Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26796 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26796 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Granata Antonio, nato a Napoli il 17/2/1993
avverso la sentenza 22/9/2014 della Corte d’appello di Napoli, I sezione
penale,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Piero Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
udito per l’imputato, l’avv. Vincenzo Di Vaio, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 22/9/2014, la Corte di appello di Napoli

confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data
3/10/2013, che aveva condannato Granata Antonio alla pena di anni quattro,
mesi sei di reclusione ed €.12.000,00 di multa per i reati di rapina,
resistenza a Pubblico Ufficiale e lesioni personali.

1

Data Udienza: 19/06/2015

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti ed equa la pena
inflitta.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

3.1

Vizio della motivazione e violazione di legge, dolendosi di

mancanza assoluta di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione
del dibattimento avanzata con l’atto d’appello
3.2

Vizio della motivazione e violazione di legge, dolendosi di

mancanza assoluta dì motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione
del dibattimento avanzata con i motivi aggiunti.
3.3

Violazione delle regole che governano la formazione della prova

in relazione al reato di rapina. Al riguardo si duole che la Corte territoriale
abbia tralasciato di esaminare gli specifici motivi di gravame proposti dalla
difesa con l’atto di appello, in particolare la Corte non ha minimamente
considerato il fatto che la persona offesa ha dichiarato in dibattimento di
non riconoscere nell’imputato, presente in aula, uno dei suoi aggressori; il
mancato riconoscimento avrebbe dovuto costituire oggetto di una specifica
motivazione; si duole che la Corte non abbia dato il giusto peso alla
dichiarazione del teste Pezzullo Luigi e non abbia considerato il fatto che al
momento dell’arresto il Granata non fu trovato in possesso del cellulare
della vittima.
3.4

Eccepisce, inoltre, l’insussistenza dell’elemento psicologico in

riferimento ai reati di resistenza e lesioni personali, essendo la condotta del
prevenuto orientata esclusivamente alla fuga.
3.5

Infine si duole del diniego delle generiche e del trattamento

sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità.
2

difensore di fiducia, sollevando cinque motivi di gravame con i quali deduce

2.

Quanto al primo e secondo motivo di ricorso, la censura è

manifestamente infondata in quanto, secondo l’insegnamento di questa
Corte: “in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale,
mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere
specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere
discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza
dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione

struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che
evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine
alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il
dibattimento” (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 5782 del 18/12/2006 Ud. (dep.
12/02/2007 ) Rv. 236064; Sez. 6, Sentenza n. 40496 del 21/05/2009 Ud.
(dep. 19/10/2009 ) Rv. 245009).

3.

Nel caso di specie, la Corte ha dato atto, con una motivazione

congrua, analitica ed approfondita, della esistenza di elementi di prova
sufficienti per effettuare la valutazione in ordine alla responsabilità
dell’imputato con la conseguente ed implicita mancanza della necessità di
rinnovare il dibattimento.

4.

Per quanto riguarda il terzo motivo, attinente alle valutazioni di

merito compiute dalla Corte in ordine alle prove a carico dell’imputato,
occorre considerare che nel caso di specie ci troviamo in presenza di una
doppia conforme.

5.

In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella

di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si
integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una
sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare
della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di
pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per
relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non
oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del
28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n.
11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073, Baldini). Inoltre, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare

3

può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa

l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione
di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar
luogo ad una diversa decisione, sempreché tali elementi non siano muniti di
un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè,
obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa
decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della
motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati

accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono
essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che
soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000),
Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud.
23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999
(ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di
legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di
annullamento la motivazione incompleta ne’ quella implicita quando
l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca
diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno
che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da
ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

6.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di

secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo
grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che
avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice. A
questo riguardo occorre considerare che la circostanza che la persona offesa
non abbia riconosciuto l’imputato, presente in udienza, come uno dei suoi
rapinatori, non ricopre determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da

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elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere

ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. Ciò perchè, come ha
osservato la Corte territoriale, il fatto che l’imputato sia stato intercettato
dai Carabinieri a bordo del ciclomotore rapinato, dopo circa mezz’ora dalla
consumazione della rapina, costituisce un dato storico introvertibile, che
non può trovare altra spiegazione, avendo la Corte giudicato assolutamente
inverosimile la tesi difensiva dell’acquisto del motociclo dal rapinatore, data
la ristrettezza dei tempi fra il momento di consumazione della rapina e

7.

Sono inammissibili per genericità le censure formulate con il quarto

motivo in punto di insussistenza dell’elemento soggettivo per i reati di
resistenza a p.u. e lesioni. Nel caso di specie la fuga si è conclusa con
un’attiva resistenza all’arresto che ha cagionato lesioni personali al
Carabiniere che ha operato il fermo. Di conseguenza non può dubitarsi
dell’elemento soggettivo del reato.

8.

Infine sono inammissibili le censure avanzate con il quinto ed ultimo

motivo in punto di diniego di generiche e dosimetria della pena. Nel caso di
specie la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è
giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è
insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv.
242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo
cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della
concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma
è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione
(Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del
16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

9.

Ugualmente inammissibili sono le censure in merito al trattamento

sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen., anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero
si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,

5

quello dell’arresto del prevenuto.

Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’
stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,

(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009)
Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale.Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

10.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del

dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.

186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere

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