato reato di
cui all’art. 633 cod. pen. proprio perché il suddetto reato è configurabile solo
ove l’invasione sia avvenuta ab origine in modo illegittimo. Se, invece, la
detenzione o il possesso è iniziata legittimamente, e, poi per un qualsiasi
motivo, la detenzione o il possesso sono diventati illegittimi, la pretesa
dell’avente diritto di rientrare nel possesso dei beni può essere risolta solo alla
stregua della normativa civilistica e non, surrettiziamente, cercando di
avvalersi delle norme penali.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deliberato il 9.1.2014

decisione del Tribunale del Riesame che, alla stregua della giurisprudenza di

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