Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2683 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2683 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Paolì Luigi nato il 16.10.1957, avverso la ordinanza
del Tribunale della libertà di Venezia, del 11.6.2013. Sentita la relazione della
causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del sostituto
procuratore generale Elisabetta Cesqui, il quale ha concluso chiedendo che il
ricorso sia rigettato; udito l’avv. Alviano Gaviano Goffredo, il quale ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Venezia, decidendo
sull’appello promosso nell’interesse di Paolì Luigi avverso l’ordinanza del GIP
del tribunale della medesima città del 4 maggio 2013, che aveva rigettato
l’istanza difensiva formulata all’udienza preliminare del 3 maggio 2013,
avente ad oggetto la revoca della misura cautelare della custodia in carcere
applicata al predetto, ovvero in subordine la sostituzione con altre misure
meno gravose inclusi gli arresti domiciliari, ha rigettato l’appello.
Nel ricorso presentato nell’interesse dell’indagato si contesta vizio di
motivazione giacché, pur essendo intesa l’istanza rivolta al gip alla

Data Udienza: 09/01/2014

riconsiderazione della attualità dei presupposti di fattispecie per l’applicazione
della misura cautelare in corso di esecuzione, i giudici del merito hanno
ritenuto di non poter prendere in considerazione le emersioni istruttorie
concretizzatasi nell’incidente probatorio del 3 maggio 2013 mancando, nella
istanza presentata all’esito dell’incombente dalla difesa, ogni riferimento agli
esiti dell’incidente probatorio in oggetto. Invece, sarebbe stato dovere del
giudice di provvedere, anche di ufficio, ad una completa riconsiderazione del

limiti devolutivi dell’appello, anche il tribunale del riesame avrebbe dovuto
procedere a tale nuova e complessiva valutazione: come invece non ha fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Nel provvedimento impugnato, previa analitica elencazione di tutti i motivi di
appello, è data agli stessi esauriente risposta non ulteriormente sottoposta a
critica nel ricorso in esame.
Quanto all’unico motivo di ricorso, giova rammentare la giurisprudenza di
questa corte per cui il tribunale del riesame – non solo quando decide quale
giudice di appello, ma anche quando decide con il giudice del riesame – è
privo di poteri istruttori, incompatibili con la speditezza del procedimento
incidentale “de libertate”, ma in ogni caso può e deve decidere sulla base
degli elementi trasmessigli dalle parti e offerti al contraddittorio in udienza:
pertanto, mentre il tribunale non può svolgere alcuna attività istruttoria
(audizione di testi, esperimento di prove tecniche ecc.), legittimamente,
sollecitato in tal senso dalle parti, può acquisire gli esiti di un incidente
probatorio svoltosi dopo l’adozione della misura cautelare. (Cass. Sez. IV,
16.2.2012, n. 15063). Nel caso di specie, la difesa non risulta aver chiesto
l’acquisizione in oggetto, essendosi limitata ad una mera istanza di
rivalutazione del quadro indiziario all’esito dell’incidente probatorio. Inoltre,
come emerge dalla stessa formulazione dell’istanza di cui si discute, come si
trova ad essere confermato dalla semplice lettura del ricorso in cassazione, la
difesa non si è nemmeno curata – né si cura oggi – di indicare l’eventuale
esistenza di elementi favorevoli all’imputato e rinvenibili, a suo giudizio, dagli
esiti dell’incidente probatorio di cui non si è curata di chiedere l’acquisizione in
giudizio al fine di un vaglio nel contraddittorio delle parti. Cosicché,
inevitabilmente, il tribunale ha ritenuto di non poter procedere ad una nuova
e diretta valutazione di tutte le risultanze emerse non essendo in effetti

quadro cautelare alla luce delle nuove prove assunte. Cosicché, nonostante i

nemmeno allegato dalla difesa le ragioni che avrebbero potuto fondare,
nell’interesse dell’imputato, l’ulteriore attività valutativa del tribunale.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dai ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM

spese processuali e al versamento della somma di euro 1000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Così deliberato il 9.1.2014

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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