Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26801 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26801 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSENTINO GIUSEPPE N. IL 30/07/1953
avverso l’ordinanza n. 846/2014 TRIB. LIBERTA ‘ di REGGIO
CALABRIA, del 14/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv.
,

Data Udienza: 09/03/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.ssa
Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito ravv.to Guido Contestabile difensore di fiducia che ha concluso per

Osserva

Con ordinanza del 18.7.2014, il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Reggio Calabria applicava la misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Cosentino Giuseppe, indagato del reato
di cui all’art.12 quinquies 1.n.356 del 1992 aggravato ai sensi dell’art.7
d.1.152/91 commesso in concorso con i figli Cosentino Domenico e Antonino,
con il nipote Cosentino Antonino alias Poldino e con il figlio di quest’ultimo
Cosentino Emanuele.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame e il
Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 14.8.2014,
confermava la misura della custodia in carcere.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: 1) erronea
applicazione della norma di cui all’art.12 quinquies 1.356/92 e mancanza
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi
dell’art.606, co.1 lett.b ed e c.p.p. in relazione agli artt.125 e 309 c.p.p. rispetto
alle doglianze prospettate dalla difesa e in particolare a quelle in ordine alle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia e all’insussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza. Le dichiarazioni di Gagliostro Pasquale e le risultanze
investigative sulla presenza di Iannello nei relativi locali, ben poco hanno a
spartire con la situazione da valutare. Nel 2008 la famiglia Cosentino aveva
ampie risorse da investire come risulta dalla documentazione prodotta nel
corso della camera di consiglio (il solo Cosentino Giuseppe otteneva a titolo
di TFR €163.000,00 in un contesto temporale sovrapponibile con i fatti per cui

raccoglimento del ricorso.

è processo). Né il Cosentino nel 2008 correva alcun rischio di essere
sottoposto a misura di prevenzione; 2) erronea applicazione della norma di
cui all’art.7 1.203/91 e mancanza e contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione ai sensi dell’art.606, co.1 lett.b ed e c.p.p. in relazione alla
sussistenza dell’aggravante e alla supposta contiguità del Cosentino con la
cosca Gallico; 3) l’ inosservanza ed errata applicazione degli artt.274 lett c,

sensi dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p. in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari e all’adeguatezza della misura.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

1. Il limite del sindacato di legittimità – inteso nel senso che alla Corte di
cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura
del giudizio di legittimità ed ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto alle
scelte in concreto effettuate – non può che riguardare anche i provvedimenti
cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice di merito e, in
particolare, prima del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura
o la modifica della stessa e, poi, eventualmente, del giudice del riesame o
dell’appello, valutare “in concreto” la sussistenza dei gravi indizi di reità e
delle esigenze cautelari, e rendere un’ adeguata e logica motivazione sui
parametri normativi previsti, per formulare la prognosi di pericolosità.
2. Tanto premesso, rileva il Collegio che le doglianze del ricorrente,
laddove censurano l’erronea applicazione delle norme di cui agli articoli
evocati in ricorso, e la congruità e illogicità dell’argomentare del giudicante,
entrambi rispetto alla ritenuta gravità indiziaria, in riferimento al reato di cui
all’ imputazione provvisoria, e in riferimento alle esigenze cautelari e
all’adeguatezza della misura non possono trovare accoglimento.
3. Con ampia e logica motivazione il Tribunale del Riesame ha
puntualmente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti i gravi

275 co.3 e 125 co. 3 c.p.p., carenza e manifesta illogicità della motivazione ai

indizi di reità in relazione all’imputazione provvisoria ascritta al capo E)
della rubrica, tra le quali, in primo luogo, le attendibili dichiarazioni del
collaboratore Gagliostro Pasquale, che ha riferito come lo Iannino Giovanni
fosse il gestore del patrimonio dei Gallico e come “con i soldi loro avesse
fatto un nuovo distributore, individuato nel distributore Tamoil”, sito in
Palmi sulla S.S.18. All’epoca della realizzazione dell’impianto lo Iannino era
da poco in libertà e non possedeva alcuna redditualità, e pertanto era

evidente che le somme per la realizzazione del distributore – così come
riferito dal collaboratore – erano state fornite dai Gallico; nell’anno 2008,
subentrava nella gestione la famiglia Cosentino che costituiva, quindi, una
società proprio ai fini della gestione dell’impianto di erogazione di
carburanti, e di cui risultavano solo formalmente soci i due figli di Cosentino
Giuseppe, in realtà meri prestanome, come emerge chiaramente dalle
conversazioni captate tra Fortugno Santo e Iannino Giovanni. Le
dichiarazioni del collaboratore hanno trovato, poi, ampio riscontro nelle altre
risultanze processuali, e in particolare in quelle relative al contenuto delle
intercettazioni del 15 e 16.2.2012, alle dichiarazioni di Carbone Valentina, e
agli accertamenti di p.g., dalle quali emerge chiaramente che né Cosentino
Giuseppe né i suoi correi avevano nel 2008 la materiale disponibilità di
pagare le rate di mutuo fondiario stipulato nell’agosto di quell’anno. Mentre
i dati forniti a riguardo dalla difesa sono stati ritenuti del tutto ininfluenti, in
quanto “la più consistente entrata di cui Cosentino Giuseppe poteva disporre
veniva percepita (a titolo di TFR) soltanto alla fine del 2010” (v.pag.18
dell’ordinanza impugnata). Contrariamente a quanto sostenuto in ricorso,
nel 2008, ovvero al momento in cui la gestione dell’impianto passava in
gestione a Cosentino Giuseppe, lo stesso era stato sottoposto a diffida di P.S.
e tratto in arresto per reati connessi alla sua ritenuta appartenenza alla cosca
Gallico, sicchè egli aveva più che fondati motivi per temere di essere
sottoposto a misure di prevenzione patrimoniale, e pertanto aveva ogni buon
motivo per intestare la società ai figli Antonino e Domenico.
4. In relazione alla sussistenza della circostanza aggravante di cui
all’art.7 1.203/91, il Tribunale ha evidenziato come l’operazione
3

intestazione fittizia vada inquadrata nel complessivo disegno di schermatura
di ogni possibile elemento patrimoniale riconducibile alla cosca, con ciò
derivandone un preciso ausilio ai componenti della cosca medesima
mediante il mantenimento e miglioramento della relativa situazione
economico-finanziaria. Non è, infatti, casuale il fatto che la strategia adottata
dai Cosentino coincida con quella attuata in altre circostanze dagli elementi
di vertice dei Gallico, che – per l’acquisto di beni mobili ed immobili e per

l’avviamento di attività commerciali, prevalentemente intestati a compiacenti
prestanome, hanno sempre avanzato richieste di mutuo al fine di
comprovare la provenienza lecita del danaro.
Il luogo in questione, come emerge dalle investigazioni effettuate e
puntualmente indicate nell’ordinanza, era un vero e proprio luogo di
riunione di soggetti intranei, o comunque contigui al sodalizio Gallico; e tale
circostanza – come ben evidenziato nel provvedimento impugnato conferma non solo la fondatezza dell’ipotesi di reato contestata ma anche la
sussistenza della circostanza aggravante in questione.
5. Anche in relazione alle esigenze cautelari, il Tribunale ha fornito
adeguata motivazione rilevando che il pericolo di reiterazione era desumibile
proprio dalle modalità e circostanze delle condotte contestate; ed invero il
fatto che la complessa operazione di fittizia intestazione dell’attività in
questione servisse non solo ad eludere la normativa in materia di misure di
prevenzione, ma altresì a conferire un preciso ausilio ai componenti della
stessa cosca Gallico, denota una personalità spregiudicata e propensa a
delinquere, sicchè in considerazione della gravità del quadro indiziario e dei
pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione di condotte criminose,
correttamente le sussistenti esigenze cautelari non sono state ritenute
altrimenti salvaguardabili, se non la custodia cautelare in carcere.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poiché dalla presente
decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi 4

ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a
quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’artico • 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura p nale.
Così *berato, in camera di consiglio il 9.3.2015
Il

gliere estensore
a Cervalro
•IAll

re ;dente
posito

P.Q.M.

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