Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26806 del 16/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26806 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Ferro Giuseppe, nato a Rovereto il 6/3/1961,
avverso la ordinanza 25/2/2015 del Tribunale per il riesame di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Antonio Gialanella, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Massimiliano Fioravanti, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 25/2/2015, Il Tribunale di Milano, a seguito di

istanza di riesame avanzata nell’interesse di Ferro Giuseppe, indagato per
associazione per delinquere (capo A.1) e rapina (Capo D), annullava
l’ordinanza impugnata relativamente al Capo A.1, disponendo la formale
scarcerazione, ma confermava la misura cautelare della custodia in carcere
applicata con l’ordinanza del Gip di Monza, emessa in data 5/2/2015

Data Udienza: 16/06/2015

2.

In motivazione il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità

indiziaria per il reato di associazione, (contestato sub A.1) e per il reato di
rapina (contestato sub D), ma escludeva che all’indagato potesse essere
attribuito anche il reato di favoreggiamento (contestato sub A.2), ritenendo
l’inclusione del reato nell’ordinanza genetica, frutto di un mero errore
materiale del GIP. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva
sussistente il pericolo di reiterazione delle condotte criminose, reputando che

3.

Successivamente, con ordinanza in data 25/3/2015, il Tribunale

disponeva la correzione dell’errore materiale, dando atto che l’annullamento
del provvedimento impugnato e la conseguente scarcerazione riguardava il
reato sub A.2 (anziché il reato sub A.1).
4.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato personalmente con

atto depositato in data 7/3/2015 sollevando due motivi di gravame con il
quali deduce violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione per
aver disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativamente
all’associazione per delinquere, senza rilevare l’incompetenza per territorio;
con riferimento all’associazione per delinquere deduce l’insussistenza di
validi elementi di prova. Successivamente il ricorrente ha depositato
memoria a sua firma, contestando ulteriormente gli elementi a suo carico in
ordine al delitto di associazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

2.

È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
2

la custodia cautelare in carcere appariva l’unica misura adeguata.

cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

3.

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo, in punto di

contraddittorietà della motivazione, la correzione dell’errore materiale, del
resto facilmente intuibile, evidenzia la manifesta infondatezza delle censure
del ricorrente fondate sul presupposto che il Tribunale avesse escluso
l’imputazione di associazione. Quanto alla gravità del quadro indiziario per
tale imputazione, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle
risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a
questa Corte di legittimità di muovere critiche, ne’ tantomeno di operare
diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono

3

determinato;

l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta
illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente
denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario,
considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità,
risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa
Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del

dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.

186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).

5.

Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione

in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria di provvedere a norma dell’art. 94 Disp. Att. Cod.
proc. pen.
Così deciso, il 16 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

4.

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