Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26800 del 09/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26800 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIGGIO CARMELO FRANCESCO N. IL 02/04/1961
avverso l’ordinanza n. 289/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 03/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv

Data Udienza: 09/03/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.ssa Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.

per raccoglimento del ricorso.

Osserva

Con ordinanza del 4.3.2014, il Tribunale in composizione collegiale di
Reggio Calabria, all’esito della condanna ad anni sedici e mesi sei di
reclusione, applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti di Riggio Francesco Carmelo, imputato del reato di cui all’art.416
bis c.p.(associazione a delinquere di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta ed
in particolare del sodalizio Ficara-Latella). Avverso tale provvedimento
l’imputato propose istanza di riesame e il Tribunale del Riesame di Reggio
Calabria, con ordinanza del 3.4.14, confermava la misura della custodia in
carcere.
Ricorre per cassazione l’indagato deducendo 1′ inosservanza ed errata
applicazione degli artt.274 lett c, 275 co.1 bis e 3, e 125 co. 3 c.p.p., carenza e
manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p.
in ordine alla presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, non avendo
il Tribunale fornito alcuna logica motivazione circa il concreto pericolo di
reiterazione nelle condotte criminose e il concreto pericolo di fuga.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.
All’odierna udienza l’ avv.Antonio Giuseppe Gianzi propone oralmente
due motivi nuovi; il primo sulla incompatibilità funzionale giuridica del
Collegio che ha emesso l’ordinanza cautelare composto dalle stesse persone
fisiche che hanno emesso la sentenza di condanna, il secondo sulla violazione
l____
della norma di cui all’art.275 co.1bis c.p. la quale non è applicabile nei casi in

Udito l’avv.to Antonio Giuseppe Gianzi difensore di fiducia che ha concluso

cui, come nella fattispecie, una precedente misura vi sia stata e sia stata
revocata per carenza di esigenze cautelari.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, rilevasi che l’art. 311, comma quarto, c.p.p. in tema

consente in via eccezionale, prima dell’inizio della discussione, la
proposizione di motivi nuovi, ma non deroga al principio generale delle
impugnazioni, circa la necessaria connessione tra i motivi originariamente
proposti e i motivi nuovi proposti. La presentazione di motivi nuovi deve
pertanto riguardare capi o punti della decisione già oggetto di impugnazione
(v.Cass.Sez.I, Sent. n. 46711/2011 Rv. 251412; Sez.III, Sent. n. 12641/2013 Rv.
255118), a meno che non abbiano comunque ad oggetto questioni rilevabili
d’ufficio dalla stessa Corte.
2.Tanto premesso, in relazione al primo motivo aggiunto con il quale si
eccepisce l’incompetenza funzionale del Tribunale che ha emesso l’ordinanza
cautelare, rileva il Collegio che l’art. 279 c.p.p. attribuisce la competenza per
l’applicazione delle misure cautelari al giudice che procede, nella specie
correttamente individuato nel giudice che ha pronunciato la sentenza di
condanna all’esito del giudizio di merito, e che aveva la disponibilità degli
atti. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Sez.VI, Sent. n.
2467/1998 Rv. 211938; Sez.VI, Sent. n. 334/2000 Rv. 215648; Sez.V
sent.n.48390 del 24.11.2014 non massimata), l’art. 279 c.p.p., laddove
attribuisce la competenza sulle misure cautelari al “giudice che procede”,
intende riferirsi, quando detto giudice sia collegiale, non solo allo stesso
ufficio giudiziario, ma anche allo stesso organo nella medesima
composizione fisica del giudice che procede, al quale deve riconoscersi una
vera e propria competenza funzionale in proposito. È, infatti, indispensabile
che a decidere la questione “de libertate” sia l’organo nella stessa composizione
del giudice procedente, sotto la percezione del quale si svolge il
dibattimento, trattandosi dell’unico giudice in grado di ponderare tutti gli

di ricorso per cassazione contro i provvedimenti sulla libertà personale,

elementi favorevoli e sfavorevoli emersi dal procedimento svoltosi al suo
cospetto.
Non si pone pertanto la questione di incompetenza funzionale
prospettata dalla difesa, trovando, la stessa, pacifica soluzione nel chiaro
disposto dell’art. 279 c.p.p.
A ciò aggiungasi che il pericolo di parzialità del giudice trova tutela

prevede affatto la incompatibilità del giudice nel caso evocato dal difensore e
regola, viceversa, altre e tassative fattispecie.
3. Il titolo custodiale di cui all’ordinanza impugnata è stato emesso
dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, recante condanna alla pena
di anni sedici e mesi sei di reclusione; l’imputato si trovava allo stato libero in
conseguenza della revoca nel 2011 di una precedente misura cautelare a suo
tempo disposta per lo stesso fatto, essendosi riscontrata l’insussistenza di
esigenze cautelari.
Con il secondo motivo aggiunto, la difesa di Riggio lamenta che il
provvedimento impugnato non abbia tenuto conto del precedente
provvedimento di revoca, omettendo di valorizzare il pregresso
accertamento dell’insussistenza di esigenze cautelari, e che per quanto il cd.
giudicato cautelare non abbia valore assoluto, ma operi esclusivamente rebus
sic stantibus, il superamento di esso può legittimarsi soltanto attraverso il
vaglio di situazioni nuove o sopravvenute, che non siano state prese in
considerazione dal giudice che ha emesso la precedente statuizione; e
pertanto il giudice di merito avrebbe potuto riconoscere l’esistenza dei
presupposti per l’adozione della misura soltanto individuando – e indicando
nella motivazione – le ragioni per cui il precedente giudizio di insussistenza
delle esigenze cautelari più non poteva considerarsi d’attualità, per la
sopravvenienza di ragioni tali da contraddire quel convincimento.
L’unico motivo di ricorso, e il secondo motivo aggiunto ad esso

riconducibile sono entrambi infondati.
Invero, come già affermato da questa Corte, in base a considerazioni
pienamente condivisibili e condivise dal Collegio, la pronuncia di una

nelle sole ipotesi espressamente indicate dall’art. 34 c.p.p.: norma che non

sentenza di condanna costituisce di per sè fatto nuovo che legittima
l’emissione di una misura cautelare personale non preclusa da un giudicato
cautelare formatosi prima di tale atto e costituisce inoltre, quando sia relativo
ad uno dei reati di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 elemento idoneo a fondare
la presunzione di pericolosità che impone la misura della custodia cautelare
in carcere (in tal senso, Cass. Sez.I Sent. n. 13904/2008; Rv. 243129 Sez.VI,

A riguardo, rilevasi, comunque, che l’ordinanza è anche motivata con
riferimento alle esigenze cautelari sia del pericolo di fuga che del pericolo di
recidiva. Il Tribunale, infatti, non si è limitato a far riferimento alla sola
condanna riportata, ma – rispondendo a tutte le censure mosse dalla difesa
avverso l’ordinanza cautelare- ha ampiamente illustrato le ragioni per le
quali devono ritenersi sussistenti, nel caso di specie, sufficienti elementi per
affermare l’esistenza in relazione all’imputato sia di un concreto pericolo di
reiterazione dei reati (come si desume dal ruolo criminale dell’imputato ed
dal suo contributo alla vita dell’associazione ritenuti in modo tutt’altro che
marginale nella sentenza di condanna alla pena, piuttosto rilevante, di anni
16 e mesi 6 di reclusione, nonché dalle modalità della condotta rivelatrice
della totale disponibilità dello stesso imputato rispetto agli interessi della
cosca; né tale rischio può ritenersi annullato o ridotto per il fatto che alcuni
degli esponenti siano al momento detenuti, dal momento che ciò non
comporta il definitivo “scioglimento” dell’organizzazione criminale di
appartenenza che ha dimostrato capillare organizzazione di uomini e mezzi,
professionalità nel delitto e proclività a delinquere) che di un concreto ed
apprezzabile pericolo di fuga per effetto dell’entità della pena e del contesto
criminale in cui risulta inserito l’imputato, e che ha consentito ad alcuni dei
suoi sodali di sottrarsi in passato abilmente alla cattura (v.pag.9
dell’ordinanza impugnata).
Correttamente poi il Tribunale ha osservato che la natura permanente
del reato fino alla data della sentenza rende attuale l’epoca della
commissione dei fatti, mentre il buon comportamento tenuto dall’imputato
durante il tempo trascorso in libertà, in pendenza del processo, è circostanza

Sent. n. 30582/2003, Rv. 226103).

nella fattispecie del tutto neutra in presenza delle altre e ben gravi
circostanze deponenti per il pericolo di reiterazione dei reati.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, poiché dalla presente

ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a
quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura senale.
iberato, in camera di consiglio il 9.3.2015
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decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi –

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