Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 26794 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 26794 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Piroli Ernesto, nato a Roma 1’11/8/1941
avverso la sentenza 24/10/2014 della Corte d’appello di Roma, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Piero Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Cesare Placanica, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 24/10/2014, la Corte di appello di Roma, in

parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma, in data 23/2/2010,
dichiarati prescritti i reati satelliti di cui ai capi B e D, rideterminava la pena
inflitta a Piroli Ernesto, per il reato di tentata rapina aggravata, in anni
quattro di reclusione ed C. 750,00 di multa.

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*1»

Data Udienza: 19/06/2015

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale
deduce violazione di legge e vizio della motivazione
Al riguardo contesta la sussistenza degli estremi del concorso di persona
nel reato materialmente commesso dal coimputato Letizia Francesco,
eccependo di non essere possessore della moto utilizzata per la rapina, a

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità.

2.

Osserva il Collegio che le critiche svolte in chiave di illogicità,

risultano, in realtà, basate su mere deduzioni di fatto, alternative rispetto
alle diverse valutazioni plausibilmente e del tutto coerentemente compiute
dal Giudice del merito nell’ambito di scelte allo stesso riservate.
Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di difetto di
motivazione (fondandolo sui medesimi argomenti di fatto già sollevati con
l’atto d’appello) ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono
una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello
con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò
non è consentito in questa sede. Nel caso in esame la sentenza impugnata
ha esaminato le censure sollevate dall’appellante in ordine all’insussistenza
del concorso e le ha rigettate, confutandole con motivazione congrua e
priva di vizi logico-giuridici. È il caso di aggiungere che la sentenza
impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella
ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito
hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella
certezza della responsabilità dell’imputato per il reato contestato.

3.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una

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lui solo formalmente intestata ma, in realtà, nella disponibilità del Letizia.

somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 19 giugno 2015

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