Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26804 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26804 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VENOSA UMBERTO N. IL 20/02/1974
avverso l’ordinanza n. 7153/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
27/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/06/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.ssa
Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato, il Tribunale ha rigettato l’appello

proposto nell’interesse di Venosa Umberto avverso l’ordinanza emessa dalla
Corte d’appello di Napoli il 29.10.2014, con cui era stata rigettata l’istanza
volta a ottenere – quale soggetto che sta fornendo ampia collaborazione anche
in altri procedimenti che lo vedono protagonista come esponente del clan
camorristico dei casalesi – la sostituzione della misura della custodia in
carcere con quella degli arresti domiciliari, misura emessa in relazione al
reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso in concorso con altri, e per
il quale è stato condannato in appello alla pena della reclusione di anni
quattro mesi cinque e giorni dieci.
Propone ricorso per cassazione il difensore del Venosa, il quale deduce,
ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), ed e), la violazione degli artt. 274, 275 e
299 c.p.p., D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16 octies (convertito con mod. in L.
15 marzo 1991, n. 82) e relativo vizio di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il Tribunale ha rigettato l’appello, ritenendo che il Venosa ha iniziato
a collaborare con la giustizia da pochissimo tempo, che le recenti
propalazioni devono essere ancora sottoposte ad un attento vaglio, che
l’imputato non ha ancora ottenuto il riconoscimento dell’attenuante ex art.8
1.203/91, e che quindi non vi sono fatti nuovi sopravvenuti, idonei a incidere
sullo status cautelare dell’imputato, rispetto a negative precedenti decisioni
assunte. Né sul punto alcuna deduzione è stata effettuata dalla difesa, “non

d

potendosi ritenere elemento nuovo ai fini della rescissione dei contatti con gli
ambienti malavitosi di provenienza (clan venosa come cellula del clan dei
casalesi) l’indicazione di un domicilio da sottoporre alla scelta del Servizio
centrale di protezione, in località protetta”.
2. Il ricorrente deduce la violazione dell’art.16 octies della 1.82/91,
assumendo che la Corte prima e il Tribunale poi hanno deciso, senza

effettuare gli accertamenti relativi al rispetto degli impegni assunti a norma
dell’art.12 1.n.82/ 91; lamenta altresì la mancanza di motivazione sulla
ritenuta insussistenza di fatti nuovi, idonei ad escludere che siano venute
meno o siano comunque attenuate le esigenze cautelari.
3. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto di ragione.
4. L’art. 16 octies del decreto citato non pone alcuna distinzione tra
collaboratori che abbiano ottenuto l’attenuante speciale di cui all’art.8 della
legge n. 203 del 1991 in tema di reati di criminalità organizzata e collaboratori
che non l’abbiano ancora ottenuta.
L’attenuante di cui all’art.8 in questione del resto opera esclusivamente
in quei processi nei quali l’attività di collaborazione con la giustizia venga
effettivamente esplicata, e il suo riconoscimento si fonda non sulla rescissione
del legame criminoso, bensì su un’utilità obiettiva, la quale consiste nel
proficuo contributo fornito alle indagini ovvero nell’aver evitato conseguenze
ulteriori all’attività delittuosa (v., da ultimo, Cass.Sez.VI, Sent. n. 10740/2010
Rv. 249373; Sez. V Sent. n. 33373/2008 Rv. 240994).
5. La norma, invece, dopo avere precisato che “la misura della custodia
cautelare non può essere revocata o sostituita con altra misura meno grave
per il solo fatto che la persona nei cui confronti è stata disposta tiene o ha
tenuto taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione
delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni
speciali,” prevede che alla revoca o di sostituzione delle misure cautelari si
può procedere, soltanto se, nell’ambito degli accertamenti condotti in ordine
alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il
procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti

acquisire il prescritto parere della procura nazionale antimafia e senza

d’appello interessati, abbia acquisito elementi dai quali si desuma la
rescissione dei collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafiosa o
terroristico eversiva e il rispetto degli impegni assunti dal collaboratore a
norma dell’art.12 della citata legge.
E secondo la giurisprudenza di questa Corte, in base a quanto prevede
l’art. 16-octies in questione, il parere del procuratore nazionale antimafia deve

Sent.n.15933/ 2014, Riv.259639; Sez. VI, Sent.n. n. 28018/2011, Riv.250542).
La revoca o la modifica del provvedimento cautelare può quindi
intervenire solo quando, all’esito di una particolare procedura di
accertamento, il giudice ritenga che la condotta di collaborazione, avendo
carattere concreto e decisivo, è tale da far presumere che al soggetto potranno
essere concesse le circostanze attenuanti speciali previste dal codice penale o
da disposizioni speciali; che non sussistono elementi dai quali desumere che
il collaboratore ha attuali collegamenti con la criminalità mafiosa o
terroristica; ed infine che il collaboratore, se soggetto a misure speciali di
protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell’articolo 12 della
legge 82/1991.
6. L’art. 16 octies in parola si riferisce poi genericamente al giudice che
procede, sicché non vi è ragione di ritenere che la norma non si applichi
anche al giudice dell’appello cautelare, che qualora verifichi la mancanza del
parere prescritto deve, prima di decidere, acquisirlo, al fine di accertare
l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso e di
poter pienamente valutare il rispetto degli impegni assunti dal collaboratore
(Cass.S ez. VI, sentenza 5 marzo – 26 maggio 2015, n. 22079).
La giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato, anche a Sezioni
unite, che è possibile introdurre “nuovi” elementi fattuali, preesistenti o
sopravvenuti, utili all’apprezzamento dei punti della decisione sulle misure
cautelari oggetto dell’appello, purché ciò avvenga nel rispetto dei confini
tipici della devoluzione e del diritto al contraddittorio (Cass. S.U. sent.n.
18339/2004, Donelli, Rv. 227357). In particolare, è stato affermato che, nel
procedimento conseguente all’appello proposto dall’indagato contro

essere previamente acquisito dal giudice, a pena di nullità (v. Sez. II,

l’ordinanza reiettiva della richiesta di revoca della misura cautelare
personale, è legittima, in applicazione dei principi del favor libertatis e della
ragionevole durata del processo, la produzione di documentazione relativa
ad elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, sempre che,
nell’ambito dei confini segnati dal “devolutum”, quelli prodotti dalla parte
riguardino lo stesso fatto contestato con l’originaria richiesta cautelare e in

delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine pure a
favore del P.M., e siano idonei a dimostrare che non sussistono le condizioni
e i presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta (Cass. Sez.II,
Sent. n. 6728/2006 Rv. 233159).
7. Nella specie, il Tribunale di Napoli ha deciso sull’appello proposto,
rigettandolo, in mancanza del parere del procuratore nazionale antimafia; e
ciò determina la nullità del provvedimento.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale
di Napoli per nuovo esame. Inoltre, poiché dalla presente decisione non
consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi
dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a
quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo
esame.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedur. penale.
Così deliberato, in camera di consiglio il 11.6.2015
gliere estensore

sidente

ordine ad essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio

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