Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2684 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2684 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 09/01/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Argentato Carmine nato il 1.12.1982, avverso la
ordinanza del Tribunale della libertà di Napoli, del 22.7.2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Elisabetta Cesqui, il quale ha
concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Napoli, decidendo sulia
richiesta di riesame promossa nell’interesse di Argentato Carmine avverso
l’ordinanza del GIP del tribunale di Nola del 25/6/2013, che aveva applicato
allo stesso la misura cautelare della custodia in carcere in atto, sussistendo
gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di estorsione tentata e
aggravata e altro, ha confermato il provvedimento.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’indagato si contesta violazione di
legge in relazione agli artt. 629, 56 e 649 cod. pen. per avere il tribunale
escluso l’operatività, nel caso di specie, deila causa di esclusione della
punibilità in oggetto sulla motivazione che non vi fosse un vincolo coniugale

A

tra la parte lesa e il genitori del ricorrente, vincolato alla prima da rapporto di
convivenza more uxorio. Si osserva infatti che, attesa la riforma dell’art. 74
codice civile secondo cui la parentela è il vincolo tra le persone che
discendono da uno stesso stipite sia nel caso in cui l’affiliazione sia avvenuta
all’interno del matrimonio che nel caso in cui la stessa sia avvenuta fuori di
esso che nel caso in cui il figlio sia adottivo, non sarebbe più ammissibile la
discriminazione tra figli di genitori conviventi ma non uniti in matrimonio

Si contesta inoltre violazione di legge per omessa motivazione circa la
sussistenza delle esigenze cautelari attinente il pericolo di recidiva oltre che
l’adeguatezza della misura applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Ritiene questa corte, in generale, che la causa di non punibilità prevista
dall’art. 649, comma 1 n. 1, c.p. non è applicabile al convivente “more
uxorio”, atteso che la convivenza “more uxorio” non è sémpre e comunque
meccanicamente assimilabile al rapporto di coniugio, mancando in essa i
caratteri di certezza e di (tendenziale) stabilità propri del vincolo coniugale,
essendo invece basata sull’affectio quotidiana, liberamente ed in ogni istante
revocabile (Cass. Sez. II, 13.10.2009, n. 44047).
Nel caso di specie, il ricorrente risulta figlio del convivente della vittima del
reato; rispetto a quest’ultima non è dichiarato nessun raPPorto (e tantomeno
un rapporto di adozione). Cosicché l’esimente non può trovare spazio di
applicazione: in quanto riferita, testualmente, al coniuge non legalmente
separato, all’ascendente o discendente o affine in linea retta ovvero
all’adottante o all’adottato oltre che al fratello o alla sorella conviventi.
Inoltre, per giurisprudenza

di questa Corte, che il Collegio condivide,

l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun

di revisione

degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze
cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione

rispetto ai figli di genitori coniugati.

delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del -provvedimento(cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del
25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,
28.2.2012, n. 12763).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi che nell’ordinanza
impugnata, con motivazione logica e conforme alle regole di diritto, si

dei fatti indicative, secondo i giudici, della loro non occasionalità. Dal che è
logicamente argomentata la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato.
Più in generale, l’inclinazione al delitto del ricorrente è argomentata dal
coinvolgimento nell’azione delittuosa di altri soggetti, al momento rimasti non
identificati. Si conclude, conseguentemente, circa la negatività della
personalità dell’indagato e la sussistenza di concreti profili preventivi tali da
giustificare l’adozione della misura di massimo rigore, la motivazione, così
come sintetizzata, oltre che logica e completa si mostra del tutto immune da
violazioni di legge.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dai ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Così deliberato il 9.1.2014

ricostruisce la sussistenza di concrete circostanze e modalità di svolgimento

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