Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26802 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26802 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GANGEMI PASQUALE N. IL 14/11/1947
avverso l’ordinanza n. 938/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 28/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv

Data Udienza: 09/03/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.ssa
Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito l’avv.to Michele Gullo difensore di fiducia che ha concluso per l’accoglimento

Osserva

Con ordinanza del 27.8.2014, il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Reggio Calabria applicava la misura degli arresti
domiciliari nei confronti di Gangemi Pasquale, indagato dei reati di cui
all’art.12 quinquies 1.n.356 del 1992 aggravato ai sensi dell’art.7 d.1.152/ 91, e
agli artt.81, 110, 648 bis c.p (capi B e C della provvisoria imputazione).
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame e il
Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 27.8.2014,
confermava la misura della custodia in carcere.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo, con due
diversi motivi, l’ inosservanza ed errata applicazione degli artt.274 lett c, 275
co.3 e 125 co. 3 c.p.p., carenza e manifesta illogicità della motivazione ai sensi
dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p. in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari, trattandosi di soggetto incensurato, che non fa parte della cosca
Gallico, e tenuto conto che non sussiste pericolo di inquinamento probatorio
essendo i fatti lontani nel tempo (2008). I presunti collegamenti attribuiti al
Cangemi non possono poi ritenersi fonte di inquinamento della prova posto
che i soggetti ai quali si presume legato sono tutti ristretti in carcere. Nel
corso dell’interrogatorio il Gangemi ha dato ampie spiegazioni dell’assegno
circolare consegnato al genero Barbera Francesco e della liceità delle somme
di danaro da esso detenute provenienti in parte da eredità.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il limite del sindacato di legittimità – inteso nel senso che alla Corte di
cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura
del giudizio di legittimità ed ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto alle

cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice di merito e, in
particolare, prima del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura
o la modifica della stessa e, poi, eventualmente, del giudice del riesame o
dell’appello, valutare “in concreto” la sussistenza dei gravi indizi di reità e
delle esigenze cautelari, e rendere un’ adeguata e logica motivazione sui
parametri normativi previsti, per formulare la prognosi di pericolosità.
2. Tanto premesso, rileva il Collegio che le doglianze del ricorrente,
laddove censurano l’erronea applicazione delle norme di cui agli articoli
evocati in ricorso, e la congruità e illogicità dell’argomentare del giudicante,
in riferimento alle esigenze cautelari non possono trovare accoglimento.
3. Con ampia e logica motivazione il Tribunale del Riesame ha
puntualmente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti i gravi
indizi di reità in relazione alle imputazioni provvisorie ascritte ai capi B e C,
rilevando come le stesse modalità dei fatti puntualmente indicati
escludessero che il Gangemi non avesse contezza dell’operazione economica
alla quale contribuiva con l’emissione dell’assegno circolare (v.pagg. 19-21).
Parimenti dicasi in ordine alle esigenze cautelari, ritenute sussistenti dal
Tribunale nonostante che i fatti risalgano ad epoca non recente in
considerazione del pericolo di reiterazione nel reato e di inquinamento delle
prove, atteso che, con varie dichiarazioni e allegate produzioni documentali,
il Gangemi ha cercato di introdurre elementi tesi a fornire un’inverosimile
ricostruzione alternativa alla vicenda, “con ciò manifestando la non volontà
di recidere il rapporto fiduciario con il sodalizio ‘ndranghetistico a favore del
quale si è prestato a commettere i reati per cui si procede”(v.pag.28). E
pertanto è attuale il rischio che l’indagato possa continuare a fungere, se

scelte in concreto effettuate – non può che riguardare anche i provvedimenti

libero, quale elemento di riconosciuta fiducia da parte della cosca per il
tramite dello Iannino e del Barbera (genero del Gangemi), da pericoloso
concorrente nel riciclaggio di danaro della cosca, ostacolando così anche le
esigenze connesse all’acquisizione della prova nei confronti dei correi. Le
circostanze evidenziate dalla difesa, ovvero l’attuale stato di detenzione dei
correi Barbera e Iannino, non esclude poi il pericolo di reiterazione nel reato,

imputato, bensì del sodalizio criminoso nel suo complesso.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagament delle spese
processuali.
liberato, in camera di consiglio il 9.3.2015
gliere estensore
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dal momento che i reati sono stati commessi non a favore di uno o dell’altro

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